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In cima alla lista dei lavoratori introvabili in Italia ci sono i camionisti. Ne mancano almeno 15mila, c’è chi parla di 20mila. Ma il succo non cambia: senza i tir, i container restano fermi e le consegne rallentano. L’età media dei camionisti italiani cresce di anno in anno. Oggi, quasi il 46% dei titolari delle Carte di qualificazione ha superato ormai i 50 anni. E i pensionati non vengono rimpiazzati dai giovani. Non c’entrano solo le diverse vocazioni delle nuove generazioni, ma anche la fine della leva obbligatoria che ha interrotto l’avvio alla professione di chi si formava nell’Esercito. E se nel 2000 il 98% degli autisti di tir era italiano, oggi siamo al 60%.
Da tempo, l’assenza di giovani braccia al volante è stata in parte colmata dai camionisti stranieri anche extracomunitari, dopo che il decreto flussi nel 2020 ha inserito l’autotrasporto tra le categorie da “importare”. Ma non è bastato. E con il boom degli acquisti online post-Covid, nel 2021 la carenza di camionisti si è trasformata in emergenza. Dall’albo hanno creato un progetto per ridurre i costi di avvio, visto che tra patente e licenza si spendono oltre 7mila euro. Secondo Anita, l’associazione di Confindustria, la soluzione potrebbe essere riqualificare i lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali. Ma molto andrà fatto anche su stipendi e qualità del lavoro. Perché, accanto alle aziende che offrono fino a 3mila euro al mese, sono ancora troppe quelle che prevedono paghe di pochi centesimi al chilometro, contratti irregolari e giornate di 12-13 ore al volante.
Si richiede perizia
«Bisognerebbe fare una serie televisiva sui periti industriali, non solo sui carabinieri», disse qualche anno fa l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. La carenza di questi professionisti va avanti da tempo. Ma, secondo i dati di IG Samsic Hr, nel 2021 i periti industriali hanno raggiunto la vetta della classifica delle figure tecniche introvabili. Tra ecobonus e superbonus edilizi, in alcuni territori la ricerca di questi professionisti si fa disperata. E con il Pnrr, la domanda aumenterà. La curva degli iscritti all’albo, che ha 26 specializzazioni, è in discesa da anni.
Secondo il Consiglio nazionale, a novembre 2021 erano solo 40mila, di cui 13.185 liberi professionisti. Le donne si fermano al 2,7%. E l’età media tra i liberi professionisti è arrivata a 52,3 anni. I più richiesti sono gli specialisti termotecnici ed elettrici. Ma anche quelli dell’area informatica e delle telecomunicazioni, che hanno ripreso a crescere dal 2018. Ma l’età resta alta anche nel settore Ict, toccando i 52,5 anni in media tra le partite Iva. Nella termotecnica si scende a 47,1. Ma i giovani sono ancora pochi. Con la legge che dal 2021 prevedeva l’obbligo della laurea triennale per accedere all’albo, posposto poi al 2024, sono aumentati i laureati, che oggi sono il 10%. I numeri, però, restano bassi. Elettronica, telecomunicazioni e informatica raccolgono circa 7mila professionisti, l’area termotecnica solo 9mila. Eppure, come confermano da Eppi, la cassa previdenziale dei periti, a guardare i redditi, le somme incassate ogni anno sono più alte di quelle dei più ambiti ingegneri e architetti.
Cambio di programmatori
Sviluppano software, costruiscono siti e app. E dopo l’accelerazione digitale dovuta alla pandemia, in Italia tutti li cercano ma in pochi li trovano. Il programmatore informatico, secondo il bollettino Excelsior, a novembre 2021 è in cima alla lista delle professioni specializzate più richieste, con un tasso di difficoltà di reperimento del 60%. E nel 44% dei casi la motivazione è il ridotto numero di candidati. A cercarli (42%) sono soprattutto le piccole e medie imprese, che con il Covid-19 hanno capito di non poter rinunciare a un sito o a una piattaforma di e-commerce.
Il problema è antico e risiede nella scelta dei corsi di laurea dei giovani, o meglio delle giovani italiane. Perché, se gli iscritti alle lauree tecnico-scientifiche sono aumentati negli ultimi 12 mesi, la crescita tra le ragazze è lenta. Eppure, questi professionisti sono quelli che non hanno sentito per nulla la crisi Covid, anzi.
Il 41% degli sviluppatori freelance – secondo il sondaggio The State of Development in Italy di BitBoss – racconta di aver registrato un incremento del lavoro. Solo il 10% dice di essere alla ricerca di un’occupazione. Ma, anche tra quelli che lavorano, quasi sei su dieci si dicono aperti a nuove opportunità. Sono loro, insomma, a scegliersi il datore di lavoro. E a contare non è solo lo stipendio, ma lo sono anche le prospettive di crescita, la possibilità di lavorare da remoto e la flessibilità oraria. Le aziende più piccole sono quelle meno appetibili, non riuscendo a garantire stipendi competitivi e condizioni lavorative in linea con quanto richiesto dai più giovani.
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