«Vorrei dire al mondo affamato del grano ucraino che ad oggi possiamo produrre sino al 90 per cento di ciò che mietevamo prima dell’attacco russo. Ma il problema sono le infrastrutture per esportarlo. La marina di Putin blocca i nostri porti sul Mar Nero, siamo bombardati tutti i giorni, con gli europei stiamo organizzando le ferrovie e il trasporto su gomma».
Il ministro delle Infrastrutture ucraino, Olexandr Kubrakov, spiega al Corriere i dettagli dello stato dell’Ucraina nella morsa della guerra russa. L’attacco alla stazione ferroviaria di Kramatorsk è una novità, dice. Lo avevano messo in conto, «ma i russi non lo avevano mai fatto, sino a tre giorni fa avevano colpito dall’aria i convogli in movimento in tutto il Paese. Dal 24 febbraio abbiamo 72 addetti alle ferrovie uccisi e un centinaio feriti, oltre a diverse vittime tra i passeggeri».
Ma «il problema maggiore sono i ponti. Alcuni li abbiamo colpiti noi per fermare l’avanzata russa, ma la grande maggioranza li hanno bombardati loro. Direi che, in conseguenza dell’aggressione russa, sono andati distrutti circa 300 ponti stradali e ferroviari. Sino ad ora è stato danneggiato tra il 30 e 40% delle strade e ferrovie nazionali. Oltre a ciò, i 12 aeroporti principali sono fuori uso».
Poi ci sono i porti: «L’intero nostro accesso al Mar Nero è bloccato dalle navi russe. I tre porti più importanti non possono funzionare. Mariupol e Berdiansk erano limitati da quando i russi controllavano lo stretto di Kerch e il Mare di Azov, ma adesso sono fermi. Il danno è gravissimo, sino al 23 febbraio l’80 per cento dell’export ucraino transitava dal mare».
Il granaio del mondo è quindi paralizzato. O meglio, spiega il ministro Kubrakov, «noi produciamo grano quasi come prima, solo alcuni campi nel sud sono investiti dal conflitto, direi a occhio il 10% delle terre coltivate. Ma non riusciamo a farlo viaggiare. L’Europa, tanti Paesi africani e del Medio Oriente sono in attesa».
Ora, «stiamo lavorando con i nostri partner europei, ne abbiamo parlato anche con Ursula von der Leyen qui a Kiev. La soluzione è ricorrere al trasporto ferroviario e gommato. L’Italia si è fatta promotrice dalla nostra entrata a pieno titolo nell’Unione europea e ciò sarà di grande aiuto, saranno azzerati i tempi doganali e la burocrazia all’entrata del nostro export sarà grandemente semplificata. Se ne parlava già prima della guerra, adesso tutto è stato velocizzato e già entro maggio i nostri camion non avranno problemi a viaggiare in Europa. L’estate scorsa ero stato in visita al ministero dei Trasporti a Roma e si erano avviate le procedure, che adesso vengono completate».
Kubrakov quantifica anche i danni dell’invasione russa: «Il primo mese di guerra almeno 36 miliardi di dollari e solo per quello che riguarda le infrastrutture del trasporto, cui si aggiungono le linee elettriche, le condotte dell’acqua e tanto altro, manca una valutazione complessiva».
L’Europa sta aiutando garantendo «facilitazioni bancarie e prestiti. Stanno anche pensando di girarci i beni della Federazione Russa congelati o requisiti in conseguenza dell’embargo internazionale. Un altro progetto concerne un fondo speciale per la ricostruzione dell’Ucraina».
Intanto la guerra va avanti: «Abbiamo vinto la battaglia per difendere Kiev. Ma siamo ancora nel mezzo della guerra, adesso i russi si concentrano sul Donbass, dove intendono lanciare a breve una grande offensiva, che di fatto è già iniziata a Izium o vicino a Mariupol. L’esercito russo è ancora forte. Noi dobbiamo studiare bene le nostre tattiche: se dovessimo spostare troppi soldati verso est, loro potrebbero tornare a puntare su Kiev».
E aggiunge: «Sembra strano, eppure sì, stiamo ancora resistendo anche a Mariupol e i russi sono obbligati a disperdere un mucchio di forze per cercare di prenderla».