In vino Co2La nuova frontiera dell’ambientalismo è l’alcol verde

La distillazione dei superalcolici è uno dei processi più inquinanti del pianeta, ma qualcosa si muove: i vecchi metodi lasciano gradualmente il passo a processi più rispettosi degli ecosistemi

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“Mi può dire le emissioni di questo whiskey?”. È una frase che potremmo iniziare a sentire sempre più spesso nei pub, italiani e non. La distillazione dei superalcolici è infatti uno dei processi più inquinanti al mondo. Ed è un problema a cui le case produttrici stanno iniziando a cercare di porre rimedio. Come raccontato da uno studio di quattro ricercatori indiani, la lavorazione di queste bevande porta allo sversamento di acque contaminate con metalli pesanti tossici. Si tratta di liquidi che inibiscono la germinazione dei semi, aumentano l’impoverimento della vegetazione e danneggiano anche gli ecosistemi acquatici se sversati in mari, fiumi e laghi. 

Ma il problema riguarda anche le emissioni di Co2. E arriva fino in Italia. Il 17 febbraio di quest’anno l’Agenzia toscana per la protezione ambientale (Arpat) ha dichiarato illegale il livello di emissioni prodotte dalla distilleria Deta, situata a Barberino Tavarnelle e produttrice, tra gli altri, di gin, brandy e acquavite. Non è la prima volta che l’azienda finisce nel mirino degli ambientalisti. Nel marzo 2021 Deta era stata addirittura costretta a chiudere temporaneamente a causa della forte presenza di gas inquinanti nell’atmosfera dovuti alla sua attività.

Quello di Deta non è un caso isolato. A metà marzo anche il colosso inglese Diageo, proprietario tra gli altri di Guinness, Baileys e Talikser, ha dovuto pagare una supermulta da 1,2 milioni di sterline per avere infranto i limiti di emissioni. Secondo l’Agenzia scozzese per la protezione ambientale, la multinazionale avrebbe inquinato illegalmente per oltre sei anni. La multa è stata criticata dagli ambientalisti come modesta, se comparata ai profitti da 3,7 miliardi registrati dal gruppo nel solo 2021.  D’altronde proprio il whiskey è indicato come uno dei superalcolici più inquinanti al mondo. Per produrlo è necessaria un’enorme quantità di energia capace di estrarre gli zuccheri dal grano nel processo di ammostatura. Secondo uno studio dell’università inglese del Surrey, gli altri alcolici più inquinanti sarebbero il gin e la vodka, mentre il sidro vincerebbe la targa di più “ecologico”.

Ma i tempi stanno cambiando anche nell’industria dell’alcol. E l’onda verde sta iniziando a travolgere i vecchi metodi di distillazione. Capofila di questa trasformazione è proprio Diageo, che, forse anche per farsi “perdonare” gli errori del passato, ha iniziato a inaugurare nuove distillerie a emissioni zero, ovvero il cui funzionamento non richiede l’utilizzo di combustibili fossili. Il primo stabilimento è stato inaugurato a settembre 2021 a Lebanon in Kentucky, mentre nel marzo di quest’anno l’azienda ha annunciato di avere iniziato i lavori per un nuovo impianto “green”  in Canada da 245 milioni di dollari canadesi. 

Anche altre realtà si stanno iniziando a mobilitare. È il caso della scozzese Eden Mill, produttrice di whiskey e gin, che il 14 marzo ha stipulato un accordo, valido per 50 anni, con l’Università di St. Andrews per costruire un nuovo stabilimento alimentato interamente da energia solare. C’è anche chi, pur non raggiungendo l’obiettivo delle emissioni zero, si sta impegnando per lo meno a ridurre i danni. Si tratta di Oban, distilleria di uno dei whiskey scozzesi più rinomati, che dal 2018 è passata all’utilizzo dei biocombustibili riducendo del 98 per cento le proprie emissioni. Particolare poi la decisione del colosso inglese degli snack Walkers che a partire dal dicembre 2020 ha iniziato a unire agli scarti delle proprie patatine le emissioni di Co2 create dal processo di fermentazione della birra ottenendo così un nuovo fertilizzante.

La svolta “ecologica” dell’alcol mondiale è anche frutto dell’azione dei governi. Il Regno Unito ha stanziato 10 milioni di sterline per aiutare le distillerie a “decarbonizzarsi”. Il ministro britannico all’Energia Kwasi Kwarteng ha detto che “l’industria dell’alcol è chiamata a giocare un ruolo cruciale nella transizione energetica”. D’altronde, l’industria dell’alcol britannica è molto importante e vale circa 6,5 miliardi di euro per l’erario. L’obiettivo dei produttori è di arrivare all’impatto zero entro il 2040. Il Regno Unito si è mosso. E l’Italia?

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