G20 Ambiente La transizione verde creerà milioni di posti di lavoro, dice John Kerry

L’inviato speciale di Joe Biden per il clima oggi prenderà parte al summit di Napoli. «Siamo alla vigilia del maggior cambiamento dalla rivoluzione industriale», spiega. E Timmermans, che nella Ue ha la delega sul Green Deal, precisa: «Non c’è contraddizione tra la lotta al cambiamento climatico e la ripresa dell’economia»

(Olivier Hoslet, Pool via AP)

«Difendendo l’ambiente abbiamo la possibilità reale di migliorare la vita delle persone e siamo alla vigilia del maggior cambiamento dalla rivoluzione industriale». L’inviato speciale degli Stati Uniti sul clima, John Kerry, interverrà al G20 Ambiente che si apre oggi a Napoli. Kerry è consapevole delle resistenze della Cina, così come delle tensioni inter-europee ma guarda oltre. «La mia impressione è che i singoli Paesi vogliono fare meglio nella protezione dell’ambiente e vogliono riuscirci adesso», dice in un’intervista al direttore di Repubblica.

Eppure le differenze ci sono e il summit appare tutto in salita. «Ci possono essere differenze di opinione se una decisione è abbastanza o se qualcuno sta facendo meglio di altri», spiega Kerry. «Dunque bisogna ascoltare tutti, con attenzione. Ed è ciò che farò al summit di Napoli. Ma il G7 è stato un grande successo per gli impegni sottoscritti – non finanziamento di impianti a carbone all’estero, riduzione delle emissioni nel 2020-2030 e riduzione della crescita della temperatura terrestre a 1,5 gradi – e credo possiamo riuscire a procedere su questa strada con il pieno sostegno del G20. Abbiamo più opzioni a Napoli».

L’Italia, intanto, presidente di turno del G20, sta tentando di favorire un accordo al summit sull’Ambiente. Kerry lo conferma. «I vostri ministri, come Cingolani, stanno facendo un grande lavoro, sono molto competenti. Ho incontrato il premier Draghi ed è stato molto chiaro con me nel descrivere le ambizioni dell’Italia: non solo per accompagnare Cop26 al successo ma anche per indicare la strada verso il futuro. La co-presidenza di Italia e Gran Bretagna per la Cop26 ci fa ben sperare».

Inoltre, secondo l’inviato speciale di Joe Biden, l’obiettivo dell’Unione europea di non emettere emissioni entro il 2050, riducendo i gas nocivi almeno del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, è «realistico, raggiungibile e positivo per l’economia. Siamo di fronte alla possibilità della più grande trasformazione dalla rivoluzione industriale. Saranno creati milioni di posti di lavoro. Non c’è alcun dubbio su questo. Ad esempio, in America dobbiamo creare una rete elettrica nazionale – che non abbiamo – e ciò significa lavori, elettricisti, idraulici, esperti di cavi, edili, tecnici di mezzi pesanti. Abbiamo di fronte la necessità di realizzare costruzioni imponenti ed altri Paesi si trovano in situazioni analoghe. E non è tutto perché dobbiamo sviluppare nuove tecnologie: idrogeno verde, impianti di elettrolisi che più saranno efficienti meno costeranno. L’idrogeno non crea emissioni, se non viene prodotto con carburanti fossili, e questo significa che possiamo arrivare all’idrogeno pulito. Certo, c’è anche l’idrogeno blu che può essere realizzato con il gas ma noi vogliamo ridurre tutte le emissioni. Possiamo farcela? Si. È chiaro come ci arriveremo? No. Dobbiamo avere maggiori ambizioni. Ed è per questo che ci vedremo a Glasgow, in novembre, alla Cop26 dell’Onu».

Sulla tassa sull’import di prodotti realizzati creando emissioni nocive che sta ipotizzando di introdurre l’Europa, Kerry spiega invece che «il presidente Biden ha chiesto a me e al mio team di valutare questa possibile tassa Ue. Non abbiamo idea di quali effetti avrebbe sulla catena di produzione, se potrebbe avere conseguenze negative su commercio e lavoro. Dovremo valutare tutto con attenzione. Ma l’idea che un Paese possa esportare prodotti a basso costo perché non rispetta le norme sulla difesa dell’ambiente non è accettabile. Ci sono Paesi che devono rispondere di tali comportamenti. È giusto. Ci possono essere strade diverse per arrivarci ma l’idea di fondo è condivisibile».

In questo contesto, anche «la Russia può fare molto. Putin ha chiarito che considera i cambiamenti climatici anche per il suo Paese. La Russia ha il metano e nelle regioni settentrionali ha il problema delle fuoriuscite nella tundra, nel permafrost. Hanno grandi edifici e intere città divenute instabili a causa del suolo che si scioglie». Però Kerry aggiunge: «Credo che Putin veda i problemi ma resta da vedere quando saranno concrete le conseguenze che persegue».

