Per qualche tempo, anche nel mondo della musica classica sarà necessario cambiare il repertorio. Le misure di distanziamento sociale per prevenire la diffusione del coronavirus impongono scelte drastiche: le orchestre dovranno diventare più leggere, i componenti meno vicini e ottoni e legni– a meno che si vogliano usare barriere di plexiglas – dovranno stare lontani, o addirittura non salire proprio.
A questo punto i brani che si potranno suonare (mantenendo la formulazione originale) diminuiscono in maniera sensibile.
Di positivo, però, c’è che si potranno esplorare nuove melodie, spesso lasciate agli specialisti (e a volte neanche a loro), in nome delle grandi, monumentali, composizioni.
Risultato: la “Sinfonia dei Mille” di Gustav Mahler ce la si dovrà scordare per un po’. Ma ci sarà molta musica da camera, capolavori come i “Concerti di Brandeburgo” di Johann Sebastian Bach, e tanta musica contemporanea.
Alcuni si sono già portati avanti, come la Schott/EAM, casa editrice musicale: ha pubblicato un lungo elenco di opere (tutte nel suo catalogo) che si prestano alla perfezione a esecuzioni con distanza sociale.
Ad esempio “Ramifications”, per 12 violini, di György Ligeti – grande autore di musica contemporanea e famoso per le colonne sonore dei film di Stanley Kubrick, come “Shining” e “Eyes Wide Shut”. Oppure il “Cantus in Memory of Benjamin Britten”, scritto dal compositore estone Arvo Pärt, per violini e campanella.
Ma non solo. Il New York Times si avventura in una selezione di brani, di ogni epoca e provenienza, che potrebbero diventare le hit (della classica, per cui molto moderate) della prossima stagione.
Si va da “Éclat”, del francese Pierre Boulez (musica contemporanea) a “Serenade in Re”, di Ethel Smyth, suffragetta e compositrice inglese, ha un record: è la prima donna di cui la Metropolitan Opera ha eseguito un’opera (per la precisione, “Der Wald”, nel 1903).
Ma c’è spazio anche per Mozart, con il suo “Notturno per Quattro Orchestre in Re maggiore” K 286 – in cui le orchestre subiscono un drastico ridimensionamento, ma la posizione distanziata dei musicisti permetterà di tenere vivo quel gioco di echi e richiami che il compositore austriaco aveva in mente.
E ancora: si può fare un tuffo nel Seicento e riesumare “Battalia” di Heinrich Ignaz Franz Biber (non Bieber), brano per 10 musicisti, uno degli splendori della musica barocca, in cui gli esecutori si fronteggiano come se stessero combattendo.
Oppure ascoltare Richard Wagner e il suo “Idillio di Sigfrido”, composto per il compleanno della moglie Cosima e suonato da 13 musicisti non appena la donna si era svegliata. Avrà apprezzato?
Vale la pena anche la “Sinfonia da Camera” di Arnold Schoenberg, del 1906 – dura solo 21 minuti, è pensata per 15 strumentisti, dai suoni un po’ romanticheggianti ma che già guardano all’atonalità.
Va benissimo il tristissimo e famosissimo “Adagio per archi” di Samuel Barber, mentre è solo per spiriti più raffinati, o molto pazienti, la composizione “Metamorphosen”, 23 archi in una melodia elegiaca, lamentosa e complicata, scritta da Richard Strauss (da non confondere con gli omonimi viennesi dei walzer) a 81 anni. quasi un bilancio amaro di una vita che ha visto la rovina di una cultura, di una civiltà, di un Paese.
Altrimenti, c’è la parte finale della “Sinfonia degli Addii” di Franz Joseph Haydn, celebre momento ludico in cui i musicisti (lo prescrive la partitura) smettono di suonare e se ne vanno alla spicciolata.