Le sfide di BruxellesSassoli dice che l’arrivo di Draghi servirà all’Italia, ma anche all’Europa

Il presidente del Parlamento europeo spiega al Corriere che bisogna cominciare a discutere subito di un nuovo Patto di stabilità ed evitare le procedure di infrazione per deficit eccessivo. Al momento rischiano 25 Paesi ed entro sei mesi potrebbero arrivare sanzioni pesanti

(Francois Lenoir, Pool Photo via AP)

«Non avevo dubbi sulla soluzione della crisi. Avevo avvertito tutti gli interlocutori a Bruxelles che si sarebbe risolta con una chiara impostazione europeista». Lo dice il presidente del Parlamento europeo David Sassoli in un’intervista al Corriere dopo la fiducia ottenuta dal governo Draghi anche alla Camera. «L’Italia è una compagna di viaggio imprescindibile, il governo Conte è stato protagonista nel portare a casa e impostare il Recovery Fund e il governo Draghi si è assunto il compito di arricchire il piano di ripresa nazionale, produrre le riforme indispensabili e indicare gli investimenti necessari per attuarlo. Con formule diverse, vi è continuità nel riferimento all’Europa e la stabilità dell’Italia è un bene prezioso per tutti».

Così, secondo Sassoli, «l’Italia conferma e prosegue la scelta europeista. E lo fa con l’autorevolezza del presidente Draghi. È bene che il nuovo governo sia arrivato, perché l’Italia non poteva permettersi di aggiungere un lockdown politico a quello sanitario».

Certo, aggiunge l’esponente del Pd, «non avevamo bisogno della crisi del governo Conte, ma per com’è stata risolta dobbiamo essere grati al presidente Mattarella. Questo governo prende su di sé un carico enorme e consentirà di arrivare alla fine della legislatura con una ripresa di autorevolezza del sistema politico e con un rinnovamento dei partiti. Se oggi parliamo di tregua è per riprendere slancio».

Ma – come affermato anche dallo stesso Draghi nel suo discorso programmatico – anche secondo Sassoli «non siamo alla morte della politica ma a un cambio di fase. Nessuno deve rinunciare ai propri valori, se il nuovo governo porterà il sistema politico a un riconoscimento pieno dell’importanza della cornice europea, ciò significherà aver fatto un buon lavoro. L’europeismo è il riconoscimento di un ordine legittimo accettato da tutti nella consapevolezza che le soluzioni si trovano all’interno di questo sistema, non cercando di rovesciarlo come vorrebbero i nazionalisti. E tutte le sfide davanti ai nostri Paesi possono trovare soluzioni con un’Europa più forte».

Ora, sul Recovery Plan, «occorre fare in fretta. I piani devono essere presentati ad aprile e serve che i Parlamenti nazionali si sbrighino a ratificare l’aumento delle risorse proprie necessarie a garantire l’emissione dei bond per finanziare il Next generation Eu. Finora lo hanno fatto solo 8 parlamenti su 27, l’Italia è in dirittura d’arrivo».

L’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi «servirà sia all’Italia che all’Europa», scommette Sassoli. «Dobbiamo cominciare a discutere subito del Patto di stabilità e crescita: possiamo permetterci che torni quello di prima alla fine di quest’anno con il Recovery appena partito? Potrebbe uccidere la ripresa. I dati della Commissione ci dicono che anche nel 2022 non torneremo alle condizioni pre-Covid. È una decisione che va presa rapidamente perché presto i governi dovranno presentare i loro bilanci per l’anno prossimo. Un altro tema è quello delle procedure per deficit eccessivo: dobbiamo evitarle. Al momento ben 25 Paesi rischiano di essere soggetti a procedure e in caso di mancato rispetto delle raccomandazioni della Commissione, entro sei mesi potrebbero arrivare sanzioni pesanti. Possiamo consentirlo? No, aggiungeremmo tragedia alla crisi. Ecco perché sono certo che lo sguardo di Draghi sarà utile all’Unione per fare le scelte giuste». Il rafforzamento dell’Unione «deve vedere l’Italia molto coinvolta e in prima fila».

Sulla conversione europeista della Lega, dice: «Si può comprendere un certo grado di diffidenza, da parte dell’opinione pubblica, rispetto alla repentinità delle scelte e alla mancanza di dibattito per spiegarne le ragioni. In questo momento compito delle classi dirigenti è far capire la complessità di una politica. La sfida non è sugli assetti ma sui risultati. Penso che il ritmo del nuovo governo farà chiarezza anche su questo». E sui Cinque Stelle: «Bisogna riconoscere a Beppe Grillo di aver portato il movimento ad assumersi responsabilità verso il Paese, proponendosi con senso della misura e delle compatibilità. Non era scontato. Tutto questo ha un riflesso anche a Bruxelles naturalmente».

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