Putiniani inconsapevoliAbbiamo già abbastanza agenti del caos in giro, vediamo di non aiutarli con le nostre scemenze

A sentire giornali e tv, in quattro giorni appena, Putin ha stravinto una guerra che non ha mai cominciato, però l’ha anche già persa, contro quei paesi occidentali che pur avendo irresponsabilmente provocato tutto questo, al tempo stesso, non hanno fatto un bel nulla

di Khamkeo Vilaysing, da Unsplash

In meno di una settimana, sui giornali e in tv, i più autorevoli analisti, editorialisti e commentatori ci hanno spiegato, nell’ordine, che Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina (fino al giorno prima dell’invasione); che Putin aveva già vinto (dal giorno stesso dell’invasione, 24 febbraio); che l’occidente aveva sbagliato tutto e a questo punto poteva fare ben poco (dal 25); che Europa e Stati Uniti avevano cinicamente abbandonato l’Ucraina al suo destino, perché non avevano più né la voglia né la forza né l’interesse di scontrarsi con la Russia, e nemmeno di sacrificare i propri interessi economici (fino all’altro ieri); che Stati Uniti ed Europa non dovevano esagerare e dovevano invece dare modo a Putin di ritirarsi salvando la faccia (ieri).

Ricapitolando, in quattro giorni appena, Putin ha stravinto una guerra che non ha mai cominciato, però l’ha anche già persa, contro quei paesi occidentali che pur avendo irresponsabilmente provocato tutto questo, al tempo stesso, non hanno fatto un bel nulla, anche perché disponevano solo di armi spuntate, con cui ora però non devono cercare di stravincere, perché il troppo stroppia. Chiaro, no?

Se pensiamo che siamo appena all’inizio del quinto giorno di guerra, c’è di che essere preoccupati sul serio, non solo per l’andamento di un conflitto terribile e dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche per il mondo intero; ma anche per l’equilibrio psicologico ed emotivo del nostro dibattito pubblico. In ogni caso, vista la prova data fin qui dal giornalista, dal politico e dal geopolitologo collettivo, non pare il caso di fare tanto gli spiritosi sugli strateghi di Twitter e gli analisti militari dell’accademia di Facebook, che alla fin fine non hanno fatto certo peggio di quelli visti sin qui sui mezzi di informazione più blasonati.

C’è però un problema di fondo che questo assurdo dibattito mette in evidenza. Se infatti ripercorrete a ritroso la marea di fregnacce dette in questi giorni e qui solo sommariamente riassunte, vi accorgerete che, al netto di tutte le evidenti contraddizioni, vi è un robusto filo conduttore che le tiene insieme.

Nell’assoluta incoerenza e autocontraddittorietà dei riferimenti fattuali, c’è infatti una perfetta e direi adamantina coerenza d’ispirazione. Europa e Stati Uniti possono essere guidate da cinici politicanti che abbandonano l’Ucraina al suo destino per tutelare i propri interessi fino a ieri e da irresponsabili guerrafondai che rischiano di trascinarci nella terza guerra mondiale oggi, e così governi, partiti e Parlamento italiani ed europei, anzi, soprattutto partiti e parlamenti. Il geniale stratega, l’uomo forte, l’invincibile giocatore di poker è sempre l’autocrate; le democrazie sono sempre o imbelli o in preda all’isteria. È una retorica di cui, a cento anni esatti dalla marcia su Roma, non si dovrebbe faticare a riconoscere la matrice culturale. Una concezione del mondo in cui la democrazia, proprio come la donna, è sempre o debole o isterica, mentre la prepotenza degli aggressori è prova di forza e scaltrezza superiori.

La dura necessità di combattere il Covid ci ha insegnato l’importanza dell’osservare tutti alcune norme di comportamento, a tutela della salute collettiva. Se non vogliamo rendere sin troppo facile il lavoro ai tanti agenti del caos che lavorano alacremente alla destabilizzazione delle democrazie occidentali, dovremo imparare a prenderci altrettanta cura dell’igiene del nostro dibattito pubblico, che non significa solo mettere al bando gli organi di propaganda e disinformazione più smaccati (come si sta giustamente facendo in Europa), ma anche fare banalmente un po’ più attenzione, ciascuno di noi, nel nostro piccolo, persino sulle nostre piccolissime pagine social, a non alimentare il contagio della propaganda antidemocratica e antipolitica.

Inutile aggiungere che su questo terreno in Italia, specialmente noi giornalisti, siamo un pochino indietro.

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