AstrosagaciaVogliamo madri come Samantha Cristoforetti, ma nel mondo reale la cosa non regge

Possiamo continuare a raccontarcela, a dirci che non ci pesa stare fuori casa, che i compiti di cura vanno equamente divisi, che il mondo del lavoro è brutto e cattivo. La verità è che non possiamo continuare a vivere in un’eterna adolescenza

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Samantha Cristoforetti, io adesso so come ti senti: lontana dalla tua famiglia, senza i tuoi figli, nello spazio, con i capelli al contrario, in nome del progresso: ma quale progresso, dico io. Chiara Ferragni, abbracciamoci, a noi donne madri mogli imprenditrici scienziate Nobel non ci pensa mai nessuno.

È successo che per quattro settimane ho dormito fuori casa tre giorni alla settimana, abbandonando mio figlio al suo destino. A un’ora di macchina da Milano, ma adesso non è che una madre si giudica da questi particolari.

Ho fatto avanti e indietro con i treni in orario, in ritardo, in sciopero, senza i taxi, con i taxi che avevano il pos, ma anche il supplemento bagagli: siamo sicuri sia legale? Ma perché non si parla mai del supplemento bagagli? La macchina consuma di più con una valigetta a bordo? È per lo sforzo di aprire il bagagliaio? A cosa ci serve, cara Samantha, cara Chiara, il progresso, quando viviamo in un mondo che applica il supplemento bagagli?

Dicevo: mio figlio abbandonato sulla ruota dei bambini sfortunati. Io non mi occupo della civiltà come Cristoforetti o Ferragni, non ho mai avuto un’ambizione che fosse una nella mia vita, eppure. Quando c’è stata tutta la stranamente inutile polemica su mamma Cristoforetti che va al lavoro su Marte che tanto ai figli ci pensa il papà, non avevo ben chiara l’ipocrisia di fondo: o meglio, avevo bisogno di una prova empirica.

Tutte le anime progressiste che se la sono presa con la domanda sulla gestione familiare a Cristoforetti, e hanno di conseguenza applaudito alla risposta «ho la fortuna di avere un partner che ha sempre dimostrato di cavarsela molto bene in famiglia» mi sembrano poco portate sia per la sceneggiatura che per la psicanalisi.

Io le donne che rinunciano ai lavori con le trasferte le capisco eccome, ed è una regola che ho sempre seguito. Ma adesso no, bisogna essere mamme felicissime, che del bambino se ne occupi il papà – mai soggetti terzi se no sei una classista privilegiata -, non siamo mica ancelle del patriarcato, noi siamo donne che si realizzano fuori casa, la stanza tutta per noi ce la siamo comprata grazie a “600 grammi di cambiali”, e poi mica vogliamo che l’Instagram femminista si risenta.

Sapete cosa sono diventate le madri? Padri. Il problema è che guadagnando meno di loro la situazione non regge. Si può davvero continuare a illudersi che si possa avere tutto? No, non si può avere tutto, ci piacerebbe moltissimo che l’avere un figlio non comportasse rinunce, ma purtroppo è così.

Poi possiamo continuare serenamente a raccontarcela, a dirci che non ci pesa stare fuori casa, che i compiti di cura vanno equamente divisi, che Babbo Natale esiste, che il mondo del lavoro è brutto e cattivo e quello della maternità pure peggio. La verità è che bisognerebbe accettare il fatto che le rinunce sono necessarie, non è che possiamo vivere in un’eterna adolescenza con il poster di Che Guevara in camera da letto.

Comunque sia, non paga di questa tragedia a un’ora da Milano, è successo che la riva del fiume ha deviato il proprio percorso per arredarmi il salotto. La settimana scorsa c’è stata la prima riunione della classe di mio figlio, che ha iniziato le elementari quest’anno: ovviamente io ero su Marte a salvare l’umanità dal disastro culturale, quindi ci è andato mio marito, marito che finita la riunione mi chiama e mi dice: sono il nuovo rappresentante di classe. In quel momento mi è passato davanti il mio discorso di ringraziamento per la vittoria del Premio Strega con il mio libro introspettivo su divorzio, disoccupazione e maternità.

Ora, Samantha, dimmi: pure tuo marito è diventato rappresentante di classe mentre tu spiegavi l’universo? È così che abbiamo smesso di capire il mondo? I padri sono le nuove madri? Vincerò il Premio Strega oppure non scriverò mai più niente? Poi è successo che sono stata a casa una settimana: mi sono detta che avrei trasformato i miei giorni in opportunità: io trasformerò questa punizione divina causata dalla mia ambizione in opportunità, leggerò tutti i libri che non ho letto, guarderò tutte le serie tv che sono uscite, spiegherò la mia teoria su Dahmer alle persone che fanno finta che la realtà esista solo quando diventa serie di Netflix.

E invece sapete cosa ho fatto? Ho stirato guardando “Uomini e Donne”. Per una settimana. Quello che ho capito è che senza le nostre rinunce saremmo davvero poca cosa.

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