Turismo lento Il profumo del mare, tra vino e colline: alla scoperta del Gavi

Un lembo di Piemonte - stretto tra il Monferrato e il Mar Ligure - non ancora troppo battuto, ma che presenta grandi potenzialità per il turismo delle esperienze e regala degustazioni inconsuete del grande bianco piemontese

L’enoturismo è una delle grandi opportunità legate alla cosiddetta staycation: il turismo a due passi da casa transita anche dalle tante cantine che stanno costruendo una nuova ospitalità e si ritrovano mete privilegiate in una situazione in cui le grandi mete estive stanno invece soffrendo.

Un turismo lento, alla ricerca di territori intimi, fuori dai percorsi tradizionali dove trovare relax, benessere, calma e attività all’aperto, senza timori di sovraffollamento.

In Piemonte si può scegliere la zona del Gavi, meno conosciuta e frequentata delle più celebri Langhe, ma altrettanto accogliente e piacevole da esplorare.

Il grande bianco piemontese, infatti, nasce dai filari che si alternano ai boschi, alle valli e ai colli: si mangia tra i vigneti con un calice di Gavi docg, Cortese in purezza, qui autoctono e tradizionale, abbinandolo al pesce e alla cucina ligure. Perché l’Oltregiogo, ovvero il territorio del Gavi, antico entroterra delle signorie di Genova, profuma di Piemonte, ma sa di mare.

L’itinerario privilegiato parte da Gavi, seguendo la Strada Lomellina in direzione Nord; sale fino a Novi Ligure e da qui discende verso Sud percorrendo la strada verso Serravalle Scrivia; poi curva in direzione di Bosio, Parodi e Capriata, toccando via via gli altri 11 Comuni della Denominazione e circoscrivendo così i 1500 ettari in cui si produce il Gavi docg, tutelato dal suo Consorzio. Su questo percorso si trovano i produttori del Gavi, presso i quali fare tappe di degustazione e riposo.

Un angolo di Piemonte che profuma di mare grazie al vento marino che soffia dalla Liguria e con un clima appenninico, con gli inverni freddi e le estati calde e ventilate, l’altitudine dei pendii e l’esposizione, i terreni marnosi, calcarei e argillosi, le terre “bianche e “rosse” perfette culle di un vino fresco, intensamente profumato, con persistenze di note minerali.

Un bianco che è anche longevo, e che ha una lunghissima storia da raccontare: le sue prime tracce risalgono a oltre 1000 anni fa, precisamente al 3 giugno 972, come testimonia un documento oggi conservato nell’Archivio di Genova che fa cenno all’affitto di vigne e castagneti a due cittadini di Gavi da parte dell’Arcivescovo.

Per gli amanti della natura, qui si viene oltre che per il vino anche per rallentare e godersi la campagna e le colline: si pesca nei torrenti Scrivia, Lemme e Orba, si fanno escursioni a piedi o a cavallo, si pratica il trekking e la mountain bike in Val Borbera e in Val Lemme.

Si va alla scoperta del Parco delle Capanne di Marcarolo o dei Laghi del Gorzente e della Lavagnina, mentre gli appassionati di storia possono indugiare sul sito archeologico di Libarna a Serravalle Scrivia, i cui resti fanno presupporre la presenza – già in epoca preromana – di un importante mercato o centro di scambi commerciali, com’è tutt’oggi questa zona. Per i cultori dell’arte e dell’architettura la prima meta è il Forte di Gavi, antica fortezza che si staglia a baluardo del territorio e, per un colpo d’occhio mozzafiato, c’è il Belvedere della Madonna della Guardia, dall’Appennino alla pianura del Po.

Noi ci siamo innamorati dell’itinerario che parte dalla Casa del Custode della Diga e segue la strada che costeggia il Lago Inferiore della Lavagnina, tra ambienti rocciosi e boschi. Si giunge in breve al Lago Superiore dove il sentiero si restringe, attraversando radure erbose e, lasciata sulla sinistra la cascina Iselle, si arriva ad un’area attrezzata dove si può fare una sosta. Ripreso il cammino, si incontrano boschetti di ontano nero e salice bianco per poi attraversare un’area scoscesa; proseguendo si continua a risalire il Gorzente, dove al verde della natura circostante si aggiunge lo smeraldo delle acque, dove è possibile bagnarsi in un’atmosfera fiabesca. 


Superata una secca svolta a destra del torrente si giunge alla confluenza del Rio Eremiti nel Gorzente; restando sulla destra idrografica del rio, si supera una ripida salita e si percorrono i resti di un’antica mulattiera che poco dopo attraversa il rio e si porta sulla sponda sinistra; risaliti di una ventina di metri di altezza sull’acqua, si continua a risalire finché il sentiero comincia a discostarsi dal rio e, attraversato un boschetto, sbuca sulla strada provinciale SP 165; svoltando a sinistra si arriva dopo circa 500 metri al termine del sentiero, in località Valico degli Eremiti (mt. 559).

E come ricordo della piacevole gita, non può mancare una buona bottiglia di uno dei produttori del consorzio, magari con l’etichetta della bottiglia istituzionale 2020, vendemmia 2019, della denominazione.

Come ogni anno, dal 2013, con una degustazione alla cieca i Produttori del Gavi e una commissione di sommelier seleziona il vino che meglio rappresenta la personalità del Gavi nella vendemmia appena trascorsa.

Su questo, che verrà scelto nelle prossime settimane, si appone ogni anno una diversa etichetta – spesso d’artista – che valorizza il territorio o racconta una storia della Denominazione.

L’etichetta di quest’anno – affidata all’artista Riccardo Guasco, che nei suoi lavori miscela poesia e ironia e ha illustrato per The New Yorker e Los Angeles Magazine – è di grande attualità in concomitanza con il progetto ‘Valore Gavi’: rappresenta infatti un abbraccio al territorio, quello della Principessa Gavia, la nobildonna che la leggenda dice abbia dato nome al borgo di Gavi. Le sue braccia cingono le colline della denominazione del Gavi Docg, lembo a sud del Piemonte; i vigneti di Cortese dalla storia millenaria; il Forte, antico avamposto dell’entroterra genovese; i suoi capelli sono il Mar Ligure da cui è partito il Gavi, il Grande Bianco Piemontese,  sulle prime navi che solcavano l’Oceano dirette nel Nuovo mondo.

Vino, cultura, natura: ma in questa figura femminile, si esprime anche il significato più profondo di protezione, difesa e salvaguardia del territorio. È la tutela di un patrimonio vinicolo – ed economico – di un’intera filiera che mai come oggi, in un tempo di emergenza globale, diventa un messaggio di positiva e fiduciosa speranza per un futuro più consapevole.

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