L’ex una di noiSpontanea, antipatica e ora assente, ecco perché Jennifer Lawrence non è più la fidanzata d’America

Era amata perché in pubblico si mostrava sincera e anche un po’ goffa. Un atteggiamento diventato nel tempo insopportabile. La sua storia potrebbe insegnare qualcosa a tutti

Piaceva a tutti perché era spontanea. Poi è stata antipatica a tutti perché era spontanea. La parabola dell’attrice americana Jennifer Lawrence, famosa per le due saghe “Hunger Games” e “X-Men” , è un piccolo trattato sull’arte di gestire la celebrità. Soprattutto quando ci sono di mezzo i social.

Adesso è scomparsa: un anno sabbatico, aveva annunciato, per dedicarsi all’impegno politico contro la corruzione, organizzare il matrimonio e – come aveva dichiarato in un’intervista a Vogue – permettere al mondo di prendersi una pausa da lei. «Anche gli alieni si sono stufati».

Cosa era successo? La macchina della fama si era inceppata: l’aveva prelevata dalla tranquilla vita del Kentucky, dove era cresciuta in una fattoria di cavalli giocando a basket con una squadra di soli uomini e nel giro di poco l’aveva trasformata in una star mondiale. Saghe di supereroi, serie fantasy, film – commedie, non commedie – insieme a Robert De Niro e Bradley Cooper, ma anche copertine, nomination, Golden Globe, Bafta, anche un Oscar.

Piaceva a tutti perché anti-diva. “È una di noi”, si diceva. “È una persona normale” («Io non l’ho mai detto, se lo avessi fatto mi ucciderei»), si raccontava.

A volte era goffa – quando deve ricevere l’Oscar per migliore Attrice casca sulla scalinata. A volte cafona – «Dov’è la pizza?», aveva detto interrompendo un’intervista. A volte, ancora, soltanto spontanea. E per questo veniva anche presa in giro, con bonarietà – qui l’imitazione fatta da Ariana Grande.

In breve, il suo essere autentica, naturale, un po’ maschiaccio, quasi dissacrante del ruolo che, prima o poi, devono sostenere tutte le dive, l’aveva fatta diventare l’ennesima American Sweetheart.

Poi comincia la Fase 2, come ricorda questo articolo dell’Independent, quella in cui ogni suo gesto viene dissezionato, studiato, letto e giudicato.

Alla sensazione di familiarità che il pubblico nutriva nei suoi confronti (“È una di noi”, appunto), si aggiunge la classica maledizione dei social. Cosa fa? Perché dice questo? Perché si veste così?

Il primo segnale di rottura arriva nel 2018. Viene additata per la mise che indossa per la presentazione di “Red Sparrow”, troppo leggera per la stagione (un inverno gelido), soprattutto a confronto con i cappotti dei colleghi uomini. Anche lei, sottolineano, è una vittima del maschilismo.

Non è così. «Ogni cosa che indosso è una mia scelta», scrive sui social. «Non preoccupiamoci per queste cose. Il maschilismo è una cosa seria».

Non viene apprezzata nemmeno la sua battuta quando, durante la conferenza stampa di “Joy” sgrida un giornalista perché è attaccato al telefono. «Non puoi stare sempre dietro a uno schermo». Una volta sarebbe stato un gesto autentico, adesso è maleducazione.

E ancora, non piace il modo in cui risponde, durante la cerimonia dei Bafta 2018, al complimento fatto da Joanna Lumley, che la descrive come «l’attrice più attraente del pianeta»: «A bit much», dice (più o meno “Adesso piantala”). E per il pubblico sembra un gesto inspiegabile, tanto che dovrà passare le ore successive a dare spiegazioni: una battuta che non ha fatto ridere, uno scherzo che non ha funzionato. Tutta quell’autenticità comincia a dare fastidio.

Si arriva così alla fase 3, la parabola discendente. Escono editoriali sui suoi atteggiamenti, ci si chiede se sia davvero una persona autentica o se, al contrario, sia tutta una messinscena – se, cioè, reciti una parte (la ragazza di prateria) anche quando non sta recitando – e via via, fino alla scoperta definitiva: Jennifer Lawrence ha rotto. Lo ha capito perfino lei.

Il trattato finisce qui. L’esperienza dell’attrice americana, che comunque tornerà presto sugli schermi con un film con Paolo Sorrentino (per cui, non è stata ostracizzata) non fornisce indicazioni, né strategie di sorta.

Soltanto, è una lezione: il mito dell’autenticità (che sia vera o recitata, poco importa), alla lunga stufa. Colpa della superficialità degli umori da social, del fatto che l’illusione della caduta delle barriere tra pubblico e divi sia soltanto, appunto, un’illusione. E soprattutto, dell’idea che camuffarsi da persona “normale” senza esserlo, come fanno attori, registi e da tempo diversi politici, alla lunga è una pessima idea. Ipocrita, prima di tutto, e controproducente.

Alla lunga, i divi restano divi. E devono fare i divi. E allo stesso modo i politici restano politici. E facciano quello che devono fare. A ognuno le sue responsabilità e i suoi onori. Jennifer Lawrence lo ha capito, si è presa una pausa e torna a lavorare. Gli altri, chissà quando.

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