“Aleksandr Matveevicˇ, apra! Cosa si è chiuso lì dentro a fare!” È Nina, tornata dalla pausa sigaretta.
“Nina Ivanovna! Abbiamo un’emergenza. Ho isolato questo locale, verosimilmente adesso sarà annunciata una quarantena.”
“Cosa? Cos’è successo? Aleksandr Matveevicˇ, chiedo scusa, mi ero allontanata un momento.”
“Nina Ivanovna, ora non ha importanza. Forse è stato anche meglio. Per favore, prenda la chiave dal portiere e chiuda da fuori la porta d’ingresso all’accettazione…”
“Aleksandr Matveevicˇ! Apra!” urla Nina Ivanovna.
La donna continua a bussare alla porta, ma Sorin non proferisce una parola di più. Copre Majer che geme e tossisce, prosegue la visita.
“Come si è fatto l’escoriazione?”
“Rasoio… Il barbiere… Perfettamente affilato…” Sorin si siede e telefona.
“Larisa Grigor’evna! Ho bisogno urgente di parlare con Lev Aleksandrovicˇ, per favore mi passi l’interno… Allora mi dia il numero di casa. È una comunicazione della massima importanza. Non lo disturberei altrimenti. Sì, sì, responsabilità mia. Ho da scrivere sì.”
Scrive il numero che gli viene dettato, mette giù la cornetta e di nuovo è al telefono:
“Per cortesia, mi passi Lev Aleksandrovicˇ. Sono il dottor Sorin, medico di turno del reparto accettazione. La prego, me lo chiami, è una questione urgente, di estrema importanza. No, riguarda decisioni che non posso prendere da solo… Senta, è il primario dell’ospedale, devo consultarmi con lui! Sì, esatto! Insisto!”
Sorin aspetta al telefono.
“Lev Aleksandrovicˇ! Sono Sorin, perdoni il disturbo. All’accettazione hanno portato un paziente, c’è un sospetto di peste. Da quanto posso giudicare, il malato ha una forma polmonare. Pestis! Certo, bisogna chiamare un infettivologo. Assolutamente! Purtroppo non ho alcun dubbio. Il quadro clinico è classico. E c’è un’altra circostanza importante: il paziente è un collaboratore dell’Istituto di ricerca sulla peste. Evidentemente è così. È in isolamento. Il reparto è sotto sigillo. L’infermiera? Per fortuna si era allontanata proprio nel momento in cui hanno portato il paziente. Ci sono solo io. Io e il paziente.”
Sorin parla con precisione, ha iniziato ad agire con un autocontrollo per lui inconsueto. Di un’austerità quasi militaresca.
“Bisogna urgentemente prendere le misure necessarie. Quarantena, subito… Temo che a me lo scafandro anticontagio non serva più, Lev Aleksandrovicˇ! Non sono uno studente. Sono un medico. Bene. Credo che il Commissariato del popolo alla salute qui non possa far fronte alla situazione. Serve un altro dicastero… Grazie.”
Sorin mette giù il telefono. Si avvicina a Majer, lo sistema meglio. Prende dell’acqua, lo fa bere un po’. Gli mette un impacco sulla fronte. Poi prende la cartella clinica e inizia a scrivere: “Anamnesi…”
Sorin si alza, si china su Rudol’f Ivanovicˇ, quello apre gli occhi:
“Indossi la maschera… È pericoloso… Un ceppo altamente virulento… La maschera… Il barbiere, il barbiere… Questo è un particolare… importante… Il barbiere dell’hotel.”
“Cosa? Cosa dice?” Sorin è disorientato: sono parole deliranti o consapevoli?
“Bisogna metterlo in isolamento. Katkin o Kotov, il cognome… c’entravano i gatti…”
Sorin si avvicina di più:
“Non capisco: cosa sta dicendo?”
“Il barbiere dell’hotel… Un contatto stretto… Quarantena urgente…”
Sorin annuisce:
“Sì, certo. Anche il barbiere… Lo comunicherò, non si preoccupi, Rudol’f Ivanovicˇ.”
Majer si agita, cerca l’aria con la bocca. Sulle labbra ha una schiuma rossastra. Il sudore gli cola dalla fronte Sorin gli asciuga il viso…
E di nuovo è al telefono:
“Lev Aleksandrovicˇ! Chiedo scusa, è ancora Sorin. Il paziente fa notare che ieri è entrato in contatto anche con il barbiere dell’hotel Moskva. Va trovato e messo in isolamento. Prioritario. Il paziente non ricorda con esattezza il cognome, dice Katkin o Kotov… Grazie. Se non si prendono misure urgenti c’è il rischio di epidemia. Il barbiere, ripeto, va trovato e messo in isolamento. Subito. Intanto lo si può portare da noi. Temporaneamente. Ma in generale i potenziali contagiati andranno condotti all’ospedale di Sokolinaja Gora. È quello specializzato in malattie infettive, il principale, è dominio loro…”
“Era solo la peste”, di Ludmila Ulitskaya, La Nave di Teseo, 116 pagine, 15 euro