Rassegne onlineMiart in versione digitale: cosa cambia e chi resiste all’onda della fiera virtuale

La gestione del sito non è sempre garanzia di successo, così come il social media management. L’ultima edizione della kermesse milanese rischia di favorire il solito pubblico di esperti

CHERTLUDDE_HORVITZ, David Horvitz, Public Access (Border Field State Park), 2011-2014 C-print, Wikipedia article printout (24.4 x 37.1 cm), (32.9 x 45.3 x 4 cm) (framed) Edition of 5 plus | AP DH/WIPR 1492; Courtesy the Artist and ChertLüdde

Niente più passeggiate fra gli stand, niente più critici che ti dicono: «valuta anche questo!» Il mondo dell’arte contemporanea si adegua alle conseguenza causate dalla pandemia da Covid-19. L’ultima edizione di Miart – una delle fiere milanesi con maggiore vocazione internazionale, oltre 130 espositori provenienti da tutto il mondo – è interamente virtuale.

La più recente manifestazione fieristica a svolgersi in uno spazio fisico è stata Frieze Los Angeles, lo scorso 13 febbraio. Intanto, in questo lasso di tempo, Il sistema delle fiere, così come le gallerie invitate a partecipare, hanno provato a ripartire con soluzioni espositive digitali che consentissero la fruizione e l’acquisto da remoto delle opere d’arte. Art Basel ha lanciato la fiera online con la prima edizione delle Online Viewing Rooms a marzo, e la Dallas Art Fair, rimandata così  come tutti gli altri appuntamenti, ha anticipato le proposte delle gallerie su una piattaforma online dal 14 al 23 aprile.

Nelle ultime settimane, Miart, è stata al centro di polemiche poiché i galleristi hanno perseverato nel tentativo di non annullare l’edizione “fisica” programmata dal 11 al 13 settembre ’20. Ma alla fine, in accordo con l’azienda Fiera Milano, si è preso atto che, a causa della pandemia, il cambio di paradigma era pressoché necessario.

Il gap digitale con gli altri Paesi, da sempre stigmatizzato dal mondo del contemporaneo, è rimasto per anni un appello inascoltato, ha fatto capire che il futuro non sarà la fruizione virtuale dell’arte, bensì sarà necessario potenziare la comunicazione e il marketing digitale per l’accesso ai servizi, la partecipazione agli eventi e per l’introduzione dei nuovi linguaggi del contemporaneo, e perché no, per fare acquisti direttamente da casa.

NILUFAR_PONTI, Lampada da parete mod. 12661 di Gio Ponti Italia, 1957, Produzione Arredoluce, Ottone, metallo (31.5 x 37 x 11 cm) Courtesy Nilufar Gallery

Secondo Cesare Biasini Selvaggi, critico, saggista, che ha curato l’inserimento di alcuni artisti, nell’ambito arte e tecnologia,  all’interno della Collezione d’arte italiana contemporanea della Farnesina, «l’avvento della pandemia ci ha dimostrato quanto sia importante una gestione efficace delle piattaforme e-commerce, con un relativo aumento della richiesta di nuove figure professionali che abbiano una specializzazione nella tecnologica digitale, ma anche nelle arti visive». «Se pensiamo a una galleria dobbiamo chiederci: «con quali artisti lavora? Quegli artisti che mercato hanno? A quali paesi ci rivolgiamo? A quali collezionisti? Se la galleria ha più sedi e se ce le ha, in quali Paesi?

Allora, a seconda di tutte queste risposte, che altre, – continua Cesare Biasini Selvaggi – un’attività di analisi va fatta in collaborazione con i propri interlocutori. In questo caso, il gallerista dovrà iniziare a elaborare un’infrastruttura digitale, un e-commerce ben articolato, investendo in maniera organica e per avere risultati importanti». Insomma l’equazione: gestione del sito interne e social media management non è garanzia di efficacia, «non vuol dire che avendo questo venderai delle opere d’arte. Tutt’altro!» E spesso, la risposta di quando non si fanno queste analisi è: «se ho venduto, ho venduto soltanto hai miei clienti!».

In sostanza, il gallerista è un esperto di mercato e di arte visiva ma non di marketing digitale. Ciò che è mancato spesso al sistema dell’arte italiano era una strategia a monte con il supporto dei professionisti di settore. Esperti come strategist e copy, capaci di colmare il divario digitale rispetto ai campi della tecnologia e dell’innovazione.

Ma quali sono gli espositori che riescono a sostenere meglio l’urto di questo cambiamento digitale? Nelle nuove fiere digitali è difficile che ci sia quell’attività di “matching” (di incontro diciamo), come avviene nella fiera tradizionale. Una fiera in presenza, favorisce quell’attività di “scouting” e scoperta di artisti emergenti, che, per motivi logistici è molto più ardua nelle fiere digitali.

