Il 2030 è un orizzonte temporale ampio, ma non così tanto quando si parla di reimpostazione di processi produttivi, comunicazione, ma soprattutto abitudini. La Strategia europea per il tessile sostenibile e circolare pubblicata dalla Commissione europea fissa infatti diversi step per arrivare a una produzione più equa e sostenibile dei tessuti in Europa, che dovranno poi essere recepiti non solo dai produttori, ma anche dai consumatori e dai singoli governi nazionali. L’assunto fondamentale è che stiamo producendo troppo: tra il 2000 e il 2015 la produzione di tessuti a livello globale è quasi raddoppiata, mentre quella delle calzature si stima sia in aumento del 63% entro il 2030: si passerebbe da 62 milioni di tonnellate di scarpe prodotte a 102 milioni nel 2030. Di queste 5,8 milioni di tonnellate vengono scartate nella sola UE, praticamente 11 chili per persona.
Ora, con questo quadro è chiaro che se non facciamo qualcosa a breve ci ritroveremo seppelliti dai nostri stessi abiti, ma non solo: stando al report che contiene la strategia, nell’Unione europea il consumo di tessuti, la maggior parte dei quali importati, rappresenta in media il quarto maggior fattore di impatto negativo sull’ambiente e sul clima e il terzo più alto per l’uso di acqua e sfruttamento del terreno. A questo va aggiunto il tema dell’inquinamento dovuto alle microplastiche, una delle cui fonti principali di rilascio sono le fibre sintetiche utilizzate per la realizzazione dei tessuti, che si stima essere circa il 60% del totale. Sono ben 40.000 le tonnellate di fibre sintetiche rilasciate ogni anno in conseguenza dei soli lavaggi domestici.
Quindi cosa fare? Per ridurre in modo significativo la produzione, e quindi l’impatto sull’ambiente delle fibre tessili, è vitale allungare la vita dei prodotti, cosa che si può fare fissando delle regole per i processi produttivi. Le misure proposte sono tante e articolate e saranno oggetto di confronto, ma puntano in sostanza a far sì che, entro il 2030, tutti i prodotti tessili europei siano realizzati in larga parte con fibre riciclate e senza l’utilizzo di sostanze dannose, prodotti nel rispetto dei diritti sociali, ma anche riciclabili e durevoli. Il documento parte quindi dal fissare dei requisiti per un design ecocompatibile che puntano sia ad allungare la vita dei prodotti, che a facilitarne il riciclo a fine vita.
L’obiettivo per questo step è infatti di arrivare al 2024, previa approvazione da parte dei legislatori, allo sviluppo di requisiti vincolanti per la progettazione del prodotto nell’ottica di aumentare le prestazioni dei tessuti in termini di durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, riciclabilità, contenuto obbligatorio di fibre riciclate e riduzione al minimo della presenza di sostanze nocive. Un altro punto fondamentale del documento riguarda la sovrapproduzione, i prodotti invenduti e la loro fine: la Commissione propone infatti l’obbligo per le grandi aziende di rendere pubblico il numero di prodotti che scartano e distruggono tramite l’incenerimento o il conferimento in discarica. Gli strumenti digitali stanno cambiando il modo in cui l’abbigliamento viene progettato, prodotto e distribuito: la Commissione valuterà come le nuove tecnologie possano ridurre l’elevata percentuale di resi di vestiti acquistati online, incoraggiare la produzione personalizzata su richiesta e, in questo modo, migliorare l’efficienza dei processi industriali e ridurre l’impronta carbonica dell’e-commerce.
In relazione all’inquinamento da microplastiche, invece, la prospettiva è quella di introdurre, entro la seconda metà del 2022, dei requisiti di progettazione vincolanti nell’ambito della progettazione ecocompatibile: oltre alla progettazione, le misure riguarderanno i processi di produzione, il prelavaggio negli impianti di produzione industriale, l’etichettatura e la promozione di materiali innovativi. Ulteriori opzioni includono filtri per la lavatrice, lo sviluppo di detersivi delicati e la diffusione di linee guida sia per la cura e il lavaggio, che per il trattamento dei rifiuti tessili a fine vita.
L’obbligo di informazione sarà sancito anche dall’introduzione di un passaporto digitale del prodotto tessile, il cui focus sarà la puntualità delle informazioni sulla circolarità e sugli aspetti di tutela ambientale.
Uno dei temi cruciali, quando si parla di sostenibilità nel tessile, riguarda l’attendibilità delle informazioni: per questo con l’iniziativa Empowering Consumers for the Green Transition, la Commissione propone di modificare, entro la fine del 2022, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Le nuove norme dell’Ue garantiranno che ai consumatori siano fornite informazioni sulla durabilità, ma anche informazioni rilevanti per la riparazione (compreso un punteggio di riparabilità), mentre termini vaghi come green, eco-friendly, o buono per l’ambiente, saranno ammessi solo se sostenuti da certificazioni di misurazione delle prestazioni ambientali, come quelle rilasciate da Ecolabel. Per quanto riguarda la direttiva sui rifiuti, invece, la data entro cui andrà presa una decisione è il 2023: l’intento è quello di creare un sistema per la raccolta, lo smistamento, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti tessili anche grazie all’introduzione di incentivi per quei brand e produttori che siano in grado di garantire il principio di circolarità dei loro prodotti. In questo contesto, la Commissione proporrà che una parte dei contributi versati ai regimi EPR (con il termine Extended producer responsibility si indica l’approccio di politica ambientale nel quale il produttore di un bene è responsabile anche alla fase post-consumo, ovvero della sua gestione una volta diventato rifiuto) sia destinata a misure di prevenzione dei rifiuti e possibilità di riuso. Inoltre si ipotizza la creazione di hub nazionali destinati alla gestione e al riciclo degli scarti tessili per arrivare all’ambizioso obiettivo di recuperare il 100% delle fibre scartate.
Perché la transizione ecologica e digitale possa veramente portare dei risultati, tutto l’ecosistema tessile deve reinventarsi. Solo migliorando la ricerca, l’innovazione e la promozione degli investimenti nel settore si può ambire a un modello di crescita sostenibile e alla creazione di posti di lavoro locali. La Commissione sta quindi lavorando a una tabella di marcia comune per l’innovazione delle tecnologie industriali nell’ottica della circolarità e del riciclo dei tessuti: incoraggerà le imprese dell’ecosistema tessile a partecipare a iniziative per lo sviluppo dell’European Green Deal Dataspace e del Manufacturing Dataspace, in modo da condividere e riutilizzare più facilmente i dati tra le aziende.
Tutti questi punti, individuati dalla commissione come elementi su cui lavorare, non sono che il punto di partenza per l’enorme mole di consultazioni che si svolgeranno per capire la fattibilità, e soprattutto l’impatto, delle nuove norme. E poi ci sono le aziende che, una volta decisa la linea d’azione, dovranno adeguarsi e, per farlo, dovranno ricorrere a finanziamenti e incentivi messi loro a disposizione dai propri governi o dalle autorità competenti. Insomma, la pubblicazione della Strategia europea per il tessile sostenibile e circolare non è che il primo step, ce ne dovranno essere molti altri prima che questo documento abbia effetti reali, ma intanto la prima pietra c’è.