Un campionato con le migliori squadre di Belgio e Paesi Bassi potrebbe avere in calendario tutte le settimane una sfida tra Ajax e Anderlecht, o tra Psv Eindhoven e Genk, Feyenoord e Standatd Liegi. La proposta è ancora solo su carta, ma da quando a metà marzo le 25 squadre della federazione belga – 18 in prima divisione, 7 in seconda – hanno votato all’unanimità per la fusione con la Eredivisie olandese l’idea di un campionato transfrontaliero non è più una utopia. «Questa ambizione si basa sia sul rispetto delle ambizioni sportive dei grandi club, sia sulla necessità di stabilità economica per gli altri club professionistici», ha spiegato la federazione belga.
La proposta di una BeNeLiga non è nuova, ritorna periodicamente da almeno una decina d’anni e sarebbe un tentativo di ridurre la distanza rispetto agli altri campionati europei – Premier League, Liga, Ligue 1, Serie A e Bundesliga. Leghe oggi fuori scala rispetto alla Jupiler Pro League e all’Eredivisie.
Un campionato con le élite di Belgio e Paesi Bassi esiste già nell’hockey sul ghiaccio e ci sarà, dalla prossima stagione, anche nel basket. Oltre al tentativo, durato però solo tre anni – dal 2012 al 2015 – del calcio femminile (dei problemi economici, di riconoscimento e di sostenibilità dello sport femminile abbiamo scritto qui su Linkiesta poche settimane fa).
«Se ne parla da un po’ ma adesso per la prima volta sembra davvero vicina», dice a Linkiesta Chris Holter, esperto di calcio olandese e autore di “De Generaal. La nascita del grande Ajax di Rinus Michels”. «Io però – aggiunge Holter – sono dalla parte delle piccole società dell’Eredivisie che si dicono contrarie al progetto: sarebbe la morte del calcio così come lo conosciamo, significherebbe la scomparsa o comunque un ridimensionamento di club già piccoli che però hanno una storia ricca e fanno parte della tradizione nazionale, come ad esempio il Willem II e l’Heerenven. Le squadre che rimarrebbero fuori dalla BeNeLiga si ritroverebbero in una seconda fascia anonima».
Il progetto della BeNeLiga non è ancora definito in ogni dettaglio, ma si pensa a un sistema di promozioni/retrocessioni legato ai singoli campionati nazionali, che avrebbero quindi una funzione di una doppia seconda divisione, collegata alla BeNeLiga. Ma le differenze tra i campionati nazionali e il piano superiore sarebbero enormi.
Uno studio di Deloitte ha stimato che un ipotetico campionato composto da 8 squadre belghe e 10 olandesi – così come è attualmente in discussione – varrebbe una cifra compresa tra i 250 e i 440 milioni di euro annui di diritti di trasmissione e marketing. Una cifra enorme se paragonata ai 90 milioni mal contati che raccolgono singolarmente Eredivisie e Jupiler Pro League.
Banalmente, un campionato composto solo dal meglio delle due nazioni sarebbe più attraente per un pubblico televisivo internazionale, e porterebbe le emittenti e i tifosi a investire i loro soldi in un prodotto calcistico inedito. Aumenterebbe anche la liquidità nelle casse dei vari Ajax, Feyenoord, Brugge e Anderlecht, che avrebbero un nuovo potere d’acquisto nel calciomercato.
«Il vero punto di forza di questa proposta è che i campionati di seconda divisione in Belgio e Paesi Bassi oggi non hanno molta ragione d’esistere così come sono oggi. La Eerstedivisie, la serie B olandese, è composta da società piccole, con formazioni di livello bassissimo, che spesso giocano contro le seconde squadre di grandi club togliendo senso alla competizione. La BeNeLiga darebbe la possibilità di strutturare i movimenti calcistici verso l’alto e creerebbe un nuovo mercato: si rinuncerebbe alla tradizione in cambio di una crescita dal punto di vista economico», dice Chris Holter.
L’idea di una cross-border league, un campionato transfrontaliero più grande della somma delle sue parti non riguarda solo Belgio e Paesi Bassi. Certo, lì funzionerebbe anche per motivi geografici: Bruxelles e Amsterdam sono distanti poco più di 200 chilometri, Eindhoven e Liegi circa la metà. Ma è una possibile evoluzione del calcio per tutti quei campionati minori che potrebbero fare fronte comune per creare un’entità più grande, più attrattiva, più ricca e calcisticamente più forte.
