Il giallo dell’estate si chiama Mes, anche se le folle che già si accalcano sotto gli ombrelloni stile anni Sessanta preferiscono giustamente appassionarsi a tutt’altro.
Ma la vicenda dei 36 miliardi a disposizione ma non presi è veramente misteriosa. Nessuno, nemmeno ministri interpellati da Linkiesta, sanno se e quando il Parlamento italiano prenderà una decisione. Giuseppe Conte ha già una volta schivato il voto su una mozione di Emma Bonino che avrebbe obbligato il governo a prendere una posizione: o sì o no. E sicuramente la questione non verrà messa ai voti a luglio, prima del vertice europeo del 19, ci sarà la solita mozione generica. Se ne riparlerà a settembre, con un po’ più di fresco.
Di modo che, bene che vada, avremo sprecato tempo prezioso per fare cosuccie tipo costruire ospedali dedicati o costruire una seria rete di medicina sul territorio. Bene che vada: perché al momento i 36 miliardi del Mes li stiamo proprio evitando come quel Covid che quei denari dovrebbero sconfiggere.
Adesso pare che l’avvocato del Popolo penda per il no, malgrado (o forse proprio per questo) Angela Merkel abbia esternato con una certa durezza che il Mes l’Italia deve prenderlo, come avrebbe detto un altro grande Cancelliere, Willy Brandt, “senza se e senza ma”.
Un Conte tornato il Giuseppi giallo-verde sarebbe indigeribile per Zingaretti e Renzi che tra l’altro in questa fase marciano uniti contro l’abulia del presidente del Consiglio. E infatti sul Mes Conte è in minoranza nel suo stesso governo dove, se ci fosse una votazione, i sì espressi dai ministri Pd-Iv-LeU lo mandrebbero “sotto”. Calcolo facile, 12 a 10 per il sì (escludendo il presidente). Mentre invece in Parlamento, perlomeno adesso, prevarrebbero i no gialloverdi, senza gli azzurri di Berlusconi, pronto a seguire Pd e Renzi. Il problema però è lui, Conte. Incerto sul da farsi, impaurito.
In un quadro drammaticamente sfilacciato, è questa la triste fotografia che piomba sui tavoli di Bruxelles, dell’Aja, di Vienna e che fa dire, con qualche ragione, che Roma non è affidabile, che il suo Parlamento è dominato da due forze irragionevoli, il Movimento Cinque Stelle e la Lega, dinanzi alle quali il presidente del Consiglio china il capo, spande miele, tocca di gomito e, soprattutto, rinvia. Il Mes è la metafora di un governo che all’ombra dei pini di Villa Pamphilj, non decide.
E il Pd fa persino tenerezza nel suo comprensibile insistere sull’accelerazione delle decisioni (l’ottimo “Datevi una mossa” della sottosegretaria alla Sanità Sandra Zampa) ma appare anch’esso rassegnato ad un anacronistico “realismo della politica”, quello della vecchia scuola che prevede una “maturazione dei tempi” (in questo caso, poi, del M5s, figuriamoci) che mal si accorda con l’urgenza di dotare subito l’Italia di fondi preziosi e praticamente gratis. Zingaretti e Franceschini hanno preso a lamentarsi dell’andreottismo di Conte ma non sanno nemmeno loro che fare, se non dirsi l’un l’altro che il Mes va preso. Ma come?
La scusa di non voler fare “gli apripista” messa in giro dai velinari di Palazzo Chigi non ha senso comune e – come ha rilevato Federico Fubini sul Corriere della sera – tralascia di dire che a Paesi come la Spagna o il Portogallo non accedono al Mes per la buona ragione che a differenza di noi già pagano interessi molto bassi sul mercato. La verità è che su questo le due destre antieuropee – i gialli e i verdi – stanno precostitituendo una campagna elettorale all’insegna del dàgli alla Trojka, evocando uno spettro che il giurista Conte dovrebbe poter smontare con facilità. Ma non lo fa.
Sul Mes, insomma, ci stiamo giocando oltre ai 36 miliardi anche la faccia. E l’andreottiano presidente del Consiglio potrebbe farsi molto male se non avrà la personalità per mettere i grillini di fronte all’aut aut: o Mes o tutti a casa. Quella è gente che si spaventa facile.