FANTA_RASO, Margherita Raso, Lottatori, 2015 (dettaglio / detail) Porcellana, legno / porcelain, wood (87 × 50 × 17 cm) Courtesy of the artist and Fanta-MLN, Milano Photo: Beppe Raso

Inoltre, le piattaforme dedicate alla vendita di opere d’arte, favoriscono moltissimo le gallerie che hanno artisti internazionali, poiché il collezionista ricerca spesso un artista che ha già la sua notorietà, enfatizzata ovviamente su tutti i portali web: «alcune gallerie hanno lavorato molto con l’on-line – commenta Cesare Biasini Selvaggi –, la galleria Continua, ad esempio, addirittura durante il lockdown, ha venduto a nuovi clienti».

Qual è il punto allora? Stiamo parlando di un’inversione di tendenza. Con il digitale è l’artista internazionale a portare il collezionista in galleria e non viceversa. Per la gallerista Martina Simeti, fondatrice della galleria Martina Simeti con sede negli spazi di Via Tortona a Milano, la vocazione alla ricerca di artisti internazionali è connaturata alla sua indagine artistica, da sempre divisa a metà fa Parigi e l’Italia, ha ottenuto riscontri positivi dall’edizione digitale della fiera: «È un’esperienza del tutto inedita, ma partita sorprendentemente bene, con la selezione da parte della giuria del Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano di un’opera di Mimosa Echard. L’opera dell’artista francese è visitabile in anteprima nella mostra in galleria fino a domani, che poi inaugurerà il 20 settembre. C’è stato anche grande interesse per tutti gli artisti rappresentati, Sylvie Auvray e Ducati Monroe».

Mimosa Echard, I Still Dream of Orgonon, 2016, Orgonites, resin, found objects, plants, trash (27 x 14 x 20 cm), Foto opera acquisita da Fondo Fiera

Tante le questioni tecniche irrisolte per gli espositori, in particolar modo la riproduzione degli stand on-line, ma che non hanno scoraggiato i buyers: «la fruizione può allargarsi ad un pubblico meno specializzato che da dietro uno schermo può trovare informazioni, sia tecniche che economiche, che normalmente in una fiera tradizionale richiedono un’interazione – aggiunge Martina Simeti –, però, in generale, la fetta principale è data dai collezionisti che seguono il mondo dell’arte con attenzione».

Dunque, il sistema dell’arte contemporanea chiede di ritornare nei consueti spazi fisici per due motivi: quello puramente economico-commerciale, e quello del tutto comunicativo, favorendo l’osservazione dal vivo delle opere, e per questo, gli espositori si sono organizzati per rendere visibili le opere dello stand virtuale anche in galleria.

Si auspica, quindi, un ritorno all’esposizione convenzionale, continuando a investire nel digitale e sulla valorizzazione delle collezioni: «confermiamo il nostro impegno per la valorizzazione dell’arte contemporanea attraverso il nostro fondo acquisizioni – ha dichiarato Enrico Pazzali, Presidente di Fondazione Fiera Milano – un fondo, che negli anni ha contribuito ad accrescere il valore della collezione di Fondazione Fiera Milano e che oggi conta 92 opere in rappresentanza di linguaggi artistici differenti».

Intanto, proprio oggi è arrivata la notizia delle opere selezionate dalla giuria di esperti che andranno ad arricchire la collezione di Fondazione Fiera Milano per un valore di 50.000 euro.

Si tratta dei lavori di Giorgio Andreotta Calò (1979), “Pinna Nobilis C”, 2017 Bronzo (57 x 17 x 12 cm) Sprovieri, Londra;  Alexandra Bircken (1967) “Arai”, 2018 Canapa e resina epossidica (28 x 36 x 27 cm), Herald St, Londra; Talia Chetrit (1982) “Self-portrait (Mesh Layer)”, 2019 Stampa a getto di inchiostro (122,6 x 81,2 x 4 cm) Kauffman Repetto, Milano – New York; Daniel Dewar (1976) & Grégory Gicquel(1975), “Oak relief with body fragments and snails”, 2020 Legno di quercia (54,6 x 16 x 43,7 cm) Clearing, New York – Bruxelles; Mimosa Echard (1986) “I still dream of Orgonon”, 2016 Materiali vari, resina (27 x 14 x 20 cm) Martina Simeti, Milano; Anna Franceschini (1979), “DID YOU KNOW THAT YOU HAVE A BROKEN GLASS IN THE WINDOW?”, 2020 Stampa digitale su carta di cotone montata su alluminio (120 x 80 cm),  Vistamare | Vistamarestudio, Pescara – Milano; Corita Kent (1918-1986) “life is a complicated business”, 1967 Serigrafia (56 x 59 cm), Andrew Kreps, New York e Margherita Raso (1991), “Bianco Miele”, 2016, Bronzo (100 x 85 x 5 cm), Fanta–MLN, Milano.

In attesa delle Fiera del prossimo anno, non possiamo che non ricordare il cambio al vertice della kermesse milanese: nella giornata di ieri, Nicola Ricciardi, classe 1985, dal 2016 direttore artistico delle Officine Grandi Riparazioni di Torino, è stato nominato nuovo direttore di Miart, e prenderà il posto il Alessandro Rabottini, alla guida dal 2017. A Nicola Ricciardi l’arduo compito di traghettare la fiera dei prossimi tre anni nel duplice formato digitale-reale.

 

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