Il curriculum morale del pacifista si arricchisce, di conserva con la lista di stragi che va perfezionandosi nel procedere della campagna di denazificazione. Si trattava perlopiù, dall’inizio dell’operazione speciale, dell’inesausta attività di negazionismo contraffattorio con cui la scia di cadaveri col colpo alla nuca era trasfigurata nell’adunata di manichini; la gravida sventrata, nell’influencer al soldo della Nato; la corsia d’ospedale incenerita, in probabilissimo bunker nazista; l’acciaieria che dava rifugio ai resistenti, nella cripta dove tramavano gli agenti segreti dell’Occidente guerrafondaio; il centro commerciale raso al suolo, in verosimilissimo deposito di armi; e via così.
Ma non bastava. Non poteva bastare.
Per reggere, per durare, per assolversi in faccia a una realtà che altrimenti l’avrebbe inchiodato alla propria ignominia, e per assicurare effettività alla propria militanza collaborazionista, quel pacifismo non poteva limitarsi alla disinvoltura manipolatoria per cui la verità dell’asilo bombardato era equiparabile, se non recessiva, rispetto a quella del comprensibile effetto collaterale, o al doveroso rigore giornalistico che impone di presidiare la notizia degli stupri con l’avvertenza che c’è molta propaganda, e quindi vai a sapere.
Ma per gestire i fatti più riluttanti al magheggio magliaro quell’armamento era insufficiente, e serviva altro alla bisogna.
E così quel che succede laggiù rimane una categoria mentale, una figura politico-letteraria, “la guerra”: ma scompare o quasi il fatto concreto dei missili che un sottomarino fa piovere sui civili di una città lontanissima dai fronti di battaglia.
Rimane “la guerra”, la brutta cosa prodotta dall’Occidente e dalla finanza apolide e alimentata dalle armi inviate agli ucraini per difendere le loro province ammuffite: ma scompare o quasi il fatto spiacevole degli altri missili che distruggono le università. E non scompaiono, questi fatti, per l’assuefazione allo scempio dopo quattro mesi di atrocità.
Scompaiono perché sono capi d’accusa contro l’equanimità pacifista. Scompaiono perché sono la verità che condanna la menzogna pacifista. Scompaiono perché, non scomparendo, lorderebbero l’immagine del pacifista, il cui curriculum morale è ora maculato di parti bianche, fragrante di pagine vuote, accanto a quelle dell’arzigogolo mistificatorio.