Nella Repubblica d’Irlanda ad esempio si parla da tempo di una possibile unione del campionato con quello nordirlandese. Si tratterebbe di mettere insieme i 10 club della Premier Division irlandese e i 12 club della Premiership dell’Irlanda del Nord. Ma a Belfast la proposta non è mai piaciuta più di tanto.
Se ne parla anche per i Paesi della Scandinavia, che a dire il vero un tentativo l’avevano già fatto. A metà anni Duemila si disputò la Royal League, una manifestazione a cui partecipavano fuori stagione le prime quattro classificate di Danimarca, Svezia e Norvegia.
Il trofeo è sempre andato in Danimarca. Ma è stato un dominio molto breve: la Royal League ha resistito dal 2004 al 2007 prima di essere accantonata. Riproporla adesso, sulla scorta di una eventuale creazione della BeNeLiga, potrebbe avere tutta un’altra forza.
C’è un altro esperimento di torneo internazionale a carattere regionale degno di nota. Nel 1961 si disputò la prima edizione della Coppa dei Balcani, una competizione che accoglieva club provenienti da Albania, Bulgaria, Grecia, Romania, Turchia e Jugoslavia.
Una coppa molto popolare – la finale del 1967 attirò 42mila spettatori – nata sulla falsariga della Coppa dei Balcani per nazioni degli anni ‘30. Ma negli anni ‘80 la competizione iniziò a scricchiolare, a vedere sempre più rinunce di club importanti, ad avere difficoltà a trovare posto nei calendari, anche a saltare intere edizioni. Sul finire degli anni ‘80 divenne una specie di Supercoppa di Serie B, una competizione riservata alle squadre vincenti dei campionati di seconda serie. Poi con la disintegrazione della Jugoslavia la competizione arrivò alla sua conclusione, nel 1994.
Risale probabilmente a quel periodo la prima ipotesi di portare nella neonata Premier League inglese le due squadre dell’Old Firm scozzese, che iniziavano a prendere le distanze dal resto del campionato. Per questo la nascita della BeNeLiga potrebbe essere finalmente l’innesco di un possibile effetto domino verso i campionati transnazionale, legittimando il passaggio di Celtic e Rangers – entrambe di Glasgow – nel campionato inglese.
Un effetto domino che a livello istituzionale si vorrebbe incentivare. Dopo il voto delle società belghe, il presidente della Fifa Gianni Infantino ha suggerito l’ipotesi di un campionato congiunto tra Messico e Stati Uniti – tra l’altro la Major League Soccer ospita già le franchigie di Vancouver, Montreal e Toronto.
Nel caso di un campionato congiunto di sicuro ci sarebbe l’opportunità di rivedere al rialzo le quote, oggi bassissime, dei diritti tv: i team di Mls ricavano circa 5 milioni di dollari a stagione. Ma questa ipotesi resta comunque molto più aleatoria e di difficile applicazione: i regolamenti e la conformazione dei due campionati sono profondamente diversi e in più si andrebbe a rivoluzionare la massima competizione continentale, la Concacaf Champions League, dal momento che si unirebbero i due migliori campionati. E resterebbe da valutare il discorso geografico: se gli spazi tra Belgio e Paesi Bassi sono ridotti, tra Vancouver e la città messicana di Veracruz, per fare un esempio, ci sono quasi 5mila chilometri.
Un recente articolo di The Athletic offre però due spunti fondamentali. Il primo, su una eventuale Liga MX-MLS: «Un campionato combinato messicano-americano-canadese salirebbe di livello, sarebbe uno dei migliori campionati della regione e si metterebbe in marcia verso il livello dei campionati europei. Inoltre le squadre messicane farebbero ulteriori incursioni negli Stati Uniti, dove la Liga MX rimane il campionato più seguito, e le squadre della Mls trarrebbero vantaggio dal fatto di giocare contro Chivas, Tigres e Club America».
La seconda considerazione fatta dalla testata sportiva è di più ampio respiro, riguarda la politica del calcio e la direzione in cui sta spingendo: «Il fatto che Infantino, un uomo che crede che il potenziale globale del calcio sia frenato dal dominio europeo, stia ragionando in questi termini non è così sorprendente: ha già sostenuto la creazione di una Super League africana».
Se anche i vertici del mondo del calcio spingono verso i campionati non-solo-nazionali è sempre più probabile che in futuro alcuni di questi si riescano a vedere la luce. La BeNeLiga sembra a un passo dalla realizzazione, la Liga MX-MLS un po’ più distante. Ma con i Mondiali congiunti del 2026 in Stati Uniti, Messico e Canada non è escluso che si decida di arrivare a quella data con una grande sorpresa.