«Mangia a gusto tuo, vesti a gusto degli altri». Questo antico adagio noto ai pugliesi è stato per me la soluzione di molti rebus gastronomici. Come fa a piacerci la trippa? Perché agogniamo un morso di Casu Marzu? Perché nel mondo c’è una challenge che ruota attorno a un mefitico barattolo di aringhe fermentate? C’è un sottile confine tra disgusto e curiosità che muove il mondo, soprattutto del cibo. Quell’acuto e persistente senso di avversione o ripugnanza fisica o morale, proveniente anche da sazietà, spesso si scontra con la curiosità che nasce dalla domanda: «E se poi è buono?».
Roba da intrepidi, sprezzanti del pericolo a tavola e in dispensa. Sono loro che, visitando un Paese straniero, tornano a casa con racconti raccapriccianti su pinne di squalo o sperma di merluzzo mangiati per provare a se stessi di essere davvero aperti a qualsiasi cultura. A Malmö, in Svezia, esiste il Disgusting Food Museum, un monumento a tutte le cose bizzarre ed esotiche che l’uomo ha deciso di mangiare. Ma le bancarelle, le cucine e i negozi del mondo – online e offline – sono forzieri di curiosità gastronomiche: alcuni sono ingredienti unici, da gustare nature; altri sono incroci, parti diabolici della mente umana. Lì si spingono quelli che Alexander Pope, poeta inglese del Settecento, aveva descritto in un suo verso così: «only the brave happen to arrive where the angels can’t tread», cioè «solo i coraggiosi arrivano dove gli angeli non osano spingersi».
Pepsi al marshmallow
Da diversi anni la Pepsi si diverte a ibridare la propria ricetta con spezie, aromi e perfino cibi, alla continua ricerca di sapori nuovi, emozionanti e fortemente addictive. Ci ha riprovato in occasione della primavera 2021, creando la Peepsi, una bevanda in cui alla ricetta tradizionale sono stati aggiunti gli ingredienti dei marshmallow targati Peep. Al primo sorso, il sapore caramelloso sovrasta qualsiasi altra sensazione. Poi ti sembra solo di aver mangiato troppi marshmallow. Per fortuna non è in vendita: questa edizione limitata è stata realizzata per un contest dedicato all’arrivo della bella stagione. E solo negli Stati Uniti per fortuna.
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La Ciambella Oreo
Nel 2020 gli Oreo sono diventati il terzo biscotto più venduto nella patria del Mulino Bianco. Una stranezza oppure una normale conseguenza del fascino dell’esotico, soprattutto a stelle e strisce, che subiamo da sempre? Come tanti brand americani, anche Oreo ha deciso di ibridare la propria ricetta su altri prodotti. Dalla partnership Krispy Kreme sono nate le ciambelle glassate al gusto Oreo. Ne esistono due versioni: le Oreo Cookie Glazed Doughnut e le Oreo Cookie Over-The-Top Doughnut. Le prime sono riempite con biscotti e sormontate da una pioggerella di glassa e pezzi di biscotto. La seconda versione è “esagerata” in molti modi: alla ciambella precedente, completa il tutto con biscotti e ripieno, un filo di glassa al cioccolato, e completa il tutto un enorme wafer Oreo. Quando si dice che le dimensioni contano.
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Una carota poco salutare
Siamo abituati a pensare alle carote come ad un cibo sano, ma se c’è qualcosa in cui gli americani sono maestri è proprio lo scombinare anche le cose più ovvie come questa. Reese’s ha creato degli snack dolci a forma di carotine, con un ripieno di burro d’arachidi e una rivestimento di cioccolato al latte. Ogni “carotina” contiene 60 calorie: sono quindi poco adatte ai regimi alimentari ipocalorici, ma comunque molto divertenti e persino buone se si amano le perversioni a base di burro d’arachidi.
Colostro
L’esotismo è un elemento presente anche in Italia. Con la sua grande biodiversità gastronomica e naturale, il nostro Paese è un parco gioco per chi va a caccia di cibi strani e inesplorati. Tra questo, vero e proprio superfood, c’è il colostro ovino, utilizzato per fare un dolce tipico sardo, Sa casada. Come spiega l’antropologa e giornalista Alessandra Guigoni, «si tratta del primo latte della pecora, non adatto alla caseificazione, che spesso avanza dalla poppata degli agnelli. I pastori lo raccolgono, lo fanno bollire, ci aggiungono zucchero e scorza di limone. Lo portano a 70 gradi, punto in cui si addensa e diventa una specie di budino». Infatti è noto anche come Budino dei pastori. Il colostro è molto comune anche in India e in America è usato per arricchire gli integratori.
