Il Consiglio dei ministri ha approvato due decreti legge tampone per sostenere l’economia e far fronte ai rincari energetici. Il primo provvedimento ha prolungato il taglio delle accise su benzina e gasolio fino all’8 luglio, azzerando quelle sul metano e portando l’Iva al 5%. Il secondo, con un valore pari a 14 miliardi di euro, prevede tra le altre cose un bonus da 200 euro una tantum per i redditi sotto i 35mila euro e sussidi per le imprese, innalzando la tassazione sugli extraprofitti da gas e petrolio al 25%.
Il Movimento Cinque Stelle però non ha votato il testo perché contrario alla realizzazione del termovalorizzatore di Roma contenuta nel testo. E il leader del Movimento Giuseppe Conte alla Stampa parla di «ricatto» e dice che «sulla questione ambientale non possiamo permetterci passi indietro». È stata tolta la norma che avrebbe finanziato nuovi inceneritori nel resto d’Italia, spiega, ma non quella sulla Capitale. «E non è stata accettata la proposta del M5S che chiedeva che i nuovi impianti fossero ecosostenibili».
Il decreto aiuti
Il provvedimento anti-rincari è lievitato nel corso dei giorni fino ad arrivare a 14 miliardi, di cui quasi la metà serviranno a distribuire un bonus da 200 euro a favore di lavoratori e pensionati. Ma non ci sarà il deficit aggiuntivo che tutti i partiti chiedevano, bensì un aumento della tassa sugli extraprofitti delle società energetiche, che sale al 25 per cento.
«Vogliamo difendere il potere di acquisto delle famiglie», ha detto Draghi in conferenza stampa. L’inflazione sale, e anche se questa accelerazione «è causata in gran parte dall’energia» si tratta di «una situazione temporanea da affrontare con strumenti eccezionali». Il premier ha ammesso però che la situazione è difficile. Basti dire che lo spread è al doppio di quando, a febbraio dell’anno scorso, si insediò a Palazzo Chigi. Questo dimostra che «non sono uno scudo, ma sono umano». E se ora l’aumento dei tassi di interesse impedirà di fare nuovo deficit «continueremo a dare sostegno a famiglie e imprese».
Il contributo una tantum va a 28 milioni di lavoratori e pensionati con redditi medio-bassi fino a 35mila euro, sulla falsariga di quanto annunciato nelle settimane scorse dal governo tedesco. Arriverà direttamente in busta paga o col cedolino della pensione. Secondo il ministro dell’Economia Daniele Franco, i pensionati riceveranno il bonus con la pensione di luglio mentre i lavoratori dipendenti lo avranno tra giugno e luglio. Il contributo, in questo caso, sarà erogato direttamente dalle imprese che, come ha assicurato il presidente del Consiglio Draghi, lo potranno compensare «il prima possibile in occasione del primo versamento delle tasse».
Oltre a questo provvedimento, il governo ieri ha rafforzato i crediti di imposta a favore delle imprese energivore, estendendo anche al secondo trimestre di quest’anno i bonus gas ed elettricità a favore delle famiglie in difficoltà: 5,2 milioni di nuclei con Isee sotto i 12.500 euro. Un’altra novità riguarda i trasporti pubblici locali: a favore dei redditi più bassi, arriva infatti un nuovo fondo per introdurre «un supporto» per sconti sugli abbonamenti dei mezzi pubblici.
Conte parla di «ricatto» sul termovalorizzatore di Roma
«Vogliono il braccio di ferro e vogliono umiliarci, ma sulla questione ambientale non possiamo permetterci passi indietro», dice Giuseppe Conte alla Stampa dopo l’astensione dei Cinque Stelle dal voto sul decreto aiuti. La norma sul termovalorizzatore di Roma «non c’entra nulla, non ha a che fare con i fondi stanziati contro il caro bollette e il caro vita». Ma le proteste non hanno convinto Mario Draghi.
È stata tolta la norma che avrebbe finanziato nuovi impianti nel resto d’Italia, non quella Sulla capitale. «E non è stata accettata la proposta del M5S che chiedeva che i nuovi impianti fossero ecosostenibili», dice Conte.
