La bozza del decreto per far nascere il superministero della Transizione ecologica guidato dal fisico Roberto Cingolani è a buon punto, ma quando c’è di mezzo la burocrazia l’esito non è scontato – scrive La Stampa. Il progetto, già sperimentato in Francia e Spagna, è quello di accorpare in un solo dicastero le competenze su ambiente, energia e trasporto nelle città.
I Cinque Stelle, che hanno chiesto la costituzione del ministero, avrebbero voluto affidarlo a uno dei loro fedelissimi. Ma Draghi ha preferito Cingolani. La Stampa racconta che l’ex direttore dell’Istituto italiano di tecnologia e fino a pochi giorni fa direttore della ricerca a Leonardo sarebbe piuttosto preoccupato.
Cingolani dovrebbe essere il coordinatore operativo dei progetti del Recovery Plan, i cui fondi sono destinati in gran parte (37%) proprio alla transizione verde. Il fisico si è messo al lavoro per costruire la nuova struttura, non senza difficoltà. Ma due colleghi, Giancarlo Giorgetti (ministro dello Sviluppo economico, leghista) ed Enrico Giovannini (ministro tecnico delle Infrastrutture) dovranno cedere molte deleghe. Oltre che la gestione di molti progetti del Recovery Plan. E non mancano le resistenze.
Il titolo del decreto è «schema di articolazione delle competenze del ministero dello Sviluppo (Mise) da trasferire alla Transizione ecologica (Mite)». Al nuovo ministero «sono trasferite le funzioni esercitate dal ministero dello Sviluppo economico in materia di politica energetica, ferme restando le competenze in materia di liberalizzazione e concorrenza dei mercati e sicurezza degli approvvigionamenti di energia».
Questo significa anche, spiega La Stampa, che una parte del personale della sede centrale del Mise di via Veneto dovrebbe traslocare sulla via Cristoforo Colombo. E malumori a parte, ci sono poi alcuni dettagli del trasferimento di funzioni ancora non chiari. Come la vigilanza degli enti controllati, ad esempio: il nuovo ministero di Cingolani dovrebbe supervisionare Enea (nucleare), Gse (incentivi alle fonti rinnovabili) e Sogin (smaltimento delle scorie nucleari), mentre resterebbero a Giorgetti il controllo dell’Acquirente unico (ente di tutela del consumatore e per la gestione delle scorte energetiche) e del Gme (gestione delle piattaforme informatiche).
Sullo smembramento del Mise negli ultimi giorni si sono intensificate le trattative. Giorgetti ha rischiato di perdere anche il capitolo importante delle telecomunicazioni, quello sulle rete unica e il 5G. E alla fine avrebbe chiesto e ottenuto che non finisca al ministero dell’Innovazione tecnologica guidato da Vittorio Colao, che presiederà il Cobul, Comitato interministeriale sulla banda larga.
Al ministero dei Trasporti, poi, la faccenda è ancora più complessa, perché – scrive La Stampa – le resistenze sarebbero anzitutto del nuovo ministro. In questo caso Cingolani assorbirebbe tutta la direzione «mobilità sostenibile» che vale 10 miliardi di investimenti nei prossimi sei anni. Il compromesso fra Cingolani e Giovannini prevedrebbe di mantenere alle Infrastrutture la gestione del trasporto pubblico locale.
Ma anche questa soluzione rischia di complicare le cose, perché i piani regolatori prevedono tre livelli diversi di autorizzazioni. Nel caso in cui le deleghe venissero distribuite tra i due, un ministero (quello di Cingolani) si occuperebbe della pianificazione strategica, a Giovannini resterebbe la vigilanza sulla coerenza di quella pianificazione con i progetti dei grandi Comuni.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha chiesto a tutti collaborazione, perché gran part del successo del Recovery Plan passa da qui.