Si può fotografare la musica? È possibile evocare le melodie con i chiariscuri, o sciogliere il ritmo nelle geometrie di un’immagine? La risposta è nel volume “Keith Jarrett, A Portrait” (edizione Seipersei) del fotografo ravennate Roberto Masotti.
Un lungo ritratto retrospettivo di 112 pagine, una serie di scatti in cui, spiega, «si gioca decisamente sulla presenza, quella del corpo e dello strumento, che compaiono nell’immagine».
Il corpo è quello del celebre pianista Keith Jarrett, (che da qualche tempo non può più suonare a causa di un ictus), ripreso in varie pose, situazioni, attimi e ispirazioni.
Sfogliando il volume, lo si ritrova nei silenzi delle prove del Quartetto Americano. Oppure seduto in poltrona pensoso, accanto a una finestra di luce. Oppure ancora, eccolo di nuovo mentre ascolta, crea e suona.
Il gioco delle luci, l’intensità del movimento che viene colto, la distanza dell’angolo in cui è situato il pianoforte: tutto viene a suggerire quelle rarefatte linee sonore delle sue esecuzioni, sempre accennate, serbate e contenute, che affondano in improvvise meraviglie e deflagrazioni.
Il libro è insomma un mosaico di vedute e momenti, una storia lunga 65 anni passati al pianoforte. Negli scatti l’artista cede, si concede. E a volte sorride.