La crisi Covid ha segnato una divisione netta tra aziende moribonde e altre invece che crescono a ritmi veloci. E la stessa spaccatura c’è nel mondo del lavoro: giovani e donne restano a casa, mentre gli occupati continuano a crescere quasi soltanto tra gli over 50. Ecco perché, dice alla Stampa Enrico Giovannini – ex presidente dell’Istat ed ex ministro del Lavoro, oggi portavoce dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) – «per affrontare l’emergenza c’è bisogno, per decreto, di una banca dati nazionale degli occupati, dei cassintegrati e dei disoccupati». Un modo per superare la frammentazione del sistema delle politiche del lavoro gestito dalle Regioni.
I dati Istat di dicembre 2020 registrano un nuovo calo di 101mila occupati in un solo mese, di cui 99mila tra le donne. A perdere il lavoro quest’anno sono stati «essenzialmente lavoratori a termine, in grandissima parte giovani e donne, anche quelli il cui contratto scadeva a dicembre», spiega l’ex ministro. «Tipologie di occupati che avevano già pagato il prezzo del lockdown di primavera».
E «l’aumento dei disoccupati a dicembre significa che le imprese hanno scarsa fiducia su una ripresa rapida dell’economia. Lo dicono anche gli ultimi dati di Confindustria: se tutto andrà bene, se la campagna vaccinale procederà spedita, il Pil tornerà a crescere in maniera sostenuta nella seconda metà dell’anno».
Le imprese sembrano ormai divise in tre fasce: il 29% rischia di chiudere, il 46% dice di cavarsela, un altro 26% dichiara di non aver avuto cali di fatturato o di averlo addirittura aumentato. Dopo il blocco generalizzato dei licenziamenti, occorre passare a misure più mirate. «Anche perché la quota dei giovani occupati sull’occupazione totale è molto alta proprio in quel terzo di imprese in difficoltà. Se quelle imprese chiuderanno, l’effetto sull’occupazione giovanile – ma mi aspetto che questo varrebbe anche per le donne – sarebbe molto forte», dice Giovannini.
Cosa serve? La prima cosa, secondo Giovannini, è «disaggregare i dati» e «valutare subito rischi e opportunità nei diversi tipi di imprese e per aree geografiche. Ma per farlo occorre creare subito, magari per decreto, una banca dati unica nazionale degli occupati, dei cassintegrati e dei disoccupati». Cosa che Giovannini tentò di fare senza successo nel 2013. Ma le politiche attive del lavoro restano competenza esclusiva delle Regioni. «Ma così come lo Stato si è imposto nei mesi bui della pandemia per tutelare la salute pubblica ora occorrerebbe farlo per gestire in modo integrato l’emergenza occupazionale, altrettanto grande e dannosa».
Poi «occorre potenziare la “Garanzia Giovani”, prevista dall’Europa anche nel Recovery Plan: entro quattro mesi dall’entrata in disoccupazione o la fine degli studi bisogna offrire loro un’occupazione, uno stage, un corso di formazione» .
«Una parte delle imprese che chiuderanno nei prossimi mesi è gestito da persone di una certa età», spiega Giovannini. «Questa crisi potrebbe trasformarsi in un’enorme occasione per ringiovanire e rinnovare il sistema imprenditoriale. Lo Stato deve rafforzare gli strumenti di sostegno alla nascita di nuove imprese, specialmente per i giovani e per le donne».