Un indiano
Al Noor è decisamente la migliore rosticceria indiana della città, con due sedi in zone strategiche (Bocconi e Lambrate): i piatti sono gustosi, arrivano sempre caldi, i prezzi più che corretti. Segnalo un ottimo pollo tandoori, un piccantissimo chicken tikka masala e il sabji khurchan, le verdure miste cotte in una miscela speciale di curry. Un’unica accortezza: aerate il locale dopo avervi mangiato, altrimenti vi sembrerà di vivere a Jaipur – non che in questo momento debba per forza essere una cosa negativa, anzi.
Un hamburger
Se lo dobbiamo fare, facciamolo bene, facciamolo zozzo, facciamolo americano: da Five Guys l’hamburger ve lo componete voi, ché la personalizzazione è una delle colonne portanti di questa catena nata in Virginia nel lontano 1986. 15 condimenti che danno vita a oltre 250mila combinazioni; ottima carne condita e cotta come il dio degli hamburger comanda; pane morbidissimo; patatine in versione sia Classic che Cajun, più croccanti e saporite. Consiglio: divorate il tutto ascoltando Born in the USA del vecchio Bruce.
Un cinese
Ne ho provati tanti, ho superato innumerevoli delusioni, mi sono spesso chiesta quale fosse il dannato problema dei ristoranti cinesi italiani, incredibilmente scarsi nel delivery. Poi ho scoperto il Lon Fon, e ormai da mesi lo ordino almeno una volta a settimana: tra i miei irrinunciabili, i ravioli di carne alla piastra; il pollo Kung Pao; i fagiolini saltati con carne trita e zazai. Dal 1978, alla guida di questo locale storico c’è la famiglia Tsui, che mette parecchio amore in tutto ciò che fa. E la cosa, inutile specificarlo, si sente a ogni morso.
Un pollo arrosto
Non avrò altra rosticceria all’infuori di te, o mio adorato Giannasi. Il suo pollo non ha bisogno di tante spiegazioni o introduzioni: la classica giannasata (intesa come prendere un polletto arrosto con patate, zucca al forno, olive ascolane, mozzarelline e frittini vari e annaffiare il tutto con una bottiglia di Sangiovese) è un’altra irrinunciabile tradizione della mia settimana. Se state già facendo i calcoli e giungendo a conclusioni affrettate, vi risparmio il lavoro: sì, cucino davvero lo stretto necessario, e va bene così.
Una pizza
Apro e chiudo una parentesi: non sono un’amante delle pizze cosiddette “gourmet”, dove per “gourmet” intendo ingredienti molto ricercati, conti esagerati, sensazione di essere stati clamorosamente fregati. La mia unica eccezione è Cocciuto, che non vanta affatto prezzi popolari, ma accidenti che bontà. Tre sedi (via Bergognone, corso Lodi angolo via Passeroni, in via Melzo angolo via Spallanzani) e un sistema di consegne gestito da Uber Eats: se siete tra quelli che nel primo lockdown non si sono dati alla panificazione, qui troverete pizza per i vostri denti.
Una fiorentina
Da anni ormai vado sostenendo che il miglior ristorante di Milano è la Trattoria de la Trebia, che già da un po’, fortunatamente, s’è messa a consegnare a domicilio le sue meravigliose, succulentissime, indimenticabili fiorentine (e non solo loro). Anche tagliate, primi piatti preparati con pasta fresca fatta in casa, l’originale cotoletta alla milanese (semplice o vestita), contorni e antipasti deliziosi che variano (per davvero) a seconda della stagionalità. C’è una tradizione che viene portata avanti dal 1981 dalla famiglia Masciullo, che in un panorama ristorativo spesso dominato dalla fuffa è stata capace di dare un esempio di autenticità e lungimiranza ristorativa: bravi!
Un giapponese
J’s Hiro è un piccolo angolo di Giappone gestito dalla signora Hiromi Arai, che da anni propone una cucina decisamente casalinga: dai più conosciuti sushi e sashimi alle specialità della casa come lo yakimeshi, riso saltato con verdure e aromi, o il kakiage, una frittella di verdure miste in tempura. Da provare le bento box a pranzo; mentre a cena le nasu aghebitashi (melanzane marinate), il Kaisen Donbuti (un chirashi un po’ speciale), il kamayaki di ricciola (la guancia grigliata con salsa ponzu). Arigatou ko sai mas, Hiromi!
Un raviolo
Lo ammetto, all’inizio ero scettica, ma un po’ per noia, un po’ per curiosità, mi sono lasciata tentare. Da Delicious BaoBing fanno «cibi tradizionali cinesi; i piatti sono tutti preparati freschi il giorno stesso» e il cavallo di battaglia è costituito dai ravioli, che si sono rivelati una piacevolissima e inaspettata sorpresa. Un’alternativa economica, sostanziosa e divertente rispetto alla classica cena cinese, da innaffiare regolarmente con diverse Tsingtao ghiacciate. I miei preferiti? I ravioli misti con sugo: giuro che ho fatto pure la scarpetta.
Un ramen
Voi vi chiederete: è possibile far arrivare una zuppa a casa senza rovesciarla, calda come se fosse uscita un minuto prima dalla cucina, perfettamente sigillata ma non per questo difficile da aprire? Per me sarebbe un’impresa titanica, ma i ragazzi di Ramen Station ci riescono benissimo: i loro ramen, poi, sono saporiti ma non pesanti (ergo: non rischiate di diventare delle bombe di brodo); confortanti ma non stucchevoli (tradotto: non arrivate alla fine mezzi disgustati); giustissimi nella porzione (leggi: ci sta anche una porzione di ravioli alla griglia, che sono tra l’altro buonissimi).
Un milanese
Il Barbapedana, a fine Ottocento, era il cantastorie meneghino per eccellenza, che girava per osterie e feste paesane narrando storie e filastrocche: «Barbapedana el gh’aveva on gilèt senza el denanz, con via el dedree; cont i oggioeu longh ona spanna l’era el gilèt del Barbapedana». Ora di certo gira un po’ meno, ma l’omonima intima trattoria tradizionale – El Barbapedana, per l’appunto – vi porta a casa risotti ai funghi porcini, ossibuchi di vitello con risotto alla milanese, rustin negaa, ravioli alla milanese, risotto al salto e una milanesissima costoletta con l’osso. Da sempre una garanzia, pure a domicilio.