«Solamente la nostra vittoria militare convincerà la Russia ad avviare seri negoziati di pace, le armi garantiranno la via diplomatica», dice il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba al Corriere. Proprio nel giorno in cui dall’Ue arriva il sì allo status di candidato per Kiev e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden annuncia l’invio di nuove armi per 450 milioni di dollari.
Eppure, la questione delle armi all’Ucraina resta controversa in Europa. Con difficoltà politiche in diversi Paesi europei, Italia inclusa. Kuleba ne è consapevole e dice: «Nessuna guerra può mai cancellare la realtà della politica interna e nei Paesi democratici è inevitabile che le opposizioni cerchino momenti favorevoli per criticare il governo. Ma non credo che ciò avvenga perché si ignora il pericolo rappresentato dalla Russia di Putin, semplicemente assistiamo a normali lotte di potere. Draghi per esempio ha dimostrato una grande capacità di leadership, non solo riguardo all’Ucraina ma anche nelle questioni europee. E la politica funziona in questo modo: più hai successo più i tuoi avversari sono agguerriti. Però quello che conta è la capacità dei leader di spiegare ai cittadini che l’aggressione russa non riguarda solo le case ucraine, bensì ogni famiglia europea. Putin attacca gli equilibri interni, destabilizza, mira a indebolire libertà e democrazia. Se ci pensiamo bene, Mosca intendeva aumentare i prezzi dell’energia ben prima del 24 febbraio. Per fortuna Draghi e anche Macron tengono la barra diritta».
Il suo giudizio generale sull’Europa è positivo. «Dopo la visita di Draghi, Macron e Scholz a Kiev vediamo unità, chiarezza d’intenti, ovviamente ci sono differenze tra loro e noi abbiamo bisogno di più armi e di sanzioni più dure contro Mosca. Ma in linea di principio si va assieme nella stessa direzione, unica nostra richiesta è che tutto ciò sia più veloce», ribadisce.
Le armi arrivano e sarebbe stato quasi impossibile senza. «Ma non bastano», aggiunge Kuleba. «Non sono neppure sufficienti per stabilizzare il fronte del Donbass. La Russia è più forte. In Europa dovreste sempre considerare che noi siamo la vostra prima linea: necessitiamo di cannoni calibro 155 millimetri e lanciarazzi semoventi, oltre a tante munizioni, questa è una sfida dominata dai duelli di artiglieria».
E ai critici che sostengono che se non riceveranno armi saranno più aperti al compromesso con Putin, risponde: «Equivale a dire: non importa se muoiono tanti ucraini, che vengano massacrati, torturati; non ci interessa che i russi annettano una nazione europea sovrana. Chiunque rifiuta di mandarci armi sostiene le atrocità russe».
E la via negoziale è ferma: «Intendono annettersi tutto ciò che conquistano, i loro cannoni continuano a sparare: questo è lo status quo». E Putin non si fermerà solo al Donbass, dice: «Lui non vuole solo il Donbass e neppure soltanto l’intera Ucraina, mira ad allargarsi all’Europa, minaccia tutti noi, ci dice che non potremo vivere bene sino a quando i russi vivranno male. Si fermerà solo quando sarà stato sconfitto militarmente».
Poi aggiunge: «Quale politico italiano sarebbe pronto a rinunciare a una parte del suo territorio nazionale in cambio della pace? E di una finta pace, perché i russi vogliono tutta l’Ucraina? Noi continuiamo a difendere l’integrità del nostro territorio sovrano. Chi in giacca e cravatta tranquillo nel suo ufficio ci consiglia di fare concessioni deve prima mettersi nei nostri panni. Cosa fareste voi? Non abbiamo cercato questa guerra, aspiriamo a una pace solida e duratura, certo non a una tregua che dia tempo ai russi di organizzarsi e attaccare di nuovo».
Ma l’offerta del summit Putin-Zelensky vale ancora: «Sarebbero loro a discutere nello specifico il modo per arrivare alla pace. Tutto è aperto».
E in merito all’approvazione dello status di Paese candidato a entrare nella Ue per l’Ucraina, Kuleba commenta: «Quattro mesi fa l’Ucraina e l’Europa erano molto distanti. Da allora è cambiato tutto. Sappiamo bene che il processo per diventare Paesi membri a pieno titolo sarà lungo. In ogni caso, il messaggio è già chiaro: l’Ucraina fa parte del progetto di integrazione europea, finisce l’era dell’incertezza, si apre un’epoca nuova tra Paesi che condividono gli stessi valori».