È consultabile da mercoledì 15 giugno il Digital News Report 2022, il report annuale del Reuters Institute di Oxford sull‘andamento dell‘informazione, online e non, in Europa, Asia, America Centrale, America Latina e Africa.
L’analisi ha coinvolto oltre 93mila persone in 46 diversi paesi e chiarisce i nuovi flussi di tendenza nel modo in cui cerchiamo, leggiamo e vogliamo le notizie, ma delinea anche di quali notizie abbiamo più bisogno.
Il dato più rilevante, per quanto riguarda l‘Italia, è l‘evidenziato passaggio al digitale a scapito delle testate giornalistiche cartacee. La rivoluzione in questo senso è stata più lenta che altrove, e per molti anni lo stesso mercato online continuava a essere dominato dai canali nazionali tradizionali. Nel 2022, per la prima volta, un organo di origine digitale, Fanpage, ha ottenuto la più ampia diffusione online tra i media coinvolti nel sondaggio (21%), superando un’agenzia di stampa tradizionale come l‘ANSA.
L’impatto della transizione digitale risulta anche dalla struttura del mercato. I ricavi pubblicitari online rappresentano ormai quasi la metà (49%) dei ricavi pubblicitari complessivi. Si tratta di una svolta in un sistema mediatico tradizionalmente caratterizzato da un settore televisivo particolarmente forte. Al tempo stesso, il calo del 31% del numero totale di copie cartacee e digitali vendute in quattro anni è una spia sempre più eloquente delle perdite dell‘editoria italiana. Millecinquecento edicole italiane (il 10% del totale) hanno chiuso nei primi sei mesi del 2020, mentre molte altre si sono ramificate e differenziate iniziando a fornire l’accesso a servizi pubblici o la vendita di cibi e bevande.
Insomma, l‘informazione si sposta su smartphone e pc. Ma questo, lungi dal rassicurare, è in realtà fonte di disagi e diffidenze, che gli ultimi tre anni di eventi catastrofici e mediaticamente ridondanti – il Covid e la guerra in Ucraina, per esempio – hanno accumulato e acuito.
Secondo il report, in tutto il mondo si registra una news avoidance, una fuga dalle notizie: il 38% della popolazione le evita. Il 43% accusa il sovraccarico di informazioni sull‘andamento della pandemia e questo rende il 36% di loro tristi o umorali ed esausto il restante 29%. Da altri punti di vista, non sono invece abbastanza imparziali (29%).
Nel nostro Paese, in particolare, solo il 13% considera le testate giornalistiche libere da influenze politiche e appena il 15% le considera affrancate da ascendenti di natura economica. La fiducia italiana nei confronti dell‘informazione è scesa del 5%. È un trend piuttosto sorprendente, considerando che durante i mesi più difficili della pandemia da coronavirus la credibilità nei confronti dei media e del loro ruolo sociale era molto cresciuta nella popolazione.
Sembra che il giornale a cui ancora si attribuisce maggior credito sia l‘agenzia ANSA, seguito da Il Sole 24 Ore e da SkyTg24, che pure perdono entrambi una posizione rispetto all‘anno precedente. L‘ultimo posto nella scala della fiducia spetta a Libero, mentre il Corriere della Sera si aggiudica il quarto.
Lo scorso anno, ultimo era Fanpage che pure raggiunge la copertura settimanale più ampia.
La parola d‘ordine sembra quindi smettere di faticare per ottenere notizie, dato che il paywall è sempre meno popolare e vincono le testate che consentono una registrazione gratuita ai propri contenuti. Ma contemporaneamente, forse proprio a causa dell‘eccessiva fluidità informativa, nessuno sembra davvero contento: oltre ai problemi di fiducia prima citati, emergono anche numerosi crucci a proposito della privacy e del trattamento dei dati personali che accettiamo ogni volta che ci presentano dei cookie. Solo il 33% dice di essere a proprio ago a proposito degli e-commerce e appena il 25% a proposito delle piattaforme social.