TendenzeFrancesco Saverio Russo: il mondo del vino ha sete di etica

Racconta la filiera enologica, tiene corsi di wine business, gestisce cantine e degustazioni: ecco chi è il wine influencer che non teme di sporcarsi tra le vigne

Durante la funesta estate 2020 c’è stata una classifica che ha scosso il mondo del vino: quella fatta da Stappato per classificare gli influencer del settore. Sembra lapalissiano, ma spieghiamo cos’è e cosa fa questa figura. Si tratta di persone con grande seguito sui social, che possono sfruttare la propria audience (leggi follower) per stringere partnership o sponsorizzare prodotti. Molti produttori del mondo vitivinicolo stanno iniziando a cavalcare questo trend per ritagliarsi un posto al sole sui social.

Pubblicata la classifica, è scoppiato un putiferio. L’elenco ha messo insieme personalità molto diverse tra loro, ordinandole solo in base al numero di seguaci su Instagram, ma soprattutto non tenendo conto di una importante verità. Sotto l’etichetta influencer sono spesso raggruppate persone che non si considerano solo username da alimentare con acquisti da n-mila di follower per volta. Non ci sono solo bei ragazzi e ragazze in cerca di un modo facile e veloce per far soldi, mettendo in mostra bottiglie, scollature e sorrisi. In classifica ci sono anche sommelier, professionisti del mondo del vino, giornalisti, blogger. E uomini che sporcano le suole delle scarpe in vigna quasi ogni giorno, come fa Francesco Saverio Russo.

Chi è e cosa fa il wine influencer

Francesco Saverio Russo si occupa di formazione: tiene corsi di wine business, avvicinamento al e comunicazione del vino. Co-dirige la selezione delle cantine e la gestione delle degustazioni e masterclass per Only Wine Festival ed ha appena firmato una delle più importanti linee di calici tecnici soffiati a bocca mai prodotti. Il creatore di Wine Blog Roll non ha mai amato le classifiche, (anche se rimpiange quelle di Social Vignerons fatte ai tempi di Klout, “senza doping” dice lui). Secondo lui quella di Stappato «non può avere una valenza concreta, in quanto tiene conto del solo numero di followers del social notoriamente più “dopabile” del web, Instagram».

Secondo Russo quello che non viene colto è la differenza fra comunicatore indipendente (sia esso giornalista e/o blogger) e marketer. «Il primo si occupa di informare ed educare senza accettare compensi da cantine e produttori per le proprie recensioni o approfondimenti tecnico-enoici. Il secondo opera nell’ambito del marketing, quindi si occupa di promozione anche conosciuta come pubblicità, e lo fa dietro compenso». Il principale problema è la confusione che si fa tra queste due figure, che Russo lega anche alla poca chiarezza dei marketer nel dichiararsi tali. «Se davvero la differenza fra un post sponsorizzato e uno non sponsorizzato è da ricercare nel piccolo hashtag #adv messo furbescamente in mezzo ad altri 29, credo che in pochi avranno la consapevolezza di ciò che stanno leggendo o guardando».

Secondo Russo la definizione di wine influencer si può ricondurre alla «reale influenza di un comunicatore sui suoi lettori o followers». Lui, che sul solo profilo Instagram conta 71 mila follower più altri 3 mila su Facebook, ha un’idea chiara su cosa significhi influenzare: «la capacità di incidere sui mercati e di aumentare il valore percepito di alcune realtà e dei loro vini». Lo farebbero ancora alcuni grandi critici, alcune guide («per quanto io sia antitetico ad esse») e qualche raro comunicatore online. «Io non scrivo per condizionare gli acquisti dei singoli, bensì per condividere esperienze, impressioni e concetti. Se poi ciò che scrivo portano chi mi segue a scegliere di visitare un’azienda, assaggiarne i vini e in alcuni casi buyers italiani e internazionali a “fidarsi” delle mie opinioni per le loro scelte, ben venga. Sembra che ciò sia accaduto spesso negli ultimi 16 anni e non posso che esserne lieto».

Sfumature di wine influencer

Nella classifica che ha fatto tanto discutere sono finiti profili riconducibili a categorie spesso criticate e osteggiate dai comunicatori professionisti del mondo del vino: i wine lover e i (ma più spesso, le) wine angel. «Mi fanno sorridere queste definizioni applicate ad un mondo concreto, pragmatico, faticoso e così intriso di valori professionali e umani come quello del vino. Meglio andare a fondo e comprendere se c’è professionalità ed etica in chi “seguite”». Ma più di ogni altra cosa è alle cantine che Russo si rivolge: «Bisogna fare molta attenzione a chi si affida la comunicazione della propria realtà e a chi si inviano i propri vini, in quanto non c’è cosa più importante – ora più che mai! – della reputazione, tanto difficile da guadagnare e tanto facile da ledere».

