BiginoLa solitudine va condivisa o del perché non amiamo mangiare soli al ristorante

Sì, è una contraddizione. Ma la solitudine si sopporta meglio se si condivide con gli altri. E quale luogo più azzeccato di condivisione di solitudine di un locale? Si sta soli, al proprio tavolo, ma in virtuale compagnia di altri, single o meno. Eppure, andare fuori a cena soli non è così usuale, né così amato

Amate mangiare da soli? Siete in minoranza. Perché la fisiologica necessità si espleta nel chiuso delle mura domestiche, se in solitaria, almeno secondo le pratiche normalmente codificate. Se siete soli e andate al ristorante sarete comunque “diversi”. Ma perché pranzare soli è un tabù? Come mai ci rende così insicuri? Quali sono i luoghi/paesi dove è più accettabile? Cosa c’è di male nel mangiare da soli? Kelly Dennett ha indagato su questa pratica su Stuff e ha fatto un viaggio verso l’indipendenza gastronomica.

Avere qualcosa da sfogliare, aiuta, e anzi può facilitare l’interazione con la sala, che normalmente sarà più portata a dialogare con il cliente ramingo se ha un gancio offerto dalla copertina di un libro. A me è successo in uno dei rarissimi esperimenti solinghi, in un gastrobistrot parigino che volevo provare a tutti i costi anche senza compagnia: leggevo il libro di Alain Ducasse, Mangiare è un atto civico, e questo è stato il mio lasciapassare per una cena sublime e una conversazione piacevolissima con la brillante cameriera che, incuriosita, mi ha tenuto compagnia per tutta la cena.

Ma l’alternativa per far scorrere il tempo è occuparsi di osservare, che poi è un’altra delle migliori attività possibili, in un ristorante, a parte mangiare e divertirsi con gli amici.

Chi non ha mai teso l’orecchio per ascoltare i segreti della coppia nel tavolo dietro, o acuito i sensi per leggere le labbra all’imprenditore agé con giovane donna al seguito? Chi non ha mai zittito il suo commensale pur di non perdere nemmeno un fiato della conversazione delle coppie che litigano davanti al risotto?

La Dennett ne fa anche una questione di latitudini: «Passando tra tapas bar spagnoli, Izakaya giapponesi e piccoli ristoranti per famiglie in Bosnia e in Italia, avevo a malapena pensato alla mia solitudine. Ero lì per mangiare (e in particolare in Giappone, la possibilità di ordinare e pagare senza interagire con nessuno era una gioia). In Nuova Zelanda, però, stare da soli sembra fuori luogo, forse perché c’è sempre la possibilità di invitare qualcuno fuori se l’urgenza chiama. Perché scegliere di stare da solo?

La società ha in gran parte guardato con sospetto a chi mangia da solo, soprattutto perché la nostra capacità di legare oltre a spezzare il pane separa le nostre abitudini alimentari dagli animali, e la pratica di andare a cena fuori è in gran parte intrecciata con la nostra socievolezza e avere cose da festeggiare. Se non hai festeggiamenti e persone con cui condividere durante i pasti, perché preoccuparsi di mostrarti in pubblico, potrebbe pensare un cinico».

Nel 2017 uno studio dell’Università di Manchester ha scoperto che le persone erano particolarmente turbate dalle commensali donne sole. Una donna che mangia da sola era una donna fuori casa dopo il tramonto, senza un uomo, e poteva essere raggruppata solo in una delle due categorie: zitella o sgualdrina. Oppure troppo indipendenti. Le donne hanno riferito ai ricercatori di essere state guardate con pietà o disprezzo, e a malapena è stato loro concesso uno sguardo mentre i gruppi più grandi erano molto coccolati.

Del resto, qui è anche una questione economica: un tavolo da uno, per un ristoratore, è poco redditizio: perché è il convivio a farci rilassare, a farci bere più vino, a concederci il dolce, a essere meno attenti al conto.

Ma come fa notare un ristoratore attento: «Potrebbero essere soli oggi, ma domani portare un gruppo di dieci. Bisogna solo fare attenzione che non si siedano e utilizzino il wi-fi a lungo spendendo pochissimo».

Perché se ci sono sempre più single che mangiano al ristorante per godersi una solitudine condivisa, p anche vero che la maggior parte delle persone che mangia da sola è lì per costrizione, e mangia fuori perché sta lavorando lontano da casa: il posizionamento è importante e non vanno messi nei tavoli al centro, dove sarebbero ancora più esposti, ma per esempio in tavolini accanto alle pareti, per consentire loro di avere uno spazio visivo privilegiato senza sentirsi circondate. Forse per questo i ristoranti giapponesi o quelli con il bancone sono i migliori: nessuno si sentirà osservato e ci potrà sempre essere l’occasione per chiacchierare con l’operatore. Il tutto per un’esperienza analogica che finalmente libera dal digitale ed è molto più di un pasto per nutrirci, ma diventa un mix per gustarsi l’odore del cibo, il suono della musica e le persone che chiacchierano. Esattamente come quando andiamo al ristorante in compagnia.

PIATTO DEL GIORNO

La Corea del Nord si sta preparando a una possibile crisi alimentare nei prossimi mesi. I motivi sono vari, e insieme hanno dato vita a una situazione preoccupante. Il settore agricolo locale non è riuscito a soddisfare la produzione di grano prevista, e anche se dalla Corea del Nord non è emerso alcun segno che il paese sia in pericolo di un’altra devastante carestia, i giornalisti sudcoreani che monitorano i prezzi di mercato in Corea del Nord hanno affermato che il prezzo del riso è aumentato notevolmente nelle ultime settimane. Anche molti beni essenziali, compresa la medicina, stanno diventando sempre più scarsi, a causa della chiusura dei confini con la Cina, voluta dal governo per paura che un aiuto esterno potesse portare a un possibile focolaio di Covid-19. I piani economici voluti da Kim Jong-un hanno subìto un brutto colpo quando il crescente arsenale di armi del paese ha portato a pesanti sanzioni internazionali. Pandemia e inondazioni dello scorso anno hanno fatto il resto, e ora la crisi è conclamata.

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