Nuova coreografica manifestazione dei ristoratori milanesi, che aderendo alla manifestazione nazionale #siamoaterra, promossa da FIPE/Confcommercio, hanno letteralmente apparecchiato Piazza Duomo con tovaglia e coperti, sedendosi tutti intorno in silenzio, ciascuno con un foglio/manifesto con le parole chiave usate per testimoniare civilmente il proprio dissenso alle indicazioni contenute nell’ultimo DPCM.
L’evento si è tenuto in contemporanea in più di 22 città – fra cui Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Napoli – cuochi, camerieri, ristoratori, barman, intorno ad una tavola simbolicamente apparecchiata in piazza “a terra”, per ricordare il valore socio-economico di un comparto con oltre 300mila medie/piccole aziende e tante categorie professionali (più di un milione di lavoratori senza contare l’indotto) che oggi si sentono costrette a incrociare le braccia.
ll settore chiede alla politica un aiuto rapido e concreto per non scomparire, commisurato alle perdite subite: interventi mirati sul fronte della prevenzione e non misure generalizzate, salvaguardando locali e strutture che hanno in questi mesi investito tanto in sicurezza a tutela di clienti e lavoratori, la proroga della cassa integrazione per i dipendenti, agevolazioni fiscali permanenti per il 2021 e crediti d’imposta per affitti e bollette con la cancellazione dell’IMU. “Siamo a Terra”, dichiarano gli organizzatori,”ma chiudere non è la sola ricetta possibile”.
A Milano, dalle parole di uno dei rappresentanti della categoria, Alfredo Zini, proprietario della Bottega Storica Al Tronco, si deduce una grande delusione anche per i contenuti del provvedimento di ristoro presentato nella serata di ieri: «Gli imprenditori del settore sono esausti, tanta burocrazia con provvedimenti emanati da tutte le amministrazioni e a tutti i livelli, ma di riduzione di pressione fiscale e pagamenti non se ne parla, anzi aspettiamo di capire quanti soldi ci porterà nei nostri conti correnti il nuovo provvedimento, ma, onestamente, crediamo sia solo una boccata di ossigeno, infatti, non si parla di spostare scadenze fiscali, contributi e tributi, quindi il rischio è che se a un’impresa arrivano i soldi o li impiega il giorno dopo per pagare stipendi o fornitori e non paga lo stato o addirittura la banca li trattiene per coprire il conto. Bisogna pensare a riforme o a una moratoria della legge Bersani, facendo piani d’area, affinché si blocchino nuove aperture di pubblici esercizi e contestualmente si pensi a una riforma del lavoro per dare più potere d’acquisto ai lavoratori. Se non si lavora guardando ai prossimi anni, molte imprese saranno costrette ad abbassare le saracinesche nel futuro immediato».
Risulta evidente dalle parole di Zini la frustrazione per la situazione che gli addetti ai lavori della ristorazione stanno vivendo, che è la stessa dei lavoratori dello spettacolo, accomunati in questo ultimo DPCM nell’impossibilità di lavorare.
La preoccupazione che le seppur tempestive risorse messe a disposizione non siano sufficienti è molta e il timore è che non sia finita con queste quattro settimane di limitazioni.