Il nuovo Recovery PlanCabina di regia al ministero del Tesoro e piano da rafforzare

Bocciata la struttura di governance che voleva Conte, Draghi ha annunciato che la gestione dei 209 miliardi in arrivo dall’Europa sarà nelle mani del Mef di Daniele Franco, che dovrà «approfondire e completare» il documento con Cingolani e Colao

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

«Approfondire e completare la gran mole di lavoro» fatta dal governo Conte sul Next Generation Eu. Mario Draghi, nel suo discorso programmatico, ha riconosciuto al suo predecessore il lavoro fatto sul Recovery Plan, ma ha già annunciato grandi cambiamenti.

A partire proprio dalla governance, tema sul quale era esplosa la crisi di governo. Sarà «incardinata nel ministero dell’Economia», ha detto, «con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore». La struttura ideata da Giuseppe Conte, con la cabina di regia politica, i super manager e i 300 tecnici alle dipendenze di Palazzo Chigi, finisce quindi definitivamente in soffitta.

Il coordinamento, sul modello del Recovery Francese, sarà nelle mani del ministro dell’Economia Daniele Franco. Che si potrà avvalere della unità di missione già istituita con la legge di bilancio presso la Ragioneria generale dello Stato. Gli altri due ministeri protagonisti saranno sicuramente quello dell’Ambiente, guidato da Cingolani, e della Innovazione, guidato da Colao. Tutti ministeri tecnici.

Il Parlamento, ha assicurato Draghi, «verrà costantemente informato». Sul testo, che in questi giorni è all’esame delle Camere, Draghi aspetta appunto gli orientamenti in arrivo dalle Camere «che saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale».

La struttura del documento manterrà le sei missioni individuate dal precedente esecutivo, con la possibilità però di snellirle e riaccorparle. Ma serviranno revisioni forti dal punto di vista metodologico. La prima riguarda la necessità di un approccio «trasversale, sinergico sul principio dei co-benefici», senza progetti spezzettati dunque.

La seconda revisione punta invece all’orizzonte temporale, che dovrà essere allungato: il 2026 sarà solo una tappa intermedia e gli obiettivi dovranno avere la lungimiranza di guardare più lontano, anche al 2030 e al 2050.

Il leghista Giorgetti dal Mise ha già fatto filtrare però la necessità di coinvolgere anche Regioni e sindaci. I Cinque Stelle ingoiano il boccone amaro. Applaudono invece alla decisione della governance incentrata al Mef sia Italia Viva sia il Pd. Per i Dem è un riconoscimento del lavoro fatto da Roberto Gualtieri.

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