Pd al femminileMarcucci lascia il posto a Simona Malpezzi, ma dice che il metodo resta sbagliato

Oggi l’elezione della nuova presidente donna del gruppo dem al Senato, come chiesto da Enrico Letta. Ma, spiega il senatore, «la questione di genere non si risolve dicendo che il partito rimane in mano agli uomini, il governo ha tutti ministri uomini e quindi alle donne si danno i gruppi parlamentari»

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, alla fine ha accettato di rimettere il suo mandato e lasciare il posto a una donna come chiesto dal segretario Enrico Letta. E oggi il gruppo dem a Palazzo Madama dovrebbe eleggere alla presidenza Simona Malpezzi. Ma, dice Marcucci in un’intervista al Corriere, il metodo resta sbagliato.

«La questione di genere non si risolve dicendo che il partito rimane in mano agli uomini, il governo ha tutti ministri uomini e quindi alle donne si danno i gruppi parlamentari», dice Marcucci. «Non è un modo corretto di approccio alla parità di genere. Credo che si debba essere coerenti, conseguenti e uniformi su tutti i fronti. Detto questo, c’è il valore simbolico di alcuni gesti, perciò ho fatto un passo indietro. Non ho subìto diktat da parte di nessuno perché ritengo che l’autonomia sia sacra, perciò abbiamo lavorato all’interno del gruppo su una candidatura che fosse espressione delle sensibilità più rappresentate tra i senatori e abbiamo scelto un nome autorevole, che non fosse dettato dall’esterno, come quello di Simona Malpezzi».

La decisione di Marcucci, indicato come rappresentante dei renziani nel Pd, è arrivata dopo l’incontro di 40 minuti di martedì con Enrico Letta. Ma il senatore parla anche di attacchi «strumentali e organizzati» degli ultimi giorni. Del resto, dice, «nel Pd c’è chi ha teorizzato che l’area riformista, liberale e progressista non dovesse essere rappresentata internamente ma dovesse essere rappresentata da Italia viva. Goffredo Bettini lo ha teorizzato e magari non lo ha fatto a titolo personale. Io penso, al contrario, che il posto dell’area riformista sia il Pd. Chi mi accusava di essere troppo amico di Renzi in realtà ce l’aveva con i riformisti e con chi li rappresenta avendo l’idea di un Pd che guarda indietro al Pds».

Da oggi, dice, «farò il senatore come ho sempre fatto, con grande libertà e lealtà». Ma non si toglierà alcun sassolino dalle scarpe: «Sassolini assolutamente no, ma porterò avanti le mie battaglie all’interno del Partito democratico, senza fare sconti a nessuno come ho sempre fatto. Mi impegnerò molto di più in termini politici per rafforzare le istanze liberal-democratiche e riformiste, attività che necessariamente ho dovuto moderare avendo un ruolo nel quale rappresentavo tutti».