Shirako
Pare che i giapponesi siano ghiotti di shirako, un sacchetto corrispondente alle gonadi di merluzzo contenente lo sperma del pesce, che appare un po’ come una specie di maionese. Chi l’ha provato, lo definisce un piatto di sensazione, per nulla disgustoso come vuole invece farci credere il nostro cervello che (a ragione) potrebbe rifiutarsi di mangiare lo sperma di un altro animale. Ha una consistenza molle e cremosa, che ricorda il crudo di mare a base di calamaro. Il gusto è intenso e ricorda quello della bottarga. Lo Shirako si prepara sia a mo’ di sashimi, sia cotto, con salse a base di soia e saké. Viene servito anche come condimento per il riso. Per un primo approccio, gli esperti consigliano la tempura di shirako. Possiamo considerarla la risposta gender equal al consumo di caviale.
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Clamato
Gli Stati Uniti sono un Paese unico per scoprire quanto in là ci si può spingere nel creare associazioni creative tra cose che non dovrebbero mai stare insieme. Ad esempio, nei supermercati americani (e in Italia, su American Uncle) si può acquistare una bevanda – non un condimento, attenzione – a base di pomodoro, sedano e vongole. Si chiama Clamato e in America è amato per via del sapore forte e speziato e spesso viene diluito con birra o vodka, servito poi con un’oliva o dei cetrioli sottaceto. Come un qualsiasi Martini. C’è chi suggerisce di usare la bevanda per creare una challenge con gli amici più coraggiosi.
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Surströmming
E a proposito di coraggio, il Nord Europa è un luogo unico per andare a caccia di cibi strani. C’è una sfida molto amata, che ruota attorno a una lattina ripiena di aringhe del Baltico fermentate. Si chiama Surströmming, è un piatto tipico della cucina svedese, venduto in barattoli. La potenza della fermentazione in atto è talmente forte che spesso le latte si gonfiano e deformano durante lo stoccaggio. Il Surströmming si prepara con le aringhe pescate in primavera, quando stanno per riprodursi. Vengono fatte fermentare in barili per uno o due mesi e poi inscatolate con una salamoia leggera per non interrompere i processi fermentativi. Prima di usare il sale, questo era il metodo più economico per stoccare il cibo per i lunghi inverni. Oggi pare che per provare a mangiare il Surströmming, sia necessario aprire la confezione all’aperto: l’odore arriva a diversi metri di distanza e provoca istantanei conati di vomito.
Barba di Drago
Anche l’Oriente è prodigo di esotismo alimentare. Da provare la Barba di drago, caramelle fatte a mano intessendo tra loro molti, sottili fili di zucchero simili a quelli di una barba vera. La cosa bella è che questa preparazione può avere diversi sapori: piccante, croccante con le mandorle o con sesamo nero. La prima apparizione della Barba di drago è datata al tempo della dinastia Han e in passato poteva essere gustata solo dall’imperatore della Cina.
#Chinesefood #traditionalsnacks Dragon's bread candy is a handmade traditional art of China. It is also a traditional Chinese sweet similar to cotton candy, which can be found in streets. The legend of Dragon's Beard Cnady was first praticed during the Chinese Han Dtnasty. pic.twitter.com/lluwnsOksw
— Hunting For Food (@HuntingFood1) April 2, 2021
Esotismi del passato
Il gastronomo Luca Cesari ricorda che nei ricettari italici del passato sono custodite alcune ricette che siamo ben felici di non fare più. Fra queste, Francesco Leonardi ne L’Apicio moderno del 1790 documentava la ricetta della Zuppa di occhi di vitello. In Maremma nei primi del Novecento si cuocevano le tartarughe di terra con i piselli. Secondo Vittorio Agnetti nel suo Nuova cucina delle specialità regionali, ricettario del 1909, dopo aver privato le tartarughe della testa e fatto segare il guscio, la carne andava trattata come si faceva col pollo, gettando via l’intestino ed il fiele. Si consigliava anche di tenere da parte le uova, se si aveva una femmina. Si faceva soffriggere il tutto, aggiungendovi sale, pepe e salsa di pomodoro fino alla cottura. Tolta la carne, si facevano cuocere i piselli freschi, allungando man mano con qualche cucchiaiata di brodo. Cotti i piselli, vi si aggiungevano i pezzi della tartaruga, servendo il tutto ben caldo.