Il calcio contro i sovranismiLa Super Lega accelera il processo di integrazione europea più della politica

Il tifo calcistico non diminuirà, a livello economico aumenteranno i ricavi, e i campionati nazionali resteranno attivi ma con un ruolo più marginale. È l’inizio di di un percorso che porterà a sentire come naturale la dimensione sovranazionale. Passando dal campo prima che dai parlamenti e dai burocrati

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L’annuncio della Super Lega Europea (Esl) è un evento che avrà conseguenze oggi ancora non immaginate. I più dibattono sul tema con le classiche chiavi di lettura della passione sportiva o del business. Si tratta di discussioni piuttosto sterili e anche inutili.

Il tifo calcistico non diminuirà, anzi sarà incrementato dalla suggestione generata dalla ricchezza “hollywoodiana” che circonderà la Esl. In realtà, la passione sportiva evolve come evolvono i costumi. Fino a non troppi anni fa le partite si potevano vedere solo negli stadi e i giocatori si “sposavano” con una squadra che abbandonavano per “appendere le scarpe al chiodo” o per scendere di categoria quando le forze diminuivano.

Ora, invece, il calcio è fruito attraverso gli schermi da milioni di tifosi che non hanno mai messo piede in uno stadio, mentre i calciatori, spinti dal potere del denaro, cambiano club quasi ogni stagione.

Se poi affrontiamo la questione sul piano economico e aziendale, le recriminazioni contro la Super Lega sono ancora più prive di significato: come può non realizzarsi un accordo che, solo con i diritti televisivi, garantisce ai club protagonisti cifre superiori ai loro attuali fatturati? Insomma, la Super Lega si farà, e anche velocemente.

Certamente vi sarà una reazione da parte delle istituzioni calcistiche (Uefa e Fifa) che sono strutturate nei tradizionali schemi verticisti e internazionalisti. Tuttavia, le attuali “parole grosse” (a cui si accodano molti leader politici dallo sguardo miope) ben presto si attenueranno per trovare ragionevoli punti di coesistenza col nuovo scenario.

Probabilmente, i calciatori delle squadre in Esl verranno esclusi dalle competizioni dedicate alle Nazionali (che diverranno il fortino residuale dei sopracitati poteri tradizionali), mentre è impensabile che le Federazioni dei singoli Paesi escludano i grandi club di Esl dai loro campionati nazionali.

In realtà, alle competizioni organizzate dalla Uefa (Champions League, Europa League e Conference League) restano ancora tanti club rilevanti su cui impostare le strategie di successo delle proprie competizioni. Verrà ridotta la rendita di posizione derivante dai 15/20 grandi club europei, ma lavorando bene la Uefa potrà mantenere competitivi e economicamente vantaggiosi i propri tornei.

La sostanza della questione si riferisce alla “scala dimensionale” del calcio: a livello europeo tutti guadagneranno, mentre i campionati delle singole nazioni perderanno radicalmente significato e risorse. Presto si arriverà a giocare le competizioni europee nel fine settimana e la Serie A nei giorni feriali.

Questo è ciò che accadrà all’interno del calcio, ma se guardiamo a ciò che sta succedendo in una chiave storica più generale, allora emerge una domanda di fondo: «Cosa è questa, se non una vittoria dell’europeismo sui sovranismi?».

D’altronde, se il calcio è uno dei principali vettori di passioni e interessi, è lecito aspettarsi che esso “faccia la storia” più delle velleitarie dichiarazioni di una politica ormai sempre più marginale rispetto ai trend globali. Quando transita la storia, i soggetti forti la vedono, mentre quelli deboli restano concentrati sul passato.

La Esl (con tutte le sue conseguenze) è proprio l’innesto fondamentale di un processo europeista che finalmente porterà a sentire come naturale la dimensione sovranazionale. Senza bisogno di guerre e generali o di parlamenti e burocrati. Solo con il calcio.