Pubblicato originariamente su Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
Poche grandi città in Europa possono affermare di aver eletto uno straniero a capo del proprio municipio. Dal 27 settembre Timișoara, città della Romania occidentale, non lontano dall’Ungheria e dalla Serbia, è gestita da Dominic Fritz, cittadino tedesco non di origini rumene, nato 37 anni fa a Lörrach, nel Baden-Württemberg.
Quando arrivò a Timișoara nel 2003, all’età di 20 anni, come volontario in un centro per bambini svantaggiati della Fondazione Caritas probabilmente non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato sindaco della terza città più grande della Romania. Fu in quell’occasione che imparò il rumeno, una lingua che oggi parla correntemente. «Questo è quello che noti subito. Non solo [Dominic Fritz] parla correntemente, ma è anche molto attento a dettagli grammaticali di cui molti politici locali sono completamente all’oscuro», sottolinea Ion Ioniță, giornalista del quotidiano Adevărul e caporedattore della rivista Historia.
Dopo questa esperienza umanitaria, ritornò in Germania per studiare scienze politiche e amministrative, si laureò e divenne consigliere e poi capo di gabinetto dell’ex presidente tedesco Horst Köhler (2004-2010). Ma Dominic Fritz ha poi deciso di tornare a Timişoara. «Timișoara ha segnato la mia visione della vita», spiega il nuovo sindaco, che confida di essersi innamorato della città durante il suo primo soggiorno. «Questa città, dove ha preso avvio la rivoluzione rumena, mi ha molto colpito quando ero giovane – e lo fa ancora oggi – e ci tornavo in continuazione. Ho fondato lì un’associazione e ho avviato numerosi progetti sociali e culturali». Appassionato di musica ha fondato in particolare l’associazione Timișoara Gospel Project con la quale ha organizzato concerti per raccogliere fondi per il centro di cure palliative della città.
«A Timişoara viene portato a termine ciò che è iniziato 30 anni fa», sottolinea Ion Ioniță. «Niente più eredi del comunismo, baroni locali e coloro che si sono arricchiti con la transizione, tutti questi personaggi sono stati spazzati via da questo voto. Gli abitanti di Timișoara hanno deciso di chiudere un capitolo e prendere un’altra strada». È su questo che il giovane tedesco ha costruito la sua campagna elettorale: «sono un candidato che non ha assolutamente nulla a che fare con il comunismo, il post-comunismo, questo sistema di baroni locali e miliardari di cartone», ha dichiarato, promettendo una “rivoluzione nel governo locale”, istituzioni ben disposte nei confronti dei cittadini, meno code e meno burocrazia. «L’energia e il dinamismo che vediamo nel settore privato, nella società civile e nel settore culturale non corrispondono alla struttura e alla mentalità dell’attuale pubblica amministrazione».
«L’emergere di nuove figure politiche sta distruggendo i dinosauri post-comunisti», continua Ion Ioniță. Quattro anni fa l’organizzazione USR Timisoara non esisteva e Nicolae Robu, il cacicco locale del Partito Nazionale Liberale (PNL, destra), sembrava saldamente ancorato al municipio. «La generazione dei 30-50enni, quelli che si considerano cittadini europei, ha votato in modo massiccio e ha imposto il proprio punto di vista. Questa ondata metterà molta pressione sui partiti “classici” alle elezioni legislative», prevede il giornalista.
I tedeschi e il Banato romeno, una lunga storia
Dominic Fritz vorrebbe che la sua elezione fosse un «segnale forte non solo per la Romania, ma anche per l’Europa», nonché un simbolo dello spirito cosmopolita e del multiculturalismo della capitale del Banato, una regione che fu in successione ai confini dall’Impero ottomano e poi austro-ungarico.
Ma gli abitanti di Timişoara non hanno eletto uno straniero qualunque: il loro nuovo sindaco è tedesco. In Romania sono in molti ad avere la tendenza, anche solo di riflesso, di riferirsi alla Germania come “il” modello da seguire. «La mitologia intorno alla serietà dei tedeschi, che fanno le cose come dovrebbero essere fatte, è piuttosto significativa in Romania», analizza il sociologo Florin Poenaru. «Germania qui è sinonimo di civiltà ed Europa. E questo ha contribuito sicuramente all’elezione di Dominic Fritz».
Questa mitologia non è solo una fantasia, ma ha radici storiche. Sotto l’Impero austro-ungarico, il Banato era una regione di insediamento tedesco, colonizzazione iniziata nel 1716 sotto l’impulso dell’imperatore Carlo VI. Lo scopo non era tanto di “germanizzare” la regione quanto di “civilizzarla”, sviluppando un’economia agricola rurale che era stata lasciata all’abbandono sotto il dominio ottomano. Questi coloni tedeschi erano quindi soprattutto “abili contadini e artigiani”, per lo più originari della Svevia, una regione della Germania sud-occidentale. Vennero anche trasferiti per popolare questi confini militari dell’Impero asburgico, per proteggerli nel caso di attacco ottomano, sul modello di quanto è accaduto anche in Serbia, nella vicina Vojvodina.
Gli svevi hanno svolto un ruolo importante nella regione per due secoli, non solo tra i contadini, ma anche nei circoli borghesi e intellettuali di Timişoara, prima che la comunità si riducesse drasticamente durante la seconda metà del XX secolo. Nel censimento del 1930 c’erano ancora circa 250.000 tedeschi nel Banato rumeno. Nel 2002, erano scesi a 30.000, una cifra che ha continuato a diminuire fino al censimento del 2011 (Timişoara aveva allora 4.193 cittadini che si dichiaravano appartenenti alla comunità tedesca). In mezzo vi è stata la Seconda guerra mondiale e la collaborazione di alcuni tedeschi in Romania con le forze della Germania nazista.
Dopo la liberazione, l’Urss costrinse la Romania a inviare forzatamente i cittadini appartenenti alla comunità tedesca (svevi del Banato e sassoni della Transilvania) a lavorare negli Urali e in altre regioni agricole della federazione sovietica. L’emigrazione continuò sotto il regime comunista rumeno, un movimento su larga scala la cui destinazione principale era la Repubblica Federale di Germania prima, la Germania riunificata poi. Una delle figure più note degli svevi del Banato che hanno lasciato la Romania è la scrittrice Herta Müller, Premio Nobel per la letteratura 2009.
Fiaba a lieto fine?
Paradossalmente – o no – è nel momento in cui non vi sono quasi più tedeschi nel Banato che Timişoara elegge un sindaco tedesco. Dominic Fritz beneficia per il momento dell’immagine vantaggiosa conferitagli da un suo percorso atipico che sembra una fiaba, coniugata alla stanchezza di parte dei rumeni nei confronti della vecchia guardia politica rappresentata, qui, dal PNL di Nicolae Robu e dal Partito socialdemocratico (PSD). Ma le fiabe raramente superano la prova del potere.
Resta quindi da vedere come il giovane sindaco guiderà la sua “rivoluzione amministrativa”. Per riuscirci, dovrà entrare in conflitto con le strutture istituzionali della città, all’interno delle quali il suo giovane partito ha pochi appigli. Dominic Fritz ha detto durante la sua campagna elettorale che la città ha bisogno di uno stadio, una tangenziale, un nuovo ospedale e più attenzione alla periferia della città: riuscirà a lanciare questi progetti? E quanto durerà la sua luna di miele con i cittadini che lo hanno portato al potere?