È sempre doveroso fare l’esercizio di aprire la mente, unico atteggiamento propedeutico ad avere una visione attenta e lungimirante, a recepire le diverse prospettive da cui guardare la medesima cosa, cogliendone significati e sfumature. Spunti di riflessione per non limitarsi a se stessi e al proprio sentire, ma per ampliare la visuale e avere lucidità nel percepire. Questo il senso dell’iniziativa nata dalla collaborazione tra I Love Italian Food e Linkiesta Gastronomika, già al secondo appuntamento online. Un palcoscenico virtuale dove ospitare le preziose testimonianze di chef e imprenditori esponenti della cultura gastronomica italiana, che lavorano nelle più disparate parti del pianeta e che si mettono a disposizione per raccontare il loro oggi.
Fabio Nompleggio vive e lavora a Hong Kong e apre le danze raccontando come si stia affrontando la pandemia nel continente asiatico. Trasferitosi a Hong Kong per dare inizio a un nuovo progetto legato alla ristorazione italiana, evidenzia come, rispetto alla Cina, Hong Kong sia una realtà più internazionale, aperta all’incontro di diverse culture gastronomiche una piazza importante e con una disponibilità di prodotti eccellente. Certo è complesso dar vita a una nuova attività nell’era del virus, anche se alle spalle c’è una realtà molto solida, tra i conti da far quadrare, un lancio ridimensionato. In questo periodo si è scoperta la presenza di una clientela più locale, attenta e prudente, che cerca una cucina ben eseguita, meno concettuale e più rassicurante. Ad Hong Kong un lockdown non c’è mai stato, non per come siamo abituati ad intenderlo noi. Regole da rispettare, buon senso della popolazione e governi che tutelano, queste le misure messe in campo, che, insieme a un po’ di fortuna, hanno aiutato a non entrare nel meccanismo di continue aperture e chiusure, così impattanti per il mondo della ristorazione. Fino al Capodanno cinese le norme sono state più restringenti, poi è stata approvata la riapertura anche a cena, con tavoli da massimo 4 persone. Eventi mancati a parte, si può definire una situazione quasi normale. L’attività di Nompleggio nasce come un Wellness Restaurant, per poi evolvere verso un progetto di cucina mediterranea, in cui l’Italia ha un ruolo dominante (olio EVO, pomodoro, formaggi freschi) ma che abbraccia la cultura sud europea in senso più ampio, con piatti tradizionali che creano un ponte virtuale tra una una taverna greca a un ristorante su una spiaggia sicula.
Secondo round, ci spostiamo negli Emirati Arabi, a Dubai, da dove giunge la voce di Luca Tresoldi, prima a capo di The Artisan by Enoteca Pinchiorri e dall’anno scorso, a seguito chiusura e cambio di proprietà, alla testa del nuovo The Artisan. Dubai a Marzo 2020 è stata profondamente colpita dal Covid e, di conseguenza, ha subito un lockdown duro di tre mesi, che ha imposto la chiusura di tutte le attività, ristorative e non. In questa situazione il delivery ha conosciuto una grande spinta e ha guidato alla notorietà The Artisan, specializzato nella pizza, un alimento che piace molto e che ben si presta al trasporto. Si lavora sul packaging, sul geo-marketing, sulla diffusione social, il successo arriva già durante il lockdown e alla riapertura, l’affluenza è massima. Luca punta tutto sulla qualità del prodotto, l’eccellenza dell’impasto e degli ingredienti, creando un tratto identificativo molto apprezzato. L’anno, in controtendenza con molte altre realtà, è stato il più produttivo di sempre, grazie a un insolito periodo estivo, che gran parte della popolazione locale ha scelto di trascorrere in città, usufruendo di tutti i servizi disponibili. L’inizio del 2021, però, ha registrato una crescita dei contagi anche a Dubai – dovuta probabilmente all’afflusso turistico – e l’aggravarsi della situazione sanitaria ha reso necessarie nuove restrizioni: distanze di 3 metri tra una sedia e l’altra, eliminazione della musica e massimo 7 commensali per tavolo. Le persone escono meno, il clima è di incertezza. Non ci sarà un nuovo lockdown, che metterebbe a serio rischio la tenuta economica del paese, ma sicuramente l’atmosfera è cambiata. Quello che non cambia, fortunatamente, è la filosofia di Luca in cucina, la scelta di esprimere italianità attraverso prodotti di eccellenza (olio EVO, aceto balsamico, Parmigiano Reggiano), importati dall’Italia e acquistati da produttori di fiducia, a garanzia di un risultato ottimo. Tresoldi gioca sulla tradizione, con un tocco di particolarità per creare piatti innovativi. Negli ultimi anni la ristorazione italiana ha raggiunto livelli molto alti a Dubai, sia per la qualità che per la fedeltà alla tradizione e le opportunità sono enormi. Professionalmente parlando, Luca confessa che non vorrebbe essere da nessuna altra parte.
