«Stiamo lavorando per avere un governo forte. E pur nel fuoco della crisi, stiamo difendendo le nostre alleanze. Ora, magari, non sembra rilevante: ma lo vedremo in primavera, quando andranno al voto le più importanti città del Paese. Assieme a Cinque stelle e Leu – e aprendoci a forze dell’area liberale e moderata, forze civiche e ambientaliste, associazioni – saremo competitivi ovunque. Ferme restando, naturalmente, le scelte di ogni città».
Il programma del segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti, illustrato in una intervista alla Stampa, guarda già avanti alla prossima tornata elettorale amministrativa, con il voto a Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna. «Saremo competitivi. E possiamo vincere», dice.
Intanto ci sarebbe un governo da fare. «Mario Draghi ha appena iniziato, è una nuova e grande chance per l’Italia: non sarà perduta», assicura. «Noi stiamo tenendo i nervi saldi, per difendere un’area parlamentare e di governo molto ampia: 157 senatori e 321 deputati, unico vero argine al ritorno indietro verso derive sovraniste, antieuropee e illiberali».
E Salvini? Il Pd, non porrà veti al presidente incaricato? «Abbiamo rispetto e stima di Mario Draghi. Ci fidiamo», risponde. Quindi se la Lega cambiasse posizione e si dicesse disponibile a sostenere Draghi, per il Pd non sarebbe un problema? «Noi porteremo a Draghi le nostre proposte, appena discusse in Direzione. Al primo punto c’è il tema di un forte ancoraggio all’Europa. La Lega è d’accordo? Poi proporremo una riforma del fisco che non intacchi il principio di progressività, altro che flat tax: la Lega è d’accordo? Potrei continuare, mi pare che ci si trovi di fronte a due forze chiaramente alternative…».
Siamo ben oltre il «mai con i sovranisti», però. «Ogni fase politica ha le sue regole», spiega Zingaretti. «Quando vedremo Draghi ricapitoleremo: e se la Lega si dicesse pronta a entrare in un governo europeista, con un programma europeista e guidato dall’ex Presidente della Banca centrale europea, ne parleremo. Ma lei ci crede? Discuterne adesso non ha gran senso».
E Renzi? «Il vero obiettivo di Renzi – attraverso l’attacco a Conte – era l’alleanza da noi siglata con LeU e Cinquestelle. Quell’alleanza ha tolto ossigeno e spazio al suo progetto politico: doveva fare qualcosa. Ha fatto la cosa peggiore: ha mandato tutto all’aria».
Poi difende Conte e i Cinque Stelle: «Abbiamo difeso Conte perché l’attacco era ingiusto ed era anche contro di noi. Non permetterò che si liquidi un patrimonio di risultati acquisiti, primo fra tutti la ricollocazione dell’Italia in Europa. È un patrimonio che non dobbiamo disperdere ma anzi allargare a sensibilità moderate, liberali e socialiste. Questa è la scommessa di queste ore. E per questo l’alleanza che ha sostenuto Conte non deve aver paura di sostenere il tentativo del professor Draghi».
Anche perché, ammette, «noi non possiamo tornare alla solitudine del 2018, che portò alla più grave sconfitta elettorale della nostra storia. Dobbiamo andare convintamente avanti. E le tre forze che compongono la nostra alleanza, anzi, devono aprirsi ulteriormente e allargare la propria influenza».
Così, scommette, alle amministrative «possiamo competere ovunque. Anzi: possiamo vincere ovunque». Ma nessun sostegno a Virginia Raggi per Roma.