Un altro modo di comunicare il vino

Francesco Savero Russo ama definirsi un viaggiatore di territori, una persona appassionata di agronomia e di ampelografia ancor prima che un degustatore, «divenuto esperto solo grazie alle migliaia di occasioni in cui mi sono ritrovato un vino diverso nel calice. Provo a raccontare il vino partendo dalla terra, passando per le storie di chi la calca ogni giorno, per poi arrivare all’identità del liquido che ho la fortuna di assaggiare». Che differenza c’è con le altre figure? «A questa domanda dovrebbero rispondere i vignaioli… Io posso solo dire che vorrei vederne di più in giro per vigne, magari non solo per far finta di vendemmiare per qualche ora o per fare qualche “bello” scatto mentre lanciano il vino per aria…».

Investimenti mirati contro l’incertezza

In un momento di grande fragilità economica e scenari poco rassicuranti, sembra che il mondo del vino stia investendo in comunicazione e visibilità anche attraverso i propri profili social e degustazioni digitali. Eppure secondo Russo bisogna andarci piano. «Per quanto possa sembrare strano detto da chi ha fatto dei social il proprio principale veicolo comunicativo, credo che l’esposizione mediatica di alcune realtà sia addirittura esagerata e che ogni scelta del fare e del non fare, sul web – in cui tutto resta per sempre una volta pubblicato – come in vigna e in cantina, andrebbe ponderata con grande lucidità e con obiettivi chiari». Il primo obiettivo deve essere consolidare e difendere la reputazione, rimanendo presenti sui social, ma mantenendo il pieno controllo della propria comunicazione aziendale. «Ecco perché consiglio di affidarsi a professionisti della comunicazione, delle PR e del social media marketing per avere una visibilità di qualità, che elevi il valore percepito del proprio lavoro e della propria realtà, insieme a quello dei propri vini».

Una comunicazione “di corpo”

Non è un mistero che il ruolo delle donne nel mondo del vino sia ancora oggi troppo marginale. Troppe discriminazioni. Molto scetticismo sulla reale preparazione delle comunicatrici e delle sommelier. «Il mondo del vino è stato considerato per decenni maschilista, ma è palese che negli ultimi lustri le Donne, quelle con la D maiuscola, abbiano dimostrato di poter competere ad ogni livello con i colleghi produttori. Alcune delle realtà che ammiro di più sono guidate da Donne e sempre più spesso mi ritrovo a scrivere di virtuose vignaiole e capaci enologhe. Io non credo che sia una questione di genere. Per di più in termini di comunicazione sono, spesso, molto più forti degli uomini».

Ma nonostante questa “influenza competente”, ciò che preoccupa Russo è il messaggio che alcune “pseudo-blogger” stanno facendo passare sui social, ovvero quello in cui la donna che comunica il vino debba utilizzare il proprio corpo e pose ammiccanti per raccogliere il consenso di un più vasto pubblico. «Non sono bigotto e credo che ognuno sia liberissimo di esporsi come meglio crede, ma mi rammarica tutto ciò che si dimostra lesivo nei confronti del vino in senso stretto e in senso lato. Ammiro di più le vignaiole che si fanno il mazzo e mostrano il proprio lavoro senza badare troppo al make up e all’acconciatura, lasciando i tacchi a spillo e i vestiti da sera per le serate no-social».

Il wine communicator del futuro

Se si ha voglia di diventare un comunicatore del vino, il primo passo da fare secondo Russo è di partire dai fondamentali enoici e poi di maturare esperienza sul campo. Inoltre, non ci sono account da seguire più di altri: meglio farsi guidare dal proprio istinto e seguire i blogger e i comunicatori più affino al proprio modo di vedere e sentire il vino. «In Italia e all’estero esistono svariati wine blog e siti di informazione enoica ai quali riferirsi per accrescere la propria conoscenza. Credo, però, che sia necessario – oggi più che mai – un ritorno alle figure di grande autorevolezza, ai mentori e non ai guru. Io ho avuto la fortuna di incontrarne alcuni, che dapprima hanno alimentato la mia passione e in seconda battuta mi hanno formato nella sapere e nell’animo». C’è dunque una “ricetta Russo” per diventare un comunicatore del vino? No, ma c’è un principio fondamentale per raccontare questa antica bevanda e tutto il suo universo in modo efficace: l’etica. «Dubito, però, che sarà una peculiarità dei comunicatori enoici del futuro che, a quanto pare, stanno prendendo una deriva che va sempre più verso il marketing. Io continuo a sperare e mi rendo ancora una volta disponibile a condividere visioni, pensieri ed esperienze con chi vorrà confrontarsi con me».

 

 

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