L’ottimismo di questa visione introduce una situazione più complessa, quella della capitale francese, da dove parlano Massimo Mori, imprenditore e ristoratore, che ormai da 23 anni cura la linea del ristorante Armani di Parigi ed è titolare del Mori Venice Bar, e Massimo Tringali, chef del ristorante Armani. La situazione francese è molto compromessa: il coprifuoco è fissato alle 18.00, i locali sono chiusi ormai da Ottobre 2020 ed è difficile immaginare una riapertura prima della fine di Aprile. Lo sforzo è stato quello di stare vicino alla clientela, con un asporto intelligente che proponesse solo i piatti idonei a questo tipo di erogazione. Mori è un illustre portavoce del mondo ristorativo e mantiene un contatto stretto con molti chef italiani, per valutare costantemente la situazione. In Francia sono previsti meno aiuti per le aziende, mentre vengono tutelati i dipendenti, con una soluzione simile alla nostra cassa integrazione. I ristori per le imprese sono pochi, ma viene erogato un prestito dello Stato garantito, sono sospese le imposte e alcune spese vive quali luce e gas, mentre gli affitti sono congelati. Tutto nell’ottica di garantire alle aziende solide la possibilità di guardare al futuro.
Tutto questo, però, non ha modificato la missione di Mori o la sua dedizione verso i prodotti e i piatti italiani, che è deciso a introdurre stabilmente a Parigi, con una ricerca maniacale della materia prima e di chicche d’eccellenza da far conoscere alla clientela. Una passione che condivide con lo chef Massimo Tringali, che ha raggiunto l’arduo traguardo di diventare unico chef stellato incoronato dalla Rossa, da italiano che fa cucina italiana a Parigi. Siciliano di origine, conosce Mori nel 2016 ed entra subito in sintonia con lui. Il segreto della sua cucina è la semplicità, basata sull’utilizzo di prodotti d’eccellenza, di cui la nostra penisola è così ricca. Sorprendere con semplicità, questa la sua missione, rimanendo fedele all’italianità e allo studio della biodiversità, fiore all’occhiello della sua proposta. Nei piatti vuole offrire un biglietto per l’Italia, andata e ritorno, per far vivere un’esperienza gastronomica unica.
Emozione pura quella che scaturisce dalla passione e dall’energia che animano il loro racconto.
Michele Casadei Massari è la voce di New York. Romagnolo di origini, bolognese d’adozione e poi cittadino del mondo, fino all’approdo nella Grande Mela, dove oggi possiede cinque locali. Un vero guerriero, che ogni giorno lavora per portare l’autentica cucina italiana negli Stati Uniti. Partito dai caffè e street food, ha raggiunto traguardi estremamente ambiziosi attraverso lo studio continuo. È convinto che, in questo periodo così difficile, gli chef dovrebbero più che mai rimanere centrati su se stessi, sulla loro professione, su quello che anima il loro mestiere, inutile entrare in polemiche sterili sulle regole da adottare, se siano giuste, sbagliate. Gli Stati Uniti sono immensi, racconta, ed è normale che ci siano regole differenti a seconda di dove ci si trovi, anche in funzione della densità di popolazione. Il modo migliore di ragionare sulle regole è quello di seguirle, per evitare di creare inutile confusione. Il tema fondamentale è la concentrazione. Oggi a New York gli aiuti ci sono, i fondi vengono erogati sia per le aziende che per i dipendenti e questo rassicura il settore, ma la cucina dei prossimi mesi sarà influenzata da questo sentimento? Prenderà una forma più rassicurante e tradizionale o New York inseguirà comunque la creatività?
Secondo Casadei Massari non esiste un vero contrasto tra le due vie e in ogni caso l’obbiettivo sarà semplificare, lasciare il segno con un piatto che in pochi istanti se ne va e che deve colpire dal primo morso. New York è una città cosmopolita, con uno stile unico e sempre maggiore attenzione alle materie prime di altissima qualità, che vengono oggi comprese e apprezzate; questa la direzione corretta verso il futuro, al fianco di fidatissimi fornitori dall’Italia.
Un esempio? Il tortellino emiliano con il ripieno a base di carne plant based, messo in carta dallo chef romagnolo in virtù di una ricerca di sostenibilità e benessere, che si innesta con grande rispetto nella tradizione culinaria italiana. Casadei Massari non ha avuto paura di toccare una cosa nuova, di conoscerla e lavorarla per integrarla nel suo menu, conscio che chi si avvicina a un ingrediente sostitutivo non lo fa per cercare il sapore che gli manca. Richiama un po’ il concetto della cucina molecolare: usare elementi affinché assomiglino ad altri, cambiarne lo stato, attraverso consistenze, temperature. Una visione affascinante e coraggiosa, che conquista anche chi la tradizione la vive ogni giorno, tanto che lo chef ammette che a Bologna avrebbe messo in campo questo esperimento anche qualche anno fa, per essere sempre fedele a se stesso e alla sua filosofia in cucina, certo di trovare un terreno fertile e pronto a questa scossa. In fondo, innovare e studiare non è dimenticare, ma solo essere aggiornati.
Rimane davvero poco da aggiungere, parlano con forza e passione i racconti di chi ha inciso nel DNA il tratto semplice e deciso della cultura italiana del cibo e vive la propria conoscenza e professionalità per trasmettere questo retaggio meraviglioso nel mondo, lasciando un segno di indelebile bellezza.