«Due mesi di campagna elettorale sono pochi, ma possono essere sufficienti a un ribaltone dei sondaggi o a un pareggio che permetta di ripartire da Draghi. Ma bisogna avere le idee chiare sulle scelte». Nonostante tutti i sondaggi diano il centrodestra vincente, secondo il leader di Italia Viva Matteo Renzi quella che definisce «la peggiore destra d’Europa» si può battere.
Il come lo spiega sul Corriere: «Europa contro sovranismo, lavoro contro sussidi, Industria 4.0 contro Quota 100, Buona scuola contro chi diceva “con la cultura non si mangia”, termovalorizzatori e rigassificatori contro chi diceva no a trivelle e Tap. E poi il tema decisivo: come si combatte l’inflazione? Diamo soldi a chi non lavora col reddito di cittadinanza ma il problema italiano è che chi lavora guadagna troppo poco. Le famiglie non ce la fanno più! Noi abbiamo fatto gli 80 euro e l’abolizione dell’Irap sul costo del lavoro. Gli altri solo chiacchiere e bonus zanzariere. Spero che i cittadini eleggano i competenti, non i populisti».
Nel 2014, Renzi defenestrò Letta da Palazzo Chigi. E in queste ore si sta cercando di capire se ci sia spazio per un accordo tra Italia Viva e Pd o se Letta porrà un veto su Renzi. «Se c’è un veto politico su di noi ne prendiamo atto. E dopo le elezioni ciascuno risponderà delle sue scelte. In una coalizione che va da Fratoianni a Toti passando per Brunetta, Gelmini e Orlando qualcuno mette veti su di noi? Per cosa? Forse perché siamo stati gli unici a proporre Draghi mentre loro inneggiavano a Conte creandone il mito di “fortissimo riferimento progressista”?», dice Renzi. «Se invece il veto è legato all’astio di Letta per le vicende del 2014, non possiamo farci niente: per noi conta la politica non i rancori personali».
Ma per il candidato premier, Renzi propone Stefano Bonaccini. «Ha preso il voto dei moderati e quello degli estremisti di sinistra e ha fermato Salvini nel momento in cui sembrava impossibile», spiega riferendosi alle elezioni regionali in Emilia Romagna. «Bonaccini ha fatto meno campagne elettorali di Letta, ma ne ha vinte qualcuna in più. In ogni caso il problema del candidato premier del Pd riguarda solo il Pd: sono uscito da quella casa e rispetterò le loro scelte. E mi tengo la libertà di dire quello che penso e il coraggio di realizzarlo anche quando non ci crede nessuno. Senza questa libertà e questo coraggio Draghi non avrebbe mai governato l’Italia regalandoci 17 mesi di orgoglio».
Renzi, in più, assicura che nella prossima legislatura non sosterrà mai governi di centrodestra. Anzi, dice, «lavoro perché la destra non abbia la maggioranza e si riparta da Draghi. Tutte le mie scelte dei prossimi mesi saranno ispirate da questo obiettivo: un nuovo governo Draghi, non un governo Meloni o Salvini».
Ma Renzi non esclude di correre da solo. «Al momento questa è l’ipotesi più probabile», spiega. «E anche quella che trovo più affascinante. Se prevale l’intelligenza politica e si costruisce una coalizione vera, ci siamo. Ma se ciascuno vuole tenere le sue bandierine e pensa di poterci abbindolare con due seggi o tenerci fuori con un veto, beh, non ci conoscono. All’inizio di agosto avremo i candidati pronti per tutti i collegi. A inizio settembre, poi, ci vediamo alla Leopolda, anticipata per l’occasione. Abbiamo già vinto sfide controvento come quella per Draghi del 2021 o quella contro Salvini del Papeete. Facciamo politica seguendo l’appello di Sturzo ai liberi e forti. Liberi e forti. I deboli e ricattati sono altri».
Perché non un’intesa al centro con Azione di Calenda? «L’incompatibilità caratteriale non c’entra nulla: bisogna salvare il Paese, non fare le vacanze insieme. Sui contenuti non siamo lontani ma adesso dipende da lui. In questi mesi noi non abbiamo mai fatto polemiche con Azione, non inizierò certo adesso».
E sulla Stampa il leader di Azione Carlo Calenda apre a una alleanza con il Partito democratico e non chiude nemmeno a Renzi. «Su una base comune di valori e programmi, riassumibili nell’agenda Draghi, è possibile costruire con il Pd un’alleanza elettorale di un fronte largo per battere le destre. E se vinciamo, indichiamo Draghi premier. Ma vanno chiarite prima alcune cose», dice alla vigilia del lancio del suo programma insieme a PiùEuropa di Emma Bonino. «Se c’è una base valoriale si fa un’alleanza e se no ognuno per la sua strada. Comunque si parla di alleanza elettorale e non politica. E spero ci siano gli estremi per riportare Draghi al governo del Paese, quello è l’approdo che indicheremo noi».
«Ho visto negli ultimi giorni che il Pd ha fatto una scelta netta sui Cinque Stelle. Ma attenzione, patti chiari, a Letta chiederò una cosa precisa». Quale? «Beh, che ci vuole rispetto reciproco nella differenza, dovrebbe essere un polo europeista e democratico, con un’area liberal e una socialdemocratica. Non un listone unico. Letta deve domandare a tutti i suoi compagni di strada se sono d’accordo con l’agenda Draghi. Se uno dice no all’invio di armi in Ucraina e un altro dice che non vuole il rigassificatore, di che parliamo? Che offerta politica sarebbe? Molto confusa e con poco appeal, giusto?».
Calenda fa riferimento a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Fratoianni, spiega, «ha dichiarato che l’agenda Conte è meglio di quella di Draghi. E uno che dice così, dentro un’alleanza che propugna l’agenda Draghi, che ci sta a fare? Non sono veti, ma una necessità di chiarezza. L’agenda Draghi non è un santino da sventolare ma in concreto significa che si fa il termovalorizzatore e che si rivede il reddito di cittadinanza, dando la possibilità di trovare lavoro e di fare colloqui settimanali. All’Italia serve pragmatismo, far accadere le cose: servono 11 termovaliorizzatori, si fanno militarizzando i siti».
Ma, precisa Calenda, «il mio non è un aut-aut. Certo, noi avremo un programma più industrialista e liberale rispetto a quello del Pd. La legge elettorale consente di avere programmi di singoli partiti e idee diverse, senza un leader unico». E sì al salario minimo «affiancato da investimenti rapidi».
Oggi, «presentiamo le nostre idee e su quelle apriremo un dialogo, ma non si può pensare che si risolva tutto con una coalizione contro qualcuno». Perché la destra si può battere, dice: «Nelle ultime 48 ore ho ricevuto telefonate di imprenditori, commercianti, una quantità di messaggi di gente che ha sempre votato a destra e stavolta non lo farà. Quindi, fanno i conti senza l’oste».
E Calenda ora si augura che Carfagna e Gelmini passino ad Azione. «Brunetta non l’ho sentito», spiega. E Renzi? «Nel momento in cui si ipotizza un “fronte repubblicano” non si deve chiudere a nessuno. Poi è chiaro che le differenze con lui restano. Per fare una lista insieme non ci sono i presupposti, noi abbiamo da tempo una sinergia politica con PiùEuropa, con cui abbiamo gruppi parlamentari comuni. Ma nessun veto su Renzi in un fronte ampio in cui ognuno mantenga la sua specificità».