Se vi chiedessero quale cibo associate a “Moby Dick” di Herman Melville, probabilmente rispondereste «bistecche di balena». Ma, come ha scritto Valerie Stivers su The Paris Review, la situazione è molto più complessa. Non si tratta di descrizioni di scene di cucina: sulla tavola del romanzo si serve molto di più.
Il sontuoso chowder
Si parte dal chowder, zuppa di pesce alla irlandese, a base di panna e farina, con vongole o baccalà. Della preparazione base esiste una versione New York Style, che contempla il pomodoro e si contrappone nettamente a quella del New England, bianca. Anche la presenza di patate nella ricetta di partenza è argomento di accese dispute.
Nel quindicesimo capitolo del suo romanzo Melville si è anche schierato sulla questione. Al Try Pots, il locale dipinto da Melville nel suo romanzo, il chowder aveva sia vongole sia baccalà ed era servito a colazione, pranzo e cena, ma il piacere di questa zuppa marinara restava sempre immutata. «Ma quando la zuppa fumante arrivò, il mistero – di come una vongola potesse sfamare un uomo – fu piacevolmente svelato. Oh! amici cari, statemi a sentire. Era composta da piccole e succulente vongole, non più grandi di una nocciola, mescolate a gallette, a maiale salato tagliato a pezzettini! Il tutto condito con burro e abbondantemente insaporito con sale e pepe».
Ma se al Try Pot vongole e merluzzo finiscono insieme, in un piatto sontuoso, quasi nuziale, oltre che confortevole, nella realtà il chowder ha o l’uno o l’altro ingrediente, che ne modificano sapore ed esperienza. Questa zuppa di pesce è un tipo di piatto che l’autrice dell’articolo definisce «misto, viscido, mal definito, sovversivo nella definizione e nella struttura». Per la ricetta in versione contemporanea, Valerie Stivers si rifà a una versione più veloce, codificata da Sam Sifton sul New York Times (e che noi vi riportiamo in fondo all’articolo).
Il lato oscuro della tavola di Melville
L’altro passaggio dedicato al cibo nel romanzo riguarda naturalmente la carne di balena. Benché all’epoca di Melville non ci fossero le conoscenze e le attenzioni al consumo e alla conservazione di questo cetaceo nel suo habitat naturale, le descrizioni che l’autore dedica al grande animale sono un inno alla sua bellezza e alla grandiosità della natura.
Come scrive Stivers, «Melville celebra la testa della balena, la sua coda, i suoi occhi, la sua pelle, i suoi polmoni, il suo scheletro e persino la composizione del suo zampillo (è acqua o vapore?). In uno dei tratti più belli del libro, Melville osserva che la balena non ha pelle oltre una membrana trasparente simile al vetro, sotto la quale “la superficie visibile del capodoglio […] è dappertutto incrociata obliquamente e ri-incrociata con innumerevoli rettilinei segni in una serie spessa, qualcosa come quelli nelle più belle incisioni italiane”. In tali passaggi, la balena diventa il mondo».
Ma Melville aveva già compreso la tragedia della caccia alle balene. Ne descrive la crudeltà in tante scene, tra cui quella in Stubb uccide la prima balena e poi ne divora la carne in forma di bistecche. Lo stesso personaggio umilia il cuoco di bordo, mentre si ingozza di «bocconcini rossastri». È l’orrore, che si sparge tra cibo, svilimento dell’altro, sadismo, voglia di distruggere la natura, ma anche se stessi. All’animale, Melville dedica anche considerazioni sociologiche. Il suo cervello è un “piatto elegante”, servito mescolato con farina e cotto in un delizioso pasticcio. Ma nel capitolo successivo, la balena come piatto, inizia e finisce con l’idea che mangiare questa carne sia un atto simile al cannibalismo.
Due nature, uno stesso stomaco
La metafora che emerge da queste due esperienze gastro-letterarie è una sorta di scissione. Il chowder, la zuppa calda, cremosa e rassicurante servita a colazione, pranzo e cena rappresenta il lato buono dell’umanità raccontata nel romanzo. Il mangiare la carne di un animale, come quella della balena ne rappresenta quello oscuro, tormentato e ferino, autodistruttivo.
Scritto nel 1850 e pubblicato nel 1851, “Moby Dick” è un capolavoro nonché – a detta dei critici – il primo romanzo americano queer. L’equipaggio multirazziale della barca è trascinato, ingannato, incentivato finanziariamente e, cosa più minacciosamente, ispirato al suo destino da un uomo bianco squilibrato, una creatura dalla volontà cieca, alla ricerca di una balena bianca “malvagia”. Un paragone che fa venire i brividi se paragonato alla recente storia moderna.
Ma il lato queer esplode anche nell’amore e nell’aspetto non convenzionale dell’alimentazione di Queequeg, un cannibale con cui il protagonista condivide la stanza. Dopo averlo minacciato, Ishmael si dice: «Meglio dormire con un cannibale sobrio che con un cristiano ubriaco». Tra i due nasce un amore sensuale e democratico, modernissimo.
Se ti è venuta voglia di chowder – e non carne di balena, ci auguriamo – ecco la ricetta di Sam Sifton riadattata da Valerie Stivers.
Zuppa di pesce veloce
(Ingredienti per 2 persone):
una striscia di pancetta tagliata a dadini
una piccola cipolla, tritata
una carota, tagliata a dadini
una piccola patata, tritata
1/2 tazza di chicchi di mais
sale
1/4 cucchiaino di paprika affumicata
1 tazza di vino bianco
1 tazza di succo di pomodoro
1/2 kg di filetti di merluzzo, tagliati a cubi da 2,5 cm
2 cucchiai di panna
1/4 cucchiaino di pepe
pane croccante (per servire)
Procedimento:
Cuocere la pancetta a fuoco medio-alto fino a renderla croccante. Conservare al caldo. Aggiungere le cipolle al grasso di pancetta. Abbassare la fiamma e cuocere finché non è appassito e dorato, circa dieci minuti. Aggiungere la carota, le patate, il mais, il sale e la paprika. Mescolare e aggiungere il vino bianco e il succo di pomodoro, fino a ebollizione. Cuocere a fuoco lento, coperto, fino a quando le verdure saranno morbide. Aggiungere il merluzzo e cuocere finché non sarà diventato bianco e friabile, circa cinque minuti. Terminare con la panna e il pepe. Servire con il pane croccante.