Luigi Di Maio, capo dell’ala governista del Movimento, avrebbe espresso il «dispiacere» per essere stato costretto a dire no. Conte parla di «un ricatto bell’e buono». «Siamo favorevoli a dare poteri straordinari al sindaco di Roma, ma non possiamo riconoscergli una cambiale in bianco per la creazione di impianti a tecnologia obsoleta come gli inceneritori», spiega.
Il leader dei Cinque Stelle dice però che è «positivo che sia aumentata la tassazione sugli extraprofitti per le aziende energetiche: una misura che abbiamo richiesto a gran voce e che sta generando le risorse per affrontare questa difficile congiuntura. Ritengo possibile estenderla anche agli operatori farmaceutici e agli operatori assicurativi che hanno accumulato profitti straordinari avvantaggiandosi di speculazioni di mercato».
E continua a non escludere la necessità di uno scostamento di bilancio. «Bisogna continuare a sostenere le imprese e le famiglie per contrastare la perdita di potere d’acquisto e il caro bollette e prevenire il rischio di recessione, acuito dal conflitto bellico», ribadisce. «Se non avessimo fatto cinque scostamenti durante la pandemia, oltre a misure straordinarie come il blocco dei licenziamenti, oggi ci ritroveremmo con un tessuto produttivo distrutto e ci saremmo sognati il +6,6 per cento di Pil dello scorso anno. Le politiche espansive vanno perseguite soprattutto quando il ciclo economico è avverso e in particolare quando si realizzano shock come quello pandemico o quello attuale».
Brunetta chiede un patto sociale europeo sui salari
Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta in un intervento sulla Stampa chiede un patto sociale europeo su salari, inflazione e crescita. «Le questioni economiche cruciali che agitano il dibattito pubblico in Italia – il lavoro, i salari, il potere d’acquisto, l’inflazione, la crescita – devono essere affrontate con uno sguardo bifronte: all’interno, certamente, ma anche e soprattutto all’Europa. Senza semplificazioni, scorciatoie e opportunismi ideologici. Nel segno della coesione sociale e di un nuovo patto tra Governo, imprese e sindacati. Come accadde con il protocollo Ciampi del 1993», scrive. «Oggi serve un patto sociale basato su tre assi: sistema contrattuale, politica industriale e fiscalità».
Ma, aggiunge, «la correlazione tra lavoro povero e legge sul salario minimo banalizza un problema reale, che è quello delle attività senza contratto o senza mercato. Chi mal cita la bozza di direttiva europea sul tema dimentica di sottolineare come il testo non vada nella direzione di imporre un salario minimo legale o di rendere efficaci erga omnes i contratti collettivi. Certo non lo esclude, ma si riferisce chiaramente ai Paesi con basso tasso di copertura della contrattazione collettiva. Non è il caso del nostro. Poiché il salario minimo non affronta il nodo dei bassi salari derivanti dalla bassa produttività, la misura applicata in Italia finirebbe per ridurre l’occupazione, almeno l’occupazione regolare», dice.
Tra i possibili, interventi, il ministro dice che «la riduzione strutturale del cuneo fiscale e contributivo è «un obiettivo da perseguire, per esempio attraverso una detassazione semplificata di tutte le indennità (lavoro notturno o festivo e prefestivo) e di tutti i premi definiti da accordi aziendali o interaziendali (filiere e territori), in modo tale da incidere positivamente sulla produttività senza alimentare inflazione». E «nel medio periodo la via maestra per aumentare la produttività resta il rilancio della contrattazione di secondo livello e la connessione tra salari e andamento di impresa. L’eccezionalità del momento che viviamo suggerisce, inoltre, di intervenire in modo deciso sul welfare aziendale. Una soluzione ottimale per abbattere il cuneo fiscale, perché, per definizione, non è reddito da lavoro».
Brunetta chiede quindi un nuovo patto sociale europeo «per più crescita, più produttività, più salari e più coesione sociale» e «che sostenga le innovazioni e le transizioni necessarie – amministrativa, digitale, ecologica – per raggiungere un maggior livello di produttività e di crescita, a livello italiano ed europeo, e che favorisca il progetto di integrazione. Tutto sulla scia di un nuovo europeismo, incarnato dalla proposta di revisione del Patto di stabilità avanzata dai presidenti Draghi e Macron sul Financial Times, capace di superare il quadro di regole e parametri rigidi attualmente in vigore, non più adatti ad affrontare le sfide di una società profondamente diversa da quella degli anni Novanta».