Una nuova coalizione a sostegno di Draghi. Che scomponga gli attuali partiti e li ricomponga intorno a tre poli europei: socialista, liberale, popolare. È la proposta del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che ora sogna un centrodestra senza sovranisti. «Per troppi anni siamo stati il Paese dell’instabilità e della non credibilità. L’abbiamo pagata carissima. Era l’Italia della bassissima crescita, un’Italia ingiusta, diseguale, l’ultima ruota del carro: sole, pizza, amore e tuppete-ta», dice il ministro di Forza Italia a Repubblica. Di due cose, sopra tutte le altre abbiamo bisogno: «Stabilità e credibilità».
A partire dalla sua coalizione, che dopo il summit di Villa Grande continua a mostrare tutte le sue fratture interne. Come evidenzia l’audio di Salvini su Giorgia Meloni pubblicato dal Foglio. Le linee di frattura sono tra i partiti di centrodestra, ma anche negli stessi partiti.
Brunetta è da sempre un grande sostenitore di Draghi, «una guida autorevole» con «un governo forte», dice. «Il popolo si fida di Draghi, ha capito. La società civile ha capito. Quelli che sembrano non aver capito sono i partiti che compongono l’attuale maggioranza». Il problema, come si vede nella discussione sulla legge di bilancio, è che «non possono andare avanti guardando indietro. Se continuiamo a dire “questa è la mia riforma, guai a chi la tocca, questo è il mio reddito di cittadinanza, la mia quota 100, il mio bonus”, non andiamo da nessuna parte. Allarghiamo soltanto la frattura tra partiti e popolo. Se prevale il distacco, il risultato è l’astensionismo».
Ma niente di drammatico. «Il dibattito in Consiglio dei ministri sulle pensioni o sui bonus c’è stato, però senza quella drammaticità che vi raccontano alcuni protagonisti», precisa Brunetta. «Non si ha il coraggio di battere i pugni sul tavolo davanti a Draghi mentre poi ci si vanta con i leader di partito, e quindi sui giornali, di averlo fatto. Non è bello né elegante».
Il ministro parla di un certo «malessere» esistente nella maggioranza che deriva «dalla mancanza di un collante tra i partiti che ne fanno parte e che stanno iniziando a rispondere al richiamo della foresta, al richiamo del consenso. Quanto di più sbagliato, perché così si va a sbattere». Brunetta si riferisce a tutti i partiti, dice, «anche se, paradossalmente, il partito più draghiano è il mio, Forza Italia, proprio perché non ha fatto parte dei precedenti governi Conte. Se la destra sovranista, anti-europea, anti-Green Pass va dietro al richiamo della foresta commette un grande errore, perché il popolo non la pensa così. Lo stesso vale per la sinistra, perché le persone chiedono stabilità e pragmatismo, non risposte ideologiche. Guardi la storia dell’obbligo di Green Pass. Tutti a prospettare sfracelli, anche a sinistra, poi è arrivato il D-Day e non è successo niente. Come le dicevo, il popolo ha capito».
Qual è quindi la cura per questo malessere? Brunetta si rivolge a tutti i partiti, a cominciare dal suo, Forza Italia: «Lancio un appello alle donne e agli uomini di buona volontà, ai “liberi e forti” di sturziana memoria. Torniamo ai fondamentali, alle grandi famiglie politiche che hanno costruito l’Europa e le sue istituzioni nel dopoguerra: la famiglia dei popolari, quella liberale e quella socialista. Queste tre culture politiche adesso possono ricostruire l’Italia del futuro. Con Draghi». E per farlo non serve una legge proporzionale: «Se l’appello è forte e vero, se c’è risposta, allora l’intendenza della legge elettorale seguirà. Se hai il consenso, vinci con qualsiasi legge elettorale. Senza contare che c’è una sorta di maledizione, un contrappasso: chi in passato si è cucito a misura una legge elettorale, poi ha sempre perso. Ed è finita male».
Intanto però il centrodestra vive una contraddizione forte: Forza Italia è nel Ppe, Meloni va dai neofranchisti di Vox in Spagna e Salvini difende Orban e i polacchi anti-Ue. «Forza Italia, quando era baricentrica con i suoi valori e il suo peso del 25-30%, era riuscita a “istituzionalizzare” la Lega e il Msi, poi An», spiega Brunetta. «Ma se l’egemonia sul centrodestra ce l’hanno Fratelli d’Italia o la Lega, la coalizione è inevitabilmente perdente. Lo si è visto alle amministrative e, temo, lo si vedrà anche alle politiche. O meglio: puoi anche vincere, ma non vieni percepito come una forza di governo. Non sei credibile se la pensi in maniera diversa sull’Europa, sull’Euro, sull’economia sociale di mercato. Non sono credibili coalizioni manifestamente opportunistiche, alleanze disomogenee e incoerenti formate solo per ragioni elettorali».
Così, prosegue, «un centrodestra unito non c’è, ha ragione Mariastella Gelmini. Le divaricazioni, semmai, sono aumentate. Dopo il 2018 è mancata una riflessione su quello che è successo. Invece servirebbe un’analisi anche dura e feroce sui nostri errori, ed è quello che mercoledì ho rappresentato con dolore al presidente Berlusconi. Salvini ha rinunciato a entrare nel Ppe e ha appena annunciato la volontà di rinsaldare l’alleanza con Le Pen in un nuovo gruppo, Meloni va a fare i comizi con Santiago Abascal. Tutto legittimo, per carità, ma questo, agli occhi dei nostri elettori moderati, di centro, ci impedisce di essere considerati come coalizione un’alternativa credibile alla sinistra. La verità è che la colonna portante dell’Europa e di ogni Paese dell’Europa è l’opinione moderata, quella che vuole la continuità nel cambiamento, vuole evolvere, vuole il progresso, nel rispetto dei valori. Forza Italia è questo».
Questo stallo, ribadisce, «si supera se le tre grandi famiglie politiche dei popolari, dei liberali e dei socialisti formano una nuova alleanza di governo». Anche con la Lega dentro: «La Lega che io vedo tutti i giorni nell’azione di governo certamente sì. In Consiglio dei ministri abbiamo votato tutto, tutti insieme. Bisogna evitare i calcoli di breve periodo che, come abbiamo visto, alla fine non tornano». «Abbiamo bisogno di partiti all’altezza di Draghi», spiega.
Brunetta ricorda che lui ha «la tessera numero due» di Forza Italia. «Io sono Forza Italia assieme a BerIusconi che ha la tessera numero uno. Ma voglio che il mio partito diventi il pivot di un centrodestra popolare ed europeo, capace di dialogare con tutti. Perché non dimentico che, oltre alla tessera di Forza Italia, ho anche quella del Ppe: è il mio aggancio alle migliori tradizioni delle famiglie politiche europee. E, ora come ora, mi sento più del Ppe che di una Forza Italia che rischia di appiattirsi su altre culture, non sue».
Se Draghi però fra tre mesi va al Quirinale che succede? «Io sono per il semipresidenzialismo alla francese. Se è impossibile una riforma costituzionale, con Draghi al Quirinale andremo verso un semipresidenzialismo di fatto. Ce lo chiedono gli italiani», dice. «Bisogna andare avanti almeno fino al 2030: un decennio di stabilità e riforme. Avremo costruito così un’Italia più efficiente, più bella, più giusta, più credibile. Non solo pizza e amore».