InsurtechLa nuova associazione nata per promuovere la digitalizzazione nelle assicurazioni

Il presidente dell’Italian insurtech association, Simone Ranucci: «Servono investimenti, lo sviluppo di competenze e la creazione di partnership. La competitività del settore dipende dalla velocità, la capacità e l'efficienza secondo la quale riuscirà a gestire il processo»

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Vent’anni fa è iniziata la rivoluzione dell’e-commerce che ha portato a colossi come Amazon e Alibaba. E l’Italia, scettica sulla novità è arrivata in ritardo. Dieci anni fa è iniziata la rivoluzione digitale nel mondo bancario che ha portato a realtà come m-26 e Revolut. E ancora una volta il nostro Paese è rimasto ancorato alle tradizioni e ha sta recuperando il tempo perduto solo negli ultimi anni. Per evitare che gli italiani arrivino indietro anche nella trasformazione tecnologica e digitale in corso nel settore assicurativo alcuni operatori del  settore, start up dell‘insurtech, intermediari e broker hanno creato la Italian insurtech association

«La nostra missione è accelerare il processo di digitalizzazione e il percorso di innovazione dell’industria assicurativa. Questo processo sarà molto più veloce rispetto a quello che è accaduto con l’e-commerce e l’e-banking. Non possiamo perdere neanche un minuto», spiega il presidente dell’Italian insurtech association, Simone Ranucci «Servono investimenti, lo sviluppo di competenze e la creazione di partnership. La competitività del settore assicurativo italiano dipende dalla velocità, la capacità e l’efficienza secondo la quale l’industria riuscirà a gestire questo processo».

Ranucci, non tutti i lettori sanno cos’è l’insurtech. Come lo spiegherebbe all’uomo della strada?
Parliamo dell’insieme di tecnologie, esperienza per l’utente e offerta che permette a qualsiasi cittadino di accedere in modo facile, veloce, chiaro e trasparente al prodotto assicurativo che vuole quando gli serve e come lo desidera. Senza dover accedere a miliardi di complessità e che sia in linea con le sue esigenze.

Qual è il rischio di non capire subito i vantaggi di questa rivoluzione?
Il gap tecnologico e di innovazione si potrebbe tradurre in un gap di competitività. Dobbiamo stare al passo con gli altri Paesi del mondo  Dobbiamo governare il cambiamento, non inseguirlo. 

Come intendete farlo?
Abbiamo pubblicato un programma articolato di 13 punti che si basa su quattro direttrici fondamentali. Il primo riguarda il mercato. Vogliamo stimolare investimenti di insurtech e creare un ecosistema di competenze accessibili a tutti coloro interessati a lavorare nel settore, tramite formazione, divulgazione, eventi, documenti. E poi vogliamo occuparci dell’offerta di distribuzione. 

Come?
Prima di tutto aprendo un colloquio costante con le istituzioni di riferimento del settore ma anche il ministero dello Sviluppo economico e dell’innovazione. Vogliamo contribuire a creare una serie di benchmark del settore. Degli standard comuni che ci permettano di abbattere tutte le barriere e in vincoli che oggi limitano lo sviluppo dell’offerta. 

Ma intende offerta di prodotti o di canali?
Entrambi. Dobbiamo ragionare sia in una logica di prodotto assicurativo in quanto tale, di come renderlo flessibile alle esigenze del cliente, ma non possiamo trascurare il canale distributivo. Magari coinvolgendo soggetti terzi che hanno un’ampa costumer base. Faciliterebbe la penetrazione dell’insurtech e la sua diffusione. 

E la terza direttrice?
Quella tecnologica. Vogliamo aiutare a condividere in Italia gli standard tecnologici che al momento e in futuro sono utilizzati a livello mondiale. Ovviamente quelli che il mercato da sé sta reputando utili, rilevanti e in grado di portare valore a tutta la filiera.  Bisogna creare un contesto normativo che possa facilitare questo sviluppo del digitale. 

Però i cittadini chiedono prima di tutto protezione dei loro dati da tecnologie troppo invasive.
Anche noi. Lo sviluppo del digitale in questi anni ha premia soprattutto un soggetto: il consumatore. E giustamente il regolatore fa il suo interess nel tutelarli. Il nostro compito è farci portavoce di una serie di temi e consigli che possano facilitare il processo. Così è più facile anche per il regolatore che ha modo di confrontarsi con i temi in modo più agile. 

Collaborerete con le altre associazioni del settore?
Più che una associazione abbiamo lo spirito della communità.E siamo la sua portavoce. Abbiamo uno statuto e linee programmatiche ma abbiamo solo un obiettivo: far crescere la digitalizzazione. In qualsiasi modo. Possiamo essere proattivi portando il nostro messaggio o amplificando quello altrui. L’importante per noi è raggiungere il risultato .

La pandemia ha accelerato questo processo di digitalizzazione?
La pandemia ha portato maggiore esigenza di protezione da parte del consumatore.è cambiata la consumer perception. C’è l’esigenza di affiancare ai servizi un canale digitale. Ma non affinché sia solo supporto o un compendio. Deve avere un ruolo centrale. Perché chi non è sbarcato nel digitale o ha perso il suo business o perderà ancora di più nel futuro. Servono prodotti più flessibili. 

La vostra associazione a chi si rivolge?
Tra i nostri soci ci sono le compagnie assicurative, intermediari,  broker e coloro che vogliono portare innovazione. Quindi ci possono essere le start up di insurtech, i grandi fornitori di software, technology vendor, le società di consulenza.

Quindi anche i privati interessati?
Certo, il problema più grande in questo momento è il gap di conoscenza. Timori, equivoci o semplice ignoranza del fenomeno. L’industria assicurativa non è fatta solo da grandi aziende ma anche centinaia di migliaia di professionisti  che possono lavorare come agenti per una grande compagnia o anche come broker e piccoli intermediari. Bisogna garantire a questi signori una formazione indipendente. 

Qualcuno potrebbe viverlo come una minaccia.
Dal 1997 ho lavorato nel mondo del banking indossando cappelli diversi. Ho visto per anni un conflitto esplicito o meno tra le filiali fisiche e il canale digitale. Ma non sono due mondi opposti, possono collaborare e anzi, devono creare delle sinergie. Nel nuovo mondo, c’è spazio per tutti. 

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