Si chiama Gourmey, è un’impresa con sede a Parigi che questo mese ha raccolto 10 milioni di dollari (8,5 milioni di euro) da investitori europei e statunitensi per perfezionare la sua ricetta per produrre il fegato d’anatra ingrassato in un laboratorio.
Dopo la carne non carne, il formaggio vegano e il pesce a base vegetale, ecco un altro modo per provare a rendere meno pesante per l’ambiente una nostra (adorata) fissazione alimentare.
Il foie gras è la prelibatezza francese per antonomasia, ma il suo fascino sta perdendo sempre più smalto perché per produrlo più velocemente e economicamente, deriva troppo spesso da animali ingozzati con un’alimentazione forzata, legati e costretti a iper nutrizione per rendere il loro fegato più grosso in meno tempo. Una pratica inutilmente crudele, che ha portato nel tempo molti Paesi a rendere fuori legge il divino foie gras.
India, Israele e Gran Bretagna ne vietano la produzione e l’Inghilterra sta valutando un divieto di vendita, mentre i legislatori del Parlamento europeo hanno proposto il mese scorso di bandire l’alimentazione forzata di anatre o oche. Nella città di New York entro il 2022 ci sarà addirittura il divieto di servire il foie gras al ristorante, cosa che già succede in California, prima a bandirlo dalle sue produzioni con una legge del 2004 entrata in vigore nel 2012, e dalle sue tavole nel 2015.
Dal 2007 nel nostro paese non è più possibile produrre foie gras, anche se non sono vietate l’importazione e la vendita.
Queste prese di posizione penalizzano soprattutto la Francia, produttore del 98% del foie gras esportato in UK, che rifiuta però il bollo della crudeltà per identificare uno dei suoi prodotti più conosciuti.
Per salvarlo, in Francia da tempo studiano un modo per produrlo in modo etico: un gruppo di ricercatori di Tolosa ha notato che è una combinazione di batteri intestinali che determina l’accumulo di grasso. L’idea è quindi di riprodurre in laboratorio la giusta combinazione di batteri per stimolare la crescita biologica del fegato, senza ricorrere all’alimentazione forzata. Più caro, con un gusto più pulito. Ma di sicuro molto meno impattante sugli animali.
In effetti, per esempio rispetto al ‘ban’ di New York, il disegno di legge vieta la vendita di foie gras prodotto da “animali alimentati forzatamente”, con ogni violazione punibile con una multa di 2.000 dollari. Ma non tutto il foie gras proviene da anatre o oche che sono state alimentate forzatamente e determinare se il foie gras è stato prodotto illegalmente può presentare una sfida per l’applicazione. Ma di sicuro c’è bisogno di un nuovo modo di produrre questo alimento.
Ed è qui che entra in gioco Gourmey: «C’è un forte bisogno di un’alternativa al normale foie gras, un prodotto controverso che deve reinventarsi», ha affermato Nicolas Morin-Forest, uno dei tre fondatori di Gourmey.«Vogliamo dimostrare che la carne coltivata non si limita agli hamburger, ma può essere utilizzata anche per i prodotti gastronomici», ha affermato.
Ospitato in un laboratorio di ricerca universitario, Gourmey ha trascorso gli ultimi due anni a sviluppare il proprio processo per produrre foie gras in grado di superare la diffidenza di chef e appassionati di cibo: perché è il gusto il vero banco di prova di un prodotto che viene mangiato solo perché è una prelibatezza, dal sapore inconfondibile.
I fondatori dell’azienda sono Antoine Davydoff, un biologo cellulare, e Victor Sayous, uno studente di dottorato in biologia molecolare, e ora hanno circa 20 dipendenti. E proprio sul sapore non hanno dubbi: «In termini di gusto e consistenza, siamo al 90%», ha detto Sayous, che proviene dal sud-ovest della Francia, proprio il luogo privilegiato di produzione di questa specialità.
Ma come avviene la produzione? La loro ricetta inizia prendendo le cellule dall’uovo di anatra fecondato e mettendole in un “coltivatore” di alluminio dove nuotano in una soluzione nutritiva mantenuta a 37° C. Man mano che le cellule si dividono e si moltiplicano, il loro “cibo” viene regolato per promuovere la crescita delle cellule epatiche che sono pronte dopo due o tre settimane. Viene poi aggiunto del grasso vegetale per ottenere la consistenza cremosa, e sono stati coinvolti degli chef per mettere a punto il sapore finale.
Di sicuro il suo ultimo round di finanziamento permetterà a Gourmey di espandersi e migliorare ulteriormente la produzione. L’azienda ha in progetto di trasferirsi in una struttura di 1.000 metri quadrati nel centro di Parigi con l’obiettivo di dimostrare agli investitori la fattibilità della produzione su larga scala. La start-up cercherà anche di ridurre i costi e prevede di iniziare a coltivare carni di pollo, tacchino e anatra.
I mercati di riferimento, per l’inizio, saranno Stati Uniti e in Asia, dove c’è sia una necessità che un clima normativo più avanzato. Per la Francia, occorrerà tanta pazienza.Il ministro dell’Agricoltura francese Julien Denormandie ha twittato lo scorso dicembre una sentenza che al momento pare inappellabile: «Fidatevi, in Francia la carne sarà sempre naturale e mai artificiale!».
Est-ce vraiment cela, la société que nous voulons pour nos enfants ? Moi, NON.
Je le dis clairement : la viande vient du vivant, pas des laboratoires. Comptez sur moi pour qu’en France, la viande reste naturelle et jamais artificielle ! https://t.co/xNjccFyKUz— Julien Denormandie (@J_Denormandie) December 2, 2020
A Singapore, primi ad autorizzare la vendita della carne non carne a dicembre 2020, non sono così convinti. Esperti di proteine alternative hanno criticato le osservazioni del ministro, sottolineando la necessità di trasformare la catena di approvvigionamento delle proteine e allontanarsi dall’agricoltura animale tradizionale per affrontare la crisi climatica e le minacce di future pandemie. Anche quando si parla del piatto francese per eccellenza.