«Perché nasce Linkiesta, quotidiano senza carta», era il titolo di apertura con cui andava online questo giornale il 31 gennaio 2011, dieci anni fa. Dieci anni dopo, Linkiesta non solo è diventato anche un giornale di carta con tre dorsi tematici (che diventeranno presto quattro) ma nell’anno orribile del Covid, ha sconfinato nella letteratura – con la rivista K, curata da Nadia Terranova – e realizzato insieme al New York Times un nuovo magazine.
E in dieci anni ne sono cambiate di cose: redazioni, giornalisti, firme, direttori, grafica del sito, logo della testata, font degli articoli, colori e nomi dei canali. Quello che non è cambiato è la voglia di sperimentare e innovare nel difficile mondo dell’editoria, facendo ogni giorno i conti con costi e ricavi, con idee e ispirazioni, con tattiche e strategie. Alla ricerca di un modello di business in un universo in continua evoluzione.
Nel 2011, mentre le copie vendute dei giornali crollavano ma in tanti ancora snobbavano l’informazione digitale, Linkiesta nasceva come giornale solo online. Con una squadra di giornalisti giovanissimi e l’obiettivo di dimostrare che anche al di fuori della carta si potesse fare informazione di qualità, mettendo insieme approfondimenti, inchieste, analisi e infografiche. Un’informazione diversa: orgogliosa e arrembante nello stile, umile e attenta nel presentare sempre punti di vista nuovi e originali. Insomma, cose che nessuno faceva.
Il tutto, con una formula societaria inedita, la public company. Erano 80 soci e nessun padrone. Prima ci aveva provato, sulla carta, un certo Indro Montanelli con La Voce, ma non era andata proprio bene.
Dieci anni dopo, tra alti e bassi, Linkiesta è ancora qui. Grazie ai lettori, che sono cresciuti e ci hanno accompagnato ogni giorno, non facendoci mancare attestati di stima e critiche taglienti. E soprattutto grazie ai soci di questo giornale, che hanno sempre creduto nel progetto, tra gioie e dolori. Due degli storici fondatori del giornale, Guido Roberto Vitale e Alfredo Scotti, ci hanno lasciato prematuramente: due menti illuminate, appassionate e coraggiose che avevano accettato la sfida dell’informazione online, fornendoci continuo sostegno e suggerimenti.
Del resto, sarebbe un guaio se fossimo rimasti quelli di dieci anni fa. Nel settore dell’informazione la sfida è sempre più ardua: il mondo è cambiato, l’assetto economico globale anche. È arrivata anche la pandemia che ha accelerato tutto. Una situazione che, con la pubblicità a picco, consiglierebbe prudenza.
E invece Linkiesta è andata controcorrente: moltiplicando le testate, creando dorsi come Europea, Gastronomika, Il lavoro che verrà e Greenkiesta, lanciando il Club degli amici (iscrivetevi!), producendo newsletter e podcast, costruendo il pilastro dell’informazione live con il Festival. Cambiando insieme al mondo che cambia, provando ad anticiparlo Perché se gli altri si concentrano sul “quando” finirà la battaglia contro il Covid, Linkiesta preferisce indagare “come” sarà il mondo dopo questo shock.
Potremmo raccontarne di aneddoti di questi dieci anni, dalle telefonate dei politici furiosi per i nostri pezzi – scambiate immancabilmente per scherzi telefonici – alle notti deliranti in redazione per le maratone elettorali. Queste storie, concedetecelo, ce le teniamo per noi. Tutto il resto, invece, continueremo a raccontarvelo.