L’Italia della dignitàCon Mattarella la politica ha vinto, spiega Renzo Piano

Secondo l’architetto e senatore a vita, il presidente della Repubblica «è un uomo politico, nel senso più alto del termine». E per far fronte alla emergenze citate durante il messaggio di insediamento, bisogna partire dalle periferie. Il Paese «ha bisogno di un grande rammendo su più fronti, sulla difesa del territorio come dal punto di vista sociale»

Foto Angelo Carconi/Pool Ansa/LaPresse

Nessuna sconfitta della politica. «Io penso il contrario». Lo dice alla Stampa Renzo Piano, architetto e senatore a vita che nel suo ruolo di grande elettore non si è perso una chiama nella settimana culminata con la conferma di Sergio Mattarella al Quirinale.

E dopo il discorso del secondo insediamento del Capo dello Stato, scandito dalla parola «dignità», Piano difende il valore del Parlamento: «Entrare in quel Palazzo, ogni giorno per votare, è una sensazione che mi ha colpito molto. Non era certo la prima volta che mi trovavo lì, ma essere in una realtà che rappresenta la democrazia, svolgere un dovere civico per un grande Paese, significa comunque appartenere a un contesto che esprime la nobiltà della politica. Nella dignità del luogo sta anche la dignità del ruolo».

Per lui – dice – la dignità citata più volte da Mattarella, «quando si parla di una funzione pubblica, di un impegno per gli altri, è uno dei concetti più alti che si possa immaginare».

Piano spiega di intendere il concetto di politica «come gestione della polis. Il giuramento dei politici ateniesi appena eletti, vale la pena di ricordarlo, era molto semplice: “Vi prometto, o ateniesi, di restituirvi Atene più bella di come me l’avete consegnata”. La bellezza in greco era quella più profonda. La politica in questo senso è bellissima, è un nobilissimo mestiere. E dico che è una vittoria della politica perché Mattarella è un uomo politico, nel senso più alto del termine».

Durante la cerimonia di ieri, il presidente Mattarella ha ripetuto che tutti insieme dobbiamo fare fronte a tre emergenze: sanitaria, economica, sociale. E che vanno combattute le diseguaglianze. Da partire? «Non ho dubbi, dalle periferie», risponde Piano. «E il termine che ho usato spesso per il lavoro da fare nel Paese è rammendo. Il rammendo non è un rattoppo, rammendare non è rattoppare. Il rattoppo è un rimedio malfatto, il rammendo è sapiente, intelligente, sottile. È complesso. L’Italia è un Paese che ha bisogno di un grande rammendo su più fronti, sulla difesa del territorio come dal punto di vista sociale. E questo lavoro si fa cominciando dalle periferie, che sono sempre state screditate, accompagnate da aggettivi denigratori. Invece è lì che c’è la forza del Paese, sono fabbriche di energia».

E poi Piano racconta di come con la senatrice a vita Liliana Segre abbiano parlato «di come sia necessaria un’opera di rammendo non solo sul piano del territorio, delle periferie nel senso logistico della parola, come infrastrutture, servizi, impianti. C’è anche bisogno di fare un’opera di rammendo sociale, è evidente. E su questo grande tema bisogna investire molte energie».

Partendo – dice Piano – «dalla scuola, dall’educazione: è il saper leggere e scrivere, è la conoscenza, il nodo centrale. Ed è anche uno dei temi del lavoro che faccio in Senato con un gruppo di ragazzi: in questo momento siamo impegnati nella progettazione di una scuola in una zona periferica a Sora, in Ciociaria. Bisogna agire, non stare a piangere, interrogarsi su come risolvere i problemi e farlo».

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