All’ultima maratona di Londra gli atleti transitati ai punti di rifornimento hanno trovato delle piccole capsule con all’interno una bevanda energetica al posto delle classiche bottigliette d’acqua. La particolarità di queste bolle è il fatto di poter essere ingerite così come sono o addentate per estrarre il liquido e poi eliminate senza danno per l’ambiente; il rivestimento edibile si decompone nel giro di 4-6 settimane, lo stesso lasso di tempo che impiega la buccia della frutta. Si calcola che l’esperimento abbia consentito di risparmiare circa 760 mila bottigliette di plastica da parte di corridori e spettatori (all’incirca quante ne servirebbero per riempire fino al soffitto un appartamento di 130 metri quadrati).
Le capsule sono in grado di contenere qualsiasi tipo di liquido – acqua, the, bevande alcoliche o integratori per chi fa sport – ma anche salse e infatti da qualche settimana Just Eat le utilizza nel Regno Unito per la maionese e il ketchup nel suo servizio di delivery a impatto zero, che comprende anche scatole da asporto vegane, biodegradabili in quattro settimane.
Ooho, l’imballaggio flessibile sperimentato dai maratoneti a Londra e utilizzato in numerosi altri eventi, nasce dall’incontro tra Rodrigo García González e Pierre Paslier, due studenti del corso di Innovation Design Engineering, che insieme hanno maturato l’idea di un packaging totalmente sostenibile. E cosa c’è di più leggero per l’ambiente di un involucro che, letteralmente, scompare con l’uso?
Insieme con un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra e grazie a due round di finanziamenti, l’ultimo dei quali ottenuto nel 2018 da Sky Ocean Ventures, García González e Pierre Paslier hanno messo a punto Notpla, una sottile membrana commestibile realizzata a partire da un’alga bruna, una materia prima rinnovabile e naturale al 100 per cento che ha più di un vantaggio: cresce molto in fretta, non compete con le colture alimentari, non ha bisogno di acqua dolce o fertilizzanti e contribuisce attivamente alla disacidificazione degli oceani.
Qualcosa di simile fa anche Decent Packaging azienda 100 per cento carbon neutral che crea imballaggi innovativi partendo da una base vegetale. Anche in questo caso, una scommessa partita da zero nel 2013: il fondatore ha iniziato dal garage dei suoi genitori a East Auckland, in Nuova Zelanda, consegnando gli ordini a bordo della sua Suzuki Swift. Nel 2019 l’azienda ha aperto una sede a Londra e ha affiancato alla produzione di imballaggi green anche una linea di carta igienica che fa a meno degli alberi.
Foodpanda, altro gigante della consegna di cibo, a Hong Kong, ha unito le forze con una società di gestione dei rifiuti, Baguio iRecycle, per migliorare la gestione dei rifiuti di plastica monouso generati dalle consegne di cibo, offrendo un servizio gratuito di raccolta differenziata porta a porta.
Sempre a Hong Kong, Distinctive Action ha creato una borsa che scompare completamente nell’acqua, il “sacchetto invisibile”: progettato per sostituire i sacchetti di plastica convenzionali, è solubile in acqua, non tossico, biodegradabile, non lascia traccia di microplastiche ed è già partner di numerosi rivenditori e ristoranti che cercano una soluzione conveniente e antispreco al problema dei sacchetti di plastica.
Una pandemia di plastica
Nei mesi di lockdown il food delivery ha registrato un incremento del 56 per cento a livello globale e l’uso di imballaggi in plastica ha contribuito a dare ai consumatori un senso di sicurezza e igiene. Solo nel 2020 e solo in Italia sono state vendute 2,3 miliardi di confezioni usa e getta di cibo in più rispetto al 2019 (Fonte Corepla).
Qualche settimana fa il Wall Street Journal riportava la notizia che negli Stati Uniti le scorte di ketchup si sono esaurite a causa del massiccio ricorso al delivery da parte dei ristoranti. Il boom nella domanda ha messo alle strette anche il principale produttore della salsa rossa, Heinz, che si è visto costretto ad aprire due nuovi stabilimenti per far fronte alle richieste. «Sono tutti alla ricerca del ketchup», ha raccontato Stephanie Mattingly, direttore marketing di Long John Silver, una grande catena con base a Louisville.
Considerato che gli imballaggi alimentari sono responsabili del 40 per cento di tutta la plastica prodotta a livello globale non sembra una buona notizia. Come sostiene Kate Jackson su Forbes, l’igiene è una delle principali preoccupazioni ed è difficile trovare opzioni biodegradabili che siano abbastanza rigide da contenere in sicurezza gli alimenti. Anche la cultura del fast food, intrinsecamente consumata in movimento, è problematica: i contenitori di cartone possono essere ingannevoli, poiché sono spesso rivestiti di plastica e non facili da riciclare, soprattutto se sono unti.
Spesa sempre più green
Di pari passo cresce la sensibilità ambientale dei consumatori. Secondo uno studio condotto da Comieco, il consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica, il 70 per cento di chi compra online è disposto a spendere di più per una spesa green e l’81 per cento predilige imballaggi ecosostenibili.
Tra gli esempi più virtuosi c’è Melinda che ha firmato una partnership con Novamont, azienda specializzata in bioplastiche da fonti rinnovabili, per la messa a punto di uno speciale film in bioplastica che può essere riciclato e trasformato in compost, ossia concime per il terreno dopo il consumo.
Quella degli imballaggi da fonti vegetali è la strada percorsa anche da Pedon, azienda vicentina fra i leader internazionali nel mercato di cereali, legumi e semi, tra le prime a riconvertire i suoi imballaggi in chiave green fin dal 2015. La carta Crush fagiolo, ottenuta dalla lavorazione degli scarti vegetali, riduce del 15 per cento l’impiego di cellulosa vergine proveniente da alberi e diminuisce del 20 per cento l’emissione di gas effetto serra. L’astuccio certificato Fsc e Ogm Free può stare a contatto diretto con il contenuto alimentare, senza necessità della busta interna; la confezione è sostenibile e interamente riciclabile grazie agli inchiostri ecologici e alla finestra trasparente in Pla, ottenuta sempre da scarti vegetali.