CassieriDimenticati ancora in prima fila

Durante il primo lockdown li abbiamo chiamati eroi e loro nei mesi successivi non hanno mai abbandonato le loro postazioni, non hanno protestato, mantengono la calma anche quando i clienti si rifiutano di indossare la mascherina, anche quando vengono lasciati indietro dalla campagna vaccinale

In questi giorni si parla di furbetti del vaccino e la cosa incidentalmente tocca anche il settore alimentare.

Tuttavia, se si è trovato giusto vaccinare prima i sanitari e le forze dell’ordine e poi il personale scolastico al fine di creare il cosiddetto cordone sanitario a ogni ciclo di studi, alcune categorie meno meritevoli hanno alzato la voce causando un ritardo nelle vaccinazioni per età e fragilità che solo in questi giorni si sta valutando negativamente, senza contare chi, effettivamente, si è infilato senza alcun titolo. Ormai i giochi son fatti e, giustamente, si proseguirà in via definitiva secondo quanto stabilito dal governo e ribadito dal Commissario all’emergenza, tuttavia, corre l’obbligo evidenziare e non dimenticarci in futuro di non aver dato precedenza nel vaccino al personale di quei negozi, perlopiù supermercati, che, soprattutto, per chi sta alla cassa, è stato fino a oggi il più esposto dopo i sanitari. Un pensiero e una preoccupazione che, in realtà, hanno avuto in pochi se, anche in questi ultimi giorni, quando si discuteva di categorie da vaccinare una petizione lanciata in rete per includere da subito i cassieri ha avuto un’adesione molto più che deludente. Eppure un anno fa non la pensavamo così.

Quando a marzo 2020 piombammo, da un giorno all’altro nella fase di emergenza causata dalla pandemia di Covid19 restammo senza molti riferimenti scoprendo improvvisamente quanto la normalità fosse sottovalutata. 

Tra le cose che più colpirono l’immaginario pubblico e che ebbe alcune avvisaglie nei giorni immediatamente precedenti il lockdown nazionale, furono gli assalti ai supermercati.

Ricordiamo tutti lo stupore nel vedere gli scaffali svuotarsi, soprattutto di generi di lunga conservazione, quasi che il timore di trovarsi improvvisamente chiusi in casa influisse ancestralmente sulla psiche di ciascuno di noi e ci spingesse a comportamenti inusuali, inaspettati per non morire di fame.

Superato lo sgomento che gli stessi lavoratori dei supermercati vissero dopo quei primi assalti e, una volta che, con la chiusura di tutte le attività, le rivendite di alimentari, anche di prossimità, non solo della Gdo, vennero classificate essenziali e, dunque, sempre aperte, ricostituite le scorte e rassicurati, in tal senso, i clienti, iniziò una fase in cui fare la spesa era diventata una pratica da affrontare come in guerra, cercando di applicare la strategia migliore per limitare le ore di coda o per scovare nuove modalità di acquisto che potessero evitarci estenuanti attese e angoscianti scorribande tra le corsie.

In quella fase le grandi superfici della distribuzione organizzata diventarono luoghi quasi inaccessibili, ma, al tempo stesso, punti di riferimento insostituibili per il reperimento dei generi alimentari o di quei presidi igienico-sanitari necessari per condurre la nuova quotidianità che stavamo affrontando, in cui mangiare e pulire erano le uniche azioni svolte.

Quasi subito ci si rese conto che i lavoratori di questa categoria non solo erano importanti per non fermare il Paese, ma che dopo i sanitari erano i primi a rischiare la propria salute.

Come i sanitari furono così oggetto della simpatia e della gratitudine di tutti.

Ci si rese conto fin da subito di quanto costoro stessero facendo, dei sacrifici che ciascuno di loro, anche con turni più pesanti del solito, ma con la consapevolezza di dare il proprio contributo, affrontava per senso del dovere e dedizione. Affissi agli ingressi dei supermercati apparvero disegni e lettere di ringraziamento, i clienti formavano file infinite, ma appena entrati sapevano di trovare sorrisi e professionalità per svolgere al meglio quel semplice atto quotidiano che è la spesa.

La verità è che, una volta superato il periodo più difficile e dato per scontato che il diritto alla spesa scavalca ogni altrui diritto alla salute, ci siamo dimenticati del ruolo giocato per l’intera comunità da questi lavoratori.

Tutte queste cose ci sono tornate alla mente nel cortocircuito creato dagli ingorghi vaccinali e dal documento pubblicato da una delle insegne più diffuse soprattutto al centro nord Italia, Esselunga che, in forma di testimonianza e forse, anche riconoscenza, ha fatto raccontare dalla viva voce dei protagonisti ciò che i lavoratori hanno vissuto in questo anno orribile.

Almeno ricordiamocene e siamo loro grati.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter