Sostegno alla crescitaIl Patto di Stabilità rimarrà sospeso fino alla fine del 2022, dice Gentiloni

Il commissario Ue all’Economia ha spiegato che Bruxelles rinuncerà ad attivare la procedura per deficit eccessivo nei confronti dei 13 Paesi, tra cui l’Italia, che hanno sforato il tetto del 3% rispetto al loro prodotto interno lordo. Per il futuro chiede investimenti su ricerca, istruzione e infrastrutture pubbliche

LaPresse

La decisione era nell’aria da tempo, ora è arrivata l’ufficialità: la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita continuerà per tutto il 2022. La clausola di salvaguardia, cioè il meccanismo che permette agli Stati Membri di sforare dal rapporto massimo del 3% tra il proprio deficit pubblico e il prodotto interno lordo, sarà valida almeno per i prossimi 18 mesi, hanno detto oggi il commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il vice-presidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis.

Di conseguenza, l’esecutivo comunitario non attiverà al momento nessuna procedura per correggere i conti dei Paesi europei, tranne che per la Romania, già oltre i parametri prima della pandemia da Covid19. La decisione riguarda da vicino l’Italia: dopo l’ultimo scostamento di bilancio previsto per l’esercizio corrente dal governo, il deficit italiano arriverà a toccare l’11,8% del Pil, stando alle stime del Documento di Economia e Finanza. Ma non solo: secondo il rapporto della Commissione, nel 2020 i criteri di deficit annuale e debito pubblico complessivo stabiliti nel Patto sono stati violati da 23 Stati, a causa dello «straordinario impatto macroeconomico della pandemia da Covid19». Solo Bulgaria, Danimarca e Svezia sono riuscite a restare in entrambi i parametri nonostante la crisi sanitaria. 

La Commissione europea ha presentato oggi il suo spring package, che contiene le indicazioni per le politiche economiche del 2021, non troppo differenti rispetto a quelle dello scorso anno, ha ammesso il commissario al Lavoro e ai Diritti Sociali Nicolas Schmit. Ad accompagnarle ci sono i rapporti sulla situazione economica degli Stati Membri e una proposta di linee-guida per le politiche occupazionali nell’UE. In generale, la rotta intrapresa è quella di continuare a supportare le economie nazionali, rimandando a tempi migliori l’aggiustamento dei conti. Del resto, secondo le previsioni dell’esecutivo comunitario, l’economia europea tornerà ai livelli precedenti alla crisi sanitaria solo nell’ultimo trimestre del 2021 e bisognerà aspettare l’inizio del 2022 per avere lo stesso risultato nell’Eurozona.

Non mancano le raccomandazioni, soprattutto agli Stati più indebitati: man mano che il rischio sanitario diminuirà, nell’arco del 2022, sarà necessario orientare le proprie scelte economiche in modo da favorire gli investimenti pubblici e privati, ma soprattutto dirottare i fondi dalla spesa corrente al finanziamento di ricerca, istruzione e infrastrutture pubbliche. I soldi pubblici dovranno spingere la crescita, con un occhio di riguardo alla transizione ecologica e a quella digitale. Stessa filosofia da adottare per le politiche fiscali: meno tasse sul lavoro, di più su pratiche e comportamenti nocivi per l’ambiente, che andranno progressivamente disincentivati.

Centrale in questo progetto di ripresa è ovviamente il Next GenerationEU e in particolare il suo Recovery and Resilience Fund, che ammonta a 672,5 miliardi di euro, sui 750 totali fra prestiti e contributi a fondo perduto. Circa 360 miliardi dei primi e 312 miliardi dei secondi saranno disponibili per gli Stati Membri nei prossimi sei anni, al fine di supportare riforme e investimenti: un’opportunità senza precedenti da non lasciarsi scappare, hanno fatto capire i commissari. 

La Decisione sulle risorse proprie dell’UE, ratificata la settimana scorsa dai parlamenti di Polonia e Austria, gli ultimi fra i 27 Stati Membri a dare la propria approvazione, permette alla Commissione di reperire da subito i fondi necessari sui mercati e di iniziare a erogare i primi pagamenti già a luglio. Lo sviluppo dei vari piani nazionali di ripresa e resilienza (al momento sono 23 su 27 quelli consegnati ai commissari) verrà seguito con occhio vigile da Bruxelles. Da un lato la Commissione comunica che fornirà supporto e assistenza tecnica alle capitali, dall’altro chiede al Consiglio dell’Unione europea di fare presto con le implementing decisions, cioè le autorizzazioni formali a ogni Paese per procedere con il proprio programma. Le proposte arriveranno sul tavolo dei ministri dell’UE già nella seconda metà di giugno, si spera in una rapida convalida entro il mese prossimo. 

Passata la pandemia e tenendo in conto le dimensioni della ripresa economica, sarà il momento di tornare alle regole consuete, con gli Stati Membri chiamati a «garantire la propria sostenibilità nel medio termine». Debito pubblico e deficit, insomma, dovranno tornare ad abbassarsi, ma non in modo indiscriminato e a discapito degli investimenti statali, ha sottolineato Gentiloni. Sarà importante intervenire sulla composizione della spesa pubblica, e non solo sulle sue dimensioni, per rinforzare il potenziale di crescita dei vari Paesi.

Il discorso vale per tutti i Paesi dell’UE, ma soprattutto per chi presenta eccessivi squilibri macroeconomici: Grecia, Italia e Cipro soffrono di un grave indebitamento pubblico (rispettivamente al 205%, 155,8%, e 118,2% del proprio Pil) e non riescono a rendere produttivi i soldi che prendono in prestito dai mercati. In questo modo il loro potenziale rimane troppo basso per produrre una significativa riduzione del debito: una sorta di circolo vizioso dal quale sarà necessario svincolarsi al più presto. Alle capitali europee toccherà trasformare le raccomandazioni della Commissione in azioni concrete. 

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