Detti e non detti. Si può riassumere così la storia degli ultimi anni della Macedonia del Nord, riuscita finalmente a trovare un accordo con la Grecia dopo anni di rivendicazioni e dissapori. L’accordo di Prespa del 2018 ha regolato la contesa con Atene che è riuscita a ottenere che Skopje aggiungesse la dicitura “del Nord” al nome del suo Stato, distinguendosi così dalla regione della Macedonia, presente invece sul territorio greco. L’accordo sembra finalmente aver aperto la strada della Macedonia del Nord verso l’Occidente, con l’ingresso nella Nato e nella Ue (quest’ultimo probabilmente previsto nel 2025), anche se non mancano altre rivendicazioni, come quella della Bulgaria che chiede di assimilare la lingua macedone a un dialetto bulgaro.
Questa storia di richieste e contese non sembra voler lasciare il piccolo Paese balcanico nemmeno in questo momento di festa: la sua Nazionale è infatti per la prima volta a un Europeo (si trova nel girone C con Paesi Bassi, Ucraina e Austria) ed è a un buon punto anche nelle qualificazioni Mondiali, dopo aver battuto a marzo la Germania a domicilio. E a guidare le Linci (vengono soprannominati così i ragazzi del ct Angelovski ricordando la Lince dei Balcani, specie a rischio estinzione e raffigurata sulla moneta da cinque Denar) verso l’impresa di qualificarsi agli ottavi c’è Goran Pandev, simbolo per la nazionale macedone (quasi) paragonabile all’Alessandro Magno a cavallo che domina la piazza principale di Skopje.
La contesa con la Grecia
E proprio sulla memoria dell’eroe in grado di sconfiggere il potente impero persiano c’è stata per lungo tempo una diatriba con la Grecia, che ne custodisce gelosamente la memoria. Dalla proclamazione dell’indipendenza, nel 1993, la Macedonia ha dovuto da subito sostituire il Sole di Verghina con un sole a 8 raggi nella bandiera; cambiare il nome allo stato e anche allo stadio nazionale. Un tempo dedicato al padre di Alessandro Magno, re Filippo II, oggi l’impianto prende il nome di Tose Proeski, una vera e propria pop star per il Paese morta tragicamente per un incidente d’auto nel 2007 a soli 26 anni. Eppure, non basta. «L’abbreviativo è sbagliato e la Federazione deve cambiare nome», ha scritto pochi giorni fa il ministro dello sport greco, Lefteris Avgenakis, in una lettera indirizzata al presidente dell’UEFA Aleksander Ceferin.
Secondo Atene l’abbreviativo FFM, con cui la Federcalcio macedone si fa comunemente chiamare, sarebbe sbagliato in quanto non includerebbe la nuova dicitura, un problema che i greci hanno riscontrato anche nel nome della stessa Federazione. Copia analoga della lettera inviata alla UEFA è stata inviata anche dal ministro degli Esteri di Atene, Nikos Dendias, al suo omologo di Skopje, Bujar Osmani.
Un problema che però non sembra porsi. «La Federcalcio macedone è un’organizzazione indipendente e senza fini di lucro, regolarmente registrata come associazione che non riceve denaro statale. Fin quando le cose non cambieranno, non ha alcun obbligo di adeguarsi a quanto previsto dall’accordo di Prespa», ha risposto Osmani. Non è stato l’unico problema riscontrato. Ha infatti suscitato parecchio clamore in Macedonia la nuova divisa della Nazionale, pensata appositamente per questi Europei da parte dello sponsor tecnico, il tedesco Jako. Due i difetti principali della nuova maglia Home: la colorazione, una tonalità di rosso tendente al bordeaux lontano dalla storia macedone, e la mancanza di qualsiasi richiamo al simbolo nazionale, una costante in tutte le divise della Macedonia.
La Federazione aveva già presentato la nuova maglia in maniera ufficiale e il presidente della Federcalcio macedone, Stevo Pendarovski, l’aveva addirittura portata a Papa Francesco, che lo aveva ricevuto in udienza a fine maggio. Tuttavia, le critiche ricevute hanno costretto Federcalcio e sponsor tecnico a virare sulle divise dello scorso anno, caratterizzate da colori più conformi alla tradizione nazionale e dalla presenza del sole a otto raggi.
L’eterno Pandev
«Finché Pandev è in squadra e segna, la Macedonia vincerà». L’opinione comune dei tifosi non sembra poi così distante dalla realtà. Sono infatti di Goran Pandev le due reti storiche, quella contro la Georgia in finale playoff e quella che ha aperto la storica vittoria della Macedonia in Germania. «Goran è per noi fondamentale, è la nostra anima. Per noi macedoni Goran è molto di più di quello che Modric è per la Croazia. Ricordo il viaggio a Genova nel 2015: ero stato da poco nominato Ct e Goran aveva deciso di lasciare per assenza di risultati. Era triste. Gli feci cambiare idea, accettò con entusiasmo. Ora è la nostra stella», ha dichiarato in conferenza il ct Angelovski. Terminale offensivo della nazionale macedone, Pandev è il primatista di presenze e gol con la Macedonia (117 apparizioni e 38 reti con la casacca rossogialla) e ha di recente toccato il record di 100 marcature in serie A, dove ha vestito le casacche di Ancona, Lazio, Inter (con cui ha vinto il Triplete), Napoli e infine Genoa.
Un simbolo per la propria gente che non si identificava in un calciatore dai tempi di Darko Pancev, attaccante della Stella Rossa di Belgrado degli anni ’90 che vinse una Coppa dei Campioni nel 1991 a Bari contro l’Olympique Marsiglia. E mentre l’ex centravanti di Inter e Dusseldorf oggi ha aperto un bar a Skopje chiamato “Café 9”, come il suo numero di maglia, il futuro di Goran una volta appesi gli scarpini al chiodo sarà ben diverso. È infatti il proprietario di un club di calcio che gioca a Strumica, suo paese natale, chiamato Akademija Pandev e la cui squadra senior milita attualmente nelle serie A macedone.
Il vero obiettivo della società però è un altro. «Abbiamo una metodologia mista. Guardiamo alla Spagna per quel che riguarda il possesso di palla e all’Italia per la tattica», ha raccontato a Rivista Undici Jugoslav Trenchovski, il cofondatore e direttore dell’Accademia che oggi allena quasi 1300 ragazzi dai 7 ai 21 anni in tutta la Macedonia. Guidare le nuove leve calcistiche del Paese potrebbe essere un’esperienza allettante ma non scontata. In un Paese composto da una forte minoranza albanese, circa un quarto della popolazione, e altre più piccole di etnia turca, bulgara e kosovara Pandev potrebbe essere l’elemento perfetto in grado di rappresentare il calcio macedone al massimo livello, magari come presidente della Federcalcio. Ma c’è chi giura che la sua popolarità potrebbe portarlo anche alla poltrona di primo ministro.
La squadra
Oltre a Pandev però la squadra macedone ha altri interessanti giocatori. Il gruppo formato da Angelovski è molto simile a quello dell’Under 21 che nel 2017 esordì agli Europei di categoria. Non mancano le buone individualità, COME Elijif Elmas, reduce da una stagione non proprio esaltante al Napoli ma l’unico in grado di poter cambiare le sorti di una partita con un guizzo (cosa che ha fatto nelle qualificazioni alla Coppa del Mondo 2022, dove in tre partite ha segnato due gol). C’è anche l’attaccante Aleksandar Trajkovski, oggi al Maiorca ma con un passato nel Palermo; l’esterno Ezgjan Alioski, numero 10 del Leeds di Bielsa e “vittima” dell’esultanza di Marko Arnautovic nell’ultimo match contro l’Austria. Come ha mostrato la partita di Bucarest contro gli austriaci, in cui ha perso per 3-1, la Macedonia del Nord può potenzialmente giocarsela con tutti ma deve fare attenzione agli errori in fase difensiva, come dimostrano il secondo e terzo gol del match segnati nel giro di dieci minuti dall’attaccante dell’Augusta Gregoritsch e da Arnautovic, attaccante ex Inter in forza allo Shanghai SIPG.