La Cina, invece, continua a difendere il finanziamento di impianti a carbone all’estero. «Io credo sia un problema, una sfida, di cui Pechino deve rendere conto a tutti. Sappiamo che alcuni Paesi considerano questi impianti cruciali per la loro produzione di energia ma non lo consideriamo più corretto: oggi abbiamo il vento, il sole e altre fonti rinnovabili che sono accessibili e costano anche meno. Sta a Paesi come la Cina scegliere di andare incontro a questi benefici».

La questione climatica, però, «può essere affrontata e risolta soltanto se tutti i Paesi partecipano. E può generare lavoro e ricchezze praticamente ovunque». Kerry crede che anche l’Europa possa superare le divisioni interne e affiancare gli Stati Uniti nella battaglia per il clima. «L’Europa ha superato Brexit e ora affronta il clima con determinazione e grazie ad un leader, Ursula von der Leyen, che con il vice Timmermans può avere successo. Affiancandosi agli Usa nel promuovere nuove alternative, tecnologie verdi, costruzioni finanziarie, fonti di energia pulita e impianti che rendono possibile una stagione di scoperte. È un grande momento per tutti noi perché possiamo davvero migliorare la vita della gente. È un’opportunità per tutta l’umanità».

Il fronte europeo
E proprio Frans Timmermans, vice presidente della Commissione europea con delega al Green Deal, anche lui arrivato a Napoli per il G20 Ambiente, in un’intervista al Corriere spiega che possibile raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa e nello stesso tempo far crescere l’economia. «Questo è il nostro messaggio principale: non c’è contraddizione tra la lotta al cambiamento climatico e la ripresa dell’economia», dice.

«L’Italia sta facendo un ottimo lavoro», dice anche Timmermans. «La violenza della natura ci mostra che dobbiamo intervenire con urgenza. Però c’è sempre il dibattito su quanto costi la transizione verde, su quanto si possa chiedere ai cittadini. Credo che adesso i cittadini abbiano capito che non c’è tempo da perdere e che non far niente costi molto più delle misure che dobbiamo mettere in atto. Il timore di vedere i Gilet Gialli per strada non deve impedire ai politici europei di agire adesso».

I ministri dell’Ambiente dell’Ue hanno mostrato scetticismo sulla proposta di estendere il sistema per lo scambio delle quote di emissione di CO2 (Ets) al trasporto su strada e al riscaldamento degli edifici. Ma il vicepresidente della Commissione Ue, dice: «Sono uscito dalla riunione abbastanza ottimista perché anche se ci sono state delle obiezioni, tutti hanno riconosciuto che la Commissione ha fatto una proposta ragionevole, completa anche se complicata. Arrivare alla neutralità climatica al 2050 e al taglio del 55% al 2030 è un obbligo legale. Tutti devono dare il loro contributo a questa transizione e dobbiamo essere sicuri che sia solidale e sociale. Le emissioni del trasporto su strada stanno aumentando, dobbiamo invertire questa tendenza. Se gli Stati hanno alternative le propongano ma prima di reagire chiedo loro di analizzare le nostre proposte: con il sistema Ets possiamo dare ai Paesi Ue un sostegno da usare per i cittadini che hanno difficoltà. Avremo in totale 144 miliardi da spendere in sette anni per aiutare i cittadini a ridurre il consumo energetico delle loro case o comprare un’auto pulita».

Un’altra misura che desta preoccupazione, soprattutto del settore automotive, è lo stop dal 2035 alle auto nuove a benzina o diesel. «I costruttori al mondo sono circa nove e hanno già annunciato l’intenzione di uscire dalla produzione delle auto con motore termico prima del 2035 o per quella data. Quindi noi non siamo i primi a dirlo», spiega Timmermans. «Sanno che la macchina termica non ha futuro. Da un’analisi di Bloomberg risulta che un’auto elettrica nuova a partire dal 2027 costerà meno di un’auto termica nuova. Con la nostra proposta diamo sicurezza ai costruttori perché ora sanno qual è il traguardo, l’industria così può pianificare. Bisogna anche aiutare le persone più povere a comprare un’auto pulita».

Alla fine quindi chi pagherà il conto della transizione green? «Non fare niente, non fare la transizione verde, costerà molto di più e a pagare di più saranno soprattutto i meno abbienti, coloro che non hanno la possibilità di spostarsi», risponde Timmermans. «I ricchi troveranno sempre un posto migliore. Il fare niente non è un’opzione perché costerà molto di più e costerà soprattutto per i poveri. La transizione avrà un costo ma dobbiamo dimostrare ai nostri cittadini che sarà distribuito nella società in modo solidale e giusto: coloro che possono pagare, pagheranno un po’ di più e chi non potrà sarà aiutato».