Trump tira il lavandino
«Sta tirando il lavandino della cucina» è un’espressione americana per definire qualcuno che non sa più cosa fare in una disputa, sradica i sanitari e li lancia sull’avversario. Ed è la frase più usata, in questi giorni, per definire l’attivismo di Donald Trump.
Gira per comizi in swing states che deve vincere, come la Pennsylvania, e Stati che a sorpresa potrebbe perdere, come la Georgia. Nei comizi aggredisce la governatrice democratica del Michigan che una milizia stava per rapire, Gretchen Whitmer, e quando la gente urla «lock her up» replica «lock them all up», metteteli in galera tutti, Whitmer e altri, non i rapitori (lo staff di Withmer è preoccupato, ogni volta che Trump parla partono minacce; la nuora di Trump, Lara, ha detto alla Cnn che è il suo modo di divertirsi).
Poi si dedica ai Biden, famiglia criminale. Spiega che sono corrottissimi, «Hillary Clinton al confronto era una dilettante».
Poi parla della sua bellezza: «Ho detto, first lady, sono il presidente più bello di sempre? “Sì, assolutamente”. Ho detto, chi mi potrebbe superare? E lei ha detto “beh, JFK era attraente, ma non come te. Non come te, caro”».
(Gli ultimi sondaggi danno Biden avanti da 8 a 14 punti percentuali; la sua campagna fa presente che tutto può succedere, che bisogna votare; ma il presidente è nervoso, e sembra fare comizi più per appagare l’ego ferito che per convincere gli elettori; i democratici, a questo punto, lo incoraggiano; e i critici dicono che come entertainer è sempre più interessante, ha dei tempi comici pazzeschi).
Trump sgrida i suoi
Il presidente è il tipico capo che quando le cose vanno male maltratta i sottoposti. Anche gente che si è impegnata per lui e che a causa sua, in caso di sconfitta, non verrebbe perdonata dall’opinione pubblica, dai parenti e forse neanche dalla magistratura.
Trump si lamenta dell’Attorney General William Barr e del segretario di Stato Mike Pompeo, perché non sono riusciti a incastrare i suoi nemici politici. Se la prende con il segretario al Tesoro Steven Mnuchin perché non porta risultati nella trattativa con Nancy Pelosi sul pacchetto di stimolo per il coronavirus. Ha attaccato il direttore dell’Fbi Christopher Wray, colpevole di aver detto che non ci sono brogli con le schede postali. E se la prende coi senatori repubblicani che cominciano a prendere le distanze, anche se solo ora, a due settimane dalle elezioni, poi chissà.
Trump e la moderatrice
Non potevano mancare, in questa fase complicata per il presidente uscente, delle minacce alla moderatrice del prossimo dibattito. Trump ha twittato che Kristen Welker della Nbc «è sempre stata tremenda e scorretta, come buona parte dei Fake News reporters, ma io starò al gioco. La gente sa!».
Trump ha anche condiviso un articolo del New York Post, in cui si dice che la famiglia di Welker ha legami col partito democratico, che ha dato decine di migliaia di dollari a vari candidati. Poi c’è una foto di Welker con Barack Obama (fatta alla festa di Natale della Casa Bianca, quando il presidente si fa foto con tutti i giornalisti che lo seguono, insomma si faceva, prima).
Trump è vittima di trolling
Stanno aumentando gli yard signs, i cartelli che si mettono sul prato davanti casa, per il duo Biden/Harris. E stanno prendendo piede varianti non ufficiali, più assertive del cartello classico con i due nomi del ticket.
Per esempio, «Biden 2020/Trump 10 to 20», da dieci a vent’anni di galera. Ma anche «Settle for Biden», rassegnatevi a Biden, e «Bye Don», ciao Don, che sarebbe Trump (sono tutti in vendita online; come il più bel cartello non ufficiale per Kamala Harris, «Votate Biden e la signora che ha fatto piangere Brett Kavanaugh», e poi Mike Pence e la sua mosca).
E la campagna di Biden, nonostante l’ansia, ha prodotto uno spot che fa ridere. C’è Trump che in un comizio grida «Se perdo con quello lì non so cosa farò. Non vi parlerò più. Non mi vedrete mai più». Poi c’è una foto di Biden ridanciano e la sua voce fuori campo che dice «Sono Joe Biden e approvo questo messaggio».
Trump è sempre più strano
Alle battute che ripete in tutti i comizi, il presidente ha aggiunto una storia del suo Covid: secondo lui «ogni dottore voleva toccare ogni parte del mio corpo» E «non mi è piaciuto. E ho, detto, fuori dai piedi, dottori!»(alla fine dei comizi balla YMCA dei Village People, e ora c’è gente in crisi d’identità).
Melania e l’amica indiscreta
Il dipartimento di Giustizia del molto trumpiano Bill Barr interviene contro l’ex amica di Melania Trump, poi inguaiata per le solite finanze allegre della campagna, che ha scritto un libro su di lei. Stephanie Winston Wolkoff è stata citata in giudizio per la sua opera “Melania and Me”: per non aver rispettato un accordo di non divulgazione.
E Melania ha attaccato Winston Wolkoff dal sito della Casa Bianca. In un suo messaggio, si legge che «i media hanno avidamente seguito le rivelazioni salaci di un’ex fornitrice che ha collaborato col mio ufficio. Una persona che dice di avermi creato anche se mi conosceva a malapena… che ha segretamente registrato le mie telefonate…che ha scritto un libro di pettegolezzi oziosi» (ieri Winston Wolkoff ha twittato uno spot elettorale con protagonista Jill Biden che si ama con Biden e si baciano tutti i momenti, forse per sfregio).
Corsa al voto e schede in ritardo
Finora – sono percentuali del totale degli elettori che hanno votato nel 2016 – in Texas ha votato il 38 per cento, in Georgia il 35, in Michigan e Wisconsin il 29, in North Carolina il 26, in Florida il 25. Di questo passo, nel vero giorno delle elezioni, il 3 novembre, il 60 per cento avrà già votato. Dovrebbero essere buone notizie per i democratici, al netto delle continue denunce di soppressione del voto e piccole stranezze (una compagnia con proprietari trumpiani che doveva stampare delle schede postali per Ohio e Pennsylvania non le ha ancora consegnate, per dire).
Florida Men
Marc Caputo, che scrive per Politico da Miami, sostiene che in Florida ci sono molti «hidden Biden voters», elettori nascosti di Biden, anglo e ispanici. Maschi non andati al college che non vogliono sembrare pappemolle con altri maschi, soprattutto.
Donald Trump deve averlo saputo. Parlando in Florida, ha annunciato che «troverà un modo» per licenziare il governatore Ron DeSantis se non riesce a fargli vincere lo Stato. Non è una pretesa eccessiva: altri governatori, tra cui il sobrio Jeb Bush, si sono dati da fare per il loro candidato; è nelle cose in Florida e Trump se lo aspetta.
Intanto ieri il Sun-Sentinel – il giornale di Fort Lauderdale, dove vivono Brad Parscale e altri trumpiani però è l’area più progressista dello Stato – invitava a votare in massa. E a «votare il prima possibile. È la nostra miglior difesa contro un colpo di stato presidenziale» (è il titolo dell’editoriale).