Dopo aver incassato la fiducia ieri sera alla Camera con 321 sì, sei in più della maggioranza assoluta grazie al supporto dell’ex di Forza Italia Renata Polverini e di sette ex cinque Stelle del Gruppo Misto, questa mattina per il premier Giuseppe Conte si tiene il test più difficile da superare, quello della prova della fiducia al Senato.
Il discorso di Conte
Il discorso del premier, incentrato sull’appello ai volenterosi contro i sovranisti, è stato modificato solo in parte rispetto a quello di ieri, sottolineando l’attacco a Matteo Renzi senza però mai nominarlo. Conte ha ricordato di essere stato accusato di «immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e non avere capacità di decidere». E ha aggiunto: «È complicato governare con chi dissemina mine sul percorso comune» della maggioranza. Da qui, ha ripetuto nell’aula di Palazzo Madama, la necessità di «voltare pagina» verso un «governo coeso», ma senza possibilità di tornare indietro dopo il «grave gesto di irresponsabilità che ci ha precipitato in questa condizione di oggettiva incertezza».
«Abbiamo l’urgenza di fare politica», ha detto Conte, «perché solo la politica permette di superare il malessere della società, rendendolo addirittura un elemento produttivo, fattore di avanzamento della popolazione». E ancora: «Spetta a noi mettere in forma politica la volontà da parte di tutti di esprimere le proprie potenzialità. Questo governo intende perseguire un progetto politico chiaro e preciso».
Il premier ha ribadito l’intenzione di andare verso una legge elettorale di stampo proporzionale, perché «il maggioritario creerebbe instabilità». Poi l’appello replicato anche al Senato alle forze politiche volenterose contro le «derive nazionaliste e sovraniste»: «Sarebbe un arricchimento per questa alleanza poter acquisire contributo politico di formazioni che si collocano nel solco delle tradizioni europeiste». «Chiediamo un appoggio limpido e trasparente che si fondi sulla adesione a un progetto politico», ha detto. «I numeri sono importanti e oggi lo sono in modo particolare, ma ancora più importante è la qualità del progetto politico. E noi chiediamo a tutte le forze politiche che hanno a cuore il destino dell’Italia “Aiutateci a ripartire con la massima celerità”».
Conte ha replicato anche alle critiche arrivate ieri dalla Camera sulle opere individuate nel dl semplificazioni rimaste bloccate. «La lista dei commissari c’è», ha detto. Ma «nel 2020 gli appalti sono cresciuti».
Il dibattito in aula
«Lei ha avuto paura di salire al Quirinale», ha detto Matteo Renzi nel suo intervento, rivolgendosi a Conte. «Pensiamo che per la drammaticità della pandemia ci sia bisogno di un governo più forte. Non pensiamo che possa bastare la narrazione politica del “gli altri Paesi ci copiano, siamo un modello”». Il leader di Italia Viva ha elencato le continue richieste dei mesi passati di «un cambio di passo» nel governo: «Sono mesi che vi chiediamo una svolta. Siamo stati fin troppo pazienti. Questo è il momento per guardarsi dentro e decidere. Questo è il momento opportuno, perché ora o mai più si può fare la discussione. Ora ci giochiamo il futuro, non fra sei mesi».
Renzi ha ricordato che Conte gli ha chiesto se fosse «interessato a incarichi internazionali e io ho detto di no». «Gli incarichi passano, le opportunità mai più. Ecco perché le chiedo di fare un passo in più, non trasformi la crisi in una mera distribuzione di incarichi», ha detto il leader di Italia Viva. «Dovreste avere rispetto per chi abbandona una poltrona in cambio di una idea», ha aggiunto poi riferendosi ai tre esponenti di Italia Viva che si sono dimessi dall’esecutivo.
E invece, ha spiegato Renzi, «lei presidente ha fatto l’opposto: ha cambiato la terza maggioranza in tre anni pur di restare dov’è. Ha firmato i decreti Salvini, quota cento, poi è diventato europeista. Però ci risparmi la frase “l’agenda Biden è la mia agenda… Non può dire che è antisovranista se ha detto che sovranismo è nella Costituzione… Non può cambiare le idee per mantenere la poltrona». E ha concluso: «Per noi a differenza di altri la politica non è cambiare le idee per mantenere la stessa poltrona».
Intanto, sue senatori, Pier Ferdinando Casini del gruppo Per le Autonomie e il senatore a vita Mario Monti, hanno annunciato che voteranno la fiducia. Anche Tommaso Cerno, che aveva lasciato il Pd per passare al Misto, ha fatto sapere all’Ansa che tornerà nel Partito democratico e darà la fiducia.
Terminato il dibattito, ci sarà l’eventuale replica del premier. Poi le dichiarazioni di voto e la chiama dei senatori per la votazione. Infine il risultato finale della fiducia intorno alle 20.30. Mai numeri sono ancora risicati e l’obiettivo di 161 sì sembra ancora distante.