A tempo debitoLa crisi immobiliare potrebbe portare guai molto seri alla Cina

I prezzi delle case aumentano e interi quartieri rimangono disabitati. È uno dei problemi più gravi di una nazione che si nasconde dietro aggressività ed efficienza di facciata, mentre si sta usurando dall’interno

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La Cina di Xi Jinping esibisce la propria potenza alle Olimpiadi Invernali di Pechino, bullizza i giornalisti presenti, minaccia Taiwan, appoggia le minacce russe all’Ucraina, continua a non essere trasparente sul Covid, ma al di là della propria immagine aggressiva potrebbe collassare sotto il peso del debito del mercato immobiliare.

Il problema è stato evidenziato dalla crisi di Evergrande: gigante di un settore immobiliare che arriva al 29% del Pil cinese, che è poi lo stesso livello cui erano arrivate Spagna e Irlanda prima dello scoppio delle rispettive bolle immobiliari.

Ma poiché i prezzi sono troppo alti il numero delle transazioni sta crollando: il fenomeno evidenziato dai grattacieli e addirittura intere città che Evergrande aveva costruito, e che sono rimasti vuoti. Secondo una legge base dell’economia, di fonte al crollo della domanda anche i prezzi hanno iniziato a scendere: in un anno, le vendite totale delle prime 100 firme del mattone della Repubblica Popolare sono crollate del 39,6%. Ma non basta.

Società Usa specializzata in ricerche sull’economia cinese, J Capital Research ha calcolato che una coppia appartenente alla classe media necessiterebbe di 47 anni per acquistare un appartamento di circa 90 metri quadrati, a Pechino o Shanghai, se marito e moglie potessero risparmiare il 100% del loro stipendio per l’acquisto. Il sito web Sixth Tone che pure offre informazione sulla Cina, ha trovato una soluzione alternativa: «Vuoi comprare una casa in una grande città cinese? Cerca di vincere prima alla lotteria». Almeno 30 città cinesi si rifiutano ormai di registrare transazioni a prezzi inferiori ai livelli stabiliti dal governo.

Il punto è che, stando a Moody’s, se il settore immobiliare oscilla tra il 25 e il 30% del Pil, arriva addirittura al 70-80% della ricchezza delle famiglie cinesi. I controlli sui cambi impediscono infatti di investire in attività estere, in patria ci sono poche altre possibilità di impegnare liquidi, quindi i risparmi vanno in appartamenti. Molti appartamenti sono dunque in mano a proprietari che li tengono come bene rifugio e dunque né ci abitano e neanche li affittano, per evitare di farli deprezzare. Ma il deprezzamento diventa invece fatale, se i prezzi sono al di sopra delle possibilità della gente. E per questo i giganti dell’immobiliare hanno iniziato a commettere default: dopo Evergrande, con i suoi 305 miliardi di dollari di passività, per lo meno un’altra dozzina di società ha avuto problemi analoghi.

La linea ufficiale, almeno in base al comportamento delle autorità, è di non preoccuparsi, perché ci sarà tutto il tempo per fare i necessari aggiustamenti prima che la bomba del prezzo esploda. Ma il modo per posticipare la crisi è stato quello di creare debiti aggiuntivi, fino al punto che il debito è arrivato al 350% del Pil. Quando la crescita economica procedeva il rimedio poteva funzionare. Ma a causa della scarsa efficacia dei vaccini cinesi la strategia del Covid Zero dichiarata dal governo deve basarsi su un isolamento radicale destinato a bloccare questa crescita. Continua l’export, aumentato nel 2021 del 29,9%. Ma sono stati gravemente penalizzati i consumi interni, e senza di essi Xi rischia di non essere in grado di generare la crescita necessaria per onorare il debito.

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