«Non voglio coprirmi dietro la scelta di altri Paesi», dice il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini in un’intervista al Corriere. «Però, ad oggi, teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo. Ma siccome l’Italia è l’Italia vorrei che fossimo i primi a riaprire. L’operazione va fatta non con i proclami né con gli annunci ma per passi possibili».
Il ministro, passato come uno degli esponenti “rigoristi” del governo Conte due, dice che «in questi mesi abbiamo capito che i luoghi più pericolosi sono quelli dove ti togli la mascherina: ristoranti, bar, case private. Nei teatri e nei cinema, già nella riapertura estiva, c’erano misure di sicurezza molto rigide che si sono rivelate efficienti: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali».
Ecco perché, spiega, «ho chiesto al Comitato tecnico-scientifico un incontro urgente per proporre le misure di sicurezza integrative su cui stanno lavorando le organizzazioni di categorie e che mi consegneranno domani (oggi per chi legge, ndr). Potrebbero essere i biglietti nominativi, la tracciabilità delle persone, le mascherine Ffp2. Mi confronterò poi collegialmente col governo, perché non sono certo io a decidere da solo, e col Cts per individuare tempi e modalità. Però penso che teatri e cinema, con severe e adeguate misure, siano più sicuri di altri locali già aperti oggi. E credo che l’Italia, più di altri Paesi, abbia bisogno come l’ossigeno di tornare ad avere un’offerta culturale. Lo ha detto bene il presidente Draghi. Le città italiane senza teatri e cinema e le piazze senza musica sono più tristi: così l’Italia non è l’Italia. Come è stata fatta un’eccezione per le librerie, inserite tra i primi servizi a riaprire per una evidente ragione culturale, spero si possa fare lo stesso ragionamento per i luoghi dello spettacolo».
Per quanto riguarda i musei aperti nelle zone gialle, ma chiusi nei weekend, Franceschini ammette che è un «tema che dovremo affrontare: nei fine settimana ci potrebbero essere problemi di affollamento, come si è visto ai Musei Vaticani. Stiamo ragionando perché progressivamente, nelle condizioni di massima sicurezza, si vada alla riapertura di tutti i luoghi della cultura».
Intanto, i dati per lo spettacolo sono drammatici, come testimonia la Siae: nel 2020 il 70% di eventi in meno, un calo degli ingressi del 72,90%. Franceschini spiega che per il nuovo decreto ristori sta riproponendo «in modo consistente» gli interventi a sostegno del settore: «Finché non lavorano, occorre sostenere gli operatori del settore al di là del tipo di contratto che avevano. Ma ora bisogna ragionare della riapertura».