Ma questi da che pianeta vengono? È una domanda che un lettore di fantascienza non dovrebbe mai farsi, perlomeno non in questo tono scandalizzato, ma confesso di essermela posta almeno tre volte negli ultimi tempi. La prima fu l’anno scorso, nei giorni del Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona, quando vidi Maria Giovanna Maglie che in un talk-show, senz’ombra di ironia, denunciava l’egemonia mondiale di una visione omocentrica che punta a ribaltare la famiglia naturale.
La seconda volta, sempre negli stessi giorni, fu quando Maurizio Belpietro, dal palco del famigerato Congresso, ringraziò i partecipanti perché grazie a loro era nata una voce libera, La Verità, l’unica a non dipendere dalle lobby gay, dalla sinistra, dalle banche e dal gender (ipsissima verba). L’ultima occasione, recentissima, me l’ha data una frase di Matteo Salvini: «A questo punto noi presentiamo un bel disegno di legge contro l’eterofobia». E di nuovo mi sono trovato a chiedermi: ma questo da che pianeta viene? Dove diavolo vive?
Poi però ho messo da parte il completo grigio del benpensante, sono tornato nella tuta spaziale del lettore di fantascienza e ho riformulato la domanda, stavolta con sincera curiosità. Da che pianeta vengono? La prima risposta, e più ovvia, è che queste strane creature umanoidi vengono da Il seme inquieto di Anthony Burgess, un romanzo distopico del 1962 ambientato in una immaginaria Inghilterra degli anni Novanta.
La sovrappopolazione è diventata così insostenibile che il governo britannico promuove con tutti i mezzi l’infertilità. La via maestra è l’incoraggiamento dell’omosessualità attraverso un piano di egemonia culturale fatto di film, sceneggiati, romanzi. Gli eterosessuali sono diventati una minoranza antisociale. Insomma, l’omocentrismo globale della Maglie, l’onnipotenza della lobby gay di Belpietro e l’eterofobia di Salvini in un solo romanzo.
Ma a ben vedere li prenderei tutti e tre e li metterei in una macchina del tempo per tornare a un racconto degli anni del maccartismo, “The Crooked Man” di Charles Beaumont, che apparve su Playboy nel 1955, quando in tutti gli Stati Uniti c’erano ancora leggi sulla sodomia. L’uomo corrotto a cui si riferisce il titolo si chiama Jesse, e per colpa di un certo senatore Knudsen è diventato un criminale. Non che prima le cose gli andassero bene: era deriso, scansato come un appestato, molestato dai teppistelli, aveva anche perso il lavoro. Ma contro quelli come lui Knudsen aveva impostato tutta la piattaforma della campagna elettorale, promuovendo poi una legge apposita. Jesse ricordava un comizio del senatore:
«Il vizio è in ripresa nella nostra grande città. Negli angoli bui la perversione sboccia come un fiore malvagio. I nostri figli sono esposti al suo tanfo e si chiedono perché non si fa nulla per fermare questa sciagura. L’abbiamo ignorata abbastanza a lungo! È il momento di agire, non bastano più le parole. I pervertiti che infestano il nostro paese devono essere spazzati via, eliminati completamente, come una minaccia non solo alla morale pubblica ma alla società in generale. Queste persone malate devono essere curate e rese normali».
Jesse era uno di questi pervertiti. Cercava di nasconderlo, ma anche solo a vederlo camminare tutti potevano capire che era uno di loro: un eterosessuale.
Il mondo alla rovescia di Beaumont provocò molte reazioni sconcertate, interdette, indignate. Ma Hugh Hefner, l’illuminato sovrano dell’harem di conigliette, ne ricavò questa limpida morale a beneficio dei lettori di Playboy più duri di comprendonio: «Se è sbagliato perseguitare gli eterosessuali in una società omosessuale, è sbagliato anche il contrario». Ecco, miei cari teorici dell’omocentrismo globale eterofobo promosso dalla tentacolare lobby del gender, fate il favore: andate a quel pianeta.