Post AmministrativeLetta ora pensa a un «nuovo Ulivo» con il centrosinistra unito

Il segretario del Partito democratico dice che è finita l’epoca di Conte come riferimento dei progressisti. E «con Calenda dobbiamo convergere», aggiunge. Anche Prodi spiega che «è finita l’epoca dei “fenomeni” e delle emozioni». Ma, precisa, «aspetterei a definirlo una svolta»

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

«Quella di oggi è la prova che la destra si può battere e che si vince se allarghiamo. Siamo tornati, ovunque, in sintonia con il Paese». Il segretario del Partito democratico Enrico Letta ha commentato così la sua vittoria alle suppletive a Siena e i risultati del Pd nelle principali città italiane. E in un’intervista a Repubblica sottolinea la sua «rivincita» verso le polemiche di questi mesi. «Oggi può nascere una nuova stagione politica, il nuovo Ulivo: un centrosinistra moderno e anche radicale, nei comportamenti e nei temi», dice.

Lo stesso commento arriva da un’intervista alla Stampa di Romano Prodi, l’ultimo che ha portato il centrosinistra a vincere le elezioni 15 anni fa. «Il Pd ha avuto un bel successo, inaspettato, oltre le previsioni. Con queste elezioni sono mutati anche i rapporti di forza nella possibile alleanza con i Cinque stelle», dice il Professore. «Il Pd è oggi il perno di una coalizione e non c’è più un problema di intesa tra uguali ma di un’alleanza, da realizzare o meno, tra partiti con differenze quantitative. I Cinque stelle al Nord stanno scomparendo». E aggiunge: «È finita l’epoca dei “fenomeni” e delle emozioni. Il governo ci sta aiutando a capirlo». Ma, precisa, «aspetterei a definirlo una svolta».

Letta guarda già avanti. La chiave di volta, dice il segretario Pd, è stata «aver privilegiato l’unità: intanto quella interna al Pd che ci ha consentito di superare le divisioni del passato; in secondo luogo l’unità del centrosinistra, che siamo riusciti a realizzare in quasi tutti i comuni dove si è votato, mentre nel 2016 la situazione era opposta e al primo turno non fummo in grado di vincere nessuna città». E poi «l’unità del Paese, che ha attraversato un momento difficilissimo: la nostra vittoria rafforza l’Italia perché rafforza il governo Draghi».

Secondo il segretario, dopo questa tornata elettorale «l’Italia è ancora più europea perché ha premiato uno schieramento progressista, che ha nell’Europa il suo punto di riferimento e nel Pd il baricentro. Dall’anno prossimo si dovrà rientrare in regole di bilancio più severe, operare scelte complicate: solo una coalizione unita e coesa sarà in grado di prendere, nel 2023, il testimone da Draghi. Il mio modello è quello di Scholz con la Merkel: garantire continuità al governo dentro un percorso complesso. Perciò faccio un appello agli alleati: in questi sei mesi di unità abbiamo capitalizzato un patrimonio, non disperdiamolo».

Ora si apre la partita dei ballottaggi. A Roma il centrosinistra era diviso in tre, a Torino idem. Come convinceranno Conte e Calenda ad appoggiare i candidati Pd? «Noi ci affideremo agli elettori e gli chiederemo di fare una scelta chiara: o di qua o di là. Di votare per i nostri candidati, che sono tutte personalità di alto profilo, anziché per quelli del centrodestra che ha alzato bandiera bianca. E lo faremo rivolgendoci innanzitutto alle liste a noi più vicine. Io ho visto il M5S in migliore salute laddove era alleato con noi. E con Calenda dobbiamo convergere, anche se lui ha deciso in prima battuta di correre da solo. Il mio compito sarà ora persuadere tutti che stare insieme è l’unico modo per vincere, fra quindici giorni e alle politiche del 2023».

E sul centrodestra dice: «Ha sbagliato i candidati sindaci, ha scelto personaggi di seconda o terza fila e non lo dico io, ma gli stessi leader di quella coalizione. Ma sbagliare i candidati nelle grandi città non è un dettaglio: è la prova che il centrodestra non è affidabile e senza Berlusconi – che era il federatore e ha pronunciato parole terribili – è più debole».

Ma con i Cinque Stelle deboli, la stagione del «Conte riferimento dei progressisti» ormai è finita. «Quella era un’altra fase», dice Letta. «Con Conte il rapporto è ottimo, lavoriamo bene e continueremo a lavorare, ma sulla nostra coalizione, anche alla luce di risultati di oggi, bisognerà fare un discorso allargato».

Letta guarda già avanti. Queste amministrative, dice, «sono la prova generale delle politiche perché testimoniano che la destra è battibile. Quando sei mesi fa mi è stato chiesto di tornare, la vittoria di Salvini e Meloni pareva ineluttabile. Noi abbiamo fatto una campagna non sui social o nei salotti, ma casa per casa, sul territorio, fra la gente. Su temi concreti, parlando di ciò che interessa alle persone. Ci siamo riappropriati di due parole – sicurezza e libertà – che parevano appannaggio della destra. Con la posizione su riaperture e Green Pass, abbiamo mostrato che esiste un centrosinistra responsabile e adulto, in grado di governare meglio di chi preferisce strizzare l’occhio ai no vax».

Questo l’avvertimento di Romano Prodi: «Se Letta insiste, il Pd può ritrovare una forza che da molti anni non aveva. Ma non deve fermarsi». Ecco la ricetta del Professore per investire sul successo: «Il Pd deve allargare la partecipazione. Spero che le Agorà allarghino il dialogo con gli elettori. Ecco, penso che la vittoria possa dare coraggio per accrescere, non tanto e non subito dei voti, ma proprio la partecipazione. Perché la partecipazione è la premessa per